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17 gennaio, 2017

Alla Scala torna il Don di Verdi (e di Abbado?)

  

Da questa sera torna alla Scala Don Carlo(s). Con la s o senza? Essendo in lingua italiana, senza. Però tradizionalmente Don Carlo fa pensare alla versione in 4 atti, quella stesa con grande cura da Verdi proprio per la Scala in vista delle recite del 1884 ed entrata, insieme all’originale parigino in 5 atti del 1867, nei repertori dei principali teatri.

Invece la versione presentata qui è sì in italiano, ma in 5 atti... ed è quindi diversa sia dall’originale parigino del 1867 che da quello scaligero del 1884, gli unici considerabili come authoritative. Perchè invece, se si censiscono tutte le diverse versioni dell’opera provate o messe in scena Verdi vivente, si arriva addirittura a sette, precisamente:

1. Partitura completata da Verdi nel 1866 in vista della prima parigina. Impiegata nelle prove, ma mai messa in scena.

2. Versione eseguita alla generale del 24/2/1867, che differisce dall’originale per cinque tagli, evidentemente apportati da Verdi dopo le prove. Qui però Verdi aggiunse il balletto del terz’atto La Peregrina (ancora assente nella partitura originale).

3. Prima esecuzione a Parigi (11 marzo, 1867). Vi sono apportati ulteriori tre tagli, fra i quali la soppressione della scena iniziale dei boscaioli e il relativo Preludio.

4. Seconda esecuzione a Parigi (13 marzo): vi viene soppresso (in futuro, nel Requiem, diventerà il Lacrymosa) cordoglio di Filippo. Questa versione, tradotta in italiano, venne poi esportata a Londra, Bologna e Milano.

5. Versione di Napoli del 1872: è sempre la versione della prima parigina, tradotta in italiano, con però due varianti: modifica al duetto Filippo-Rodrigo del second’atto e taglio al duetto Carlo-Elisabetta dell’atto finale.

6. Versione di Milano del 1884. Talmente curata da Verdi che la definì come quella di riferimento. Vi troviamo la soppressione dell’intero primo atto e interventi su quasi tutto il corpo dell’opera. Il libretto fu predisposto (a partire dalla versione 4 di Parigi) in francese da duLocle e poi tradotto in italiano da deLauzières-Zanardini. Le principali varianti sono: Prima scena (Carlo, “Io l’ho perduta” con recupero di parti dell’atto soppresso); rimaneggiamento della scena Filippo-Rodrigo (atto II); soppressione dell’inizio atto III (Coro, travestimento Elisabetta-Eboli e Peregrina) sostituiti da un Preludio; finale rimaneggiato, senza il coro dei Frati.
    
7. Versione di Modena del 1886. Ripristina il primo atto, come nella versione 3 di Parigi cui fa seguire i quattro atti della versione scaligera (6).

Bene, ciò che (probabilmente) si ascolterà da stasera e nei prossimi giorni è qualcosa di diverso ancora dalle sette versioni citate. In omaggio alla tendenza al nuovo, che però nuovo non è, visto che già nel 1977-78 Claudio Abbado (qui con un signor secondo cast, per la teletrasmissione RAI) presentò una versione vicina a quella di Modena (7) ma con la riapertura di alcuni tagli fatti da Verdi rispetto alla partitura originale (la scena iniziale, Preludio incluso, dei boscaioli e il Lacrymosa) e l’impiego di parti della versione francese (il Coro e il travestimento Elisabetta-Eboli che aprono il terzo atto, il duetto Filippo-Carlo prima del Lacrymosa e il finale dell’opera con il coro dei Frati). Invece: per non far notte e risparmiare sui costi delle coreografie... niente Peregrina.

Ecco, Chung ci dovrebbe (meglio usare il condizionale) presentare qualcosa di simile, essendo la produzione quella di Salzburg di qualche anno fa, che seguiva la falsariga di Abbado-77. In fatto di applicazione della tecnica del meccano, non sarà mai peggio della penultima (ormai) comparsa del Carlo al Piermarini (Gatti, 2008).

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