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04 novembre, 2011

Orchestraverdi – concerto n 7


Siamo in periodo di ricorrenze funebri (il 2 novembre, ma per certi versi anche il 4) e laVerdi mette in programma quel Requiem che sta ormai diventando – come la Nona di Beethoven – una consuetudine di ogni stagione dell'Orchestra. Ora tocca ad Aldo Ceccato di riproporci (5 anni dopo la sua precedente presenza) questo capolavoro, insieme ad Erina Gambarini e al suo Coro.

Seguendo una prassi istituita dallo stesso Verdi, Ceccato divide il Requiem in due parti, introducendo un intervallo fra Dies irae e Offertorium: scelta a quanto pare legittima, stanti i precedenti, e supportata anche dall'Amen che chiude il Lacrymosa, oltre che dalla struttura composita dell'opera. Ma francamente in controtendenza rispetto alla ormai consolidata (e personalmente preferita) consuetudine di eseguire il Requiem tutto d'un fiato, senza distrazioni di sorta. Questa scelta di Ceccato parrebbe dar ragione a quella corrente di pensiero che definisce il Requiem un'opera più melodrammatica che religiosa, quindi più adatta ad essere eseguita in Teatro che non in Chiesa… e qui effettivamente siamo a teatro, con tanto di bar (e toilette, smile!) a disposizione di chi mal sopporterebbe circa 90 minuti filati di musica. Di questo passo si potrebbero anche introdurre intervalli di mezz'ora in diverse sinfonie mahleriane (seconda, terza, ottava) o anche dopo il terzo brano del Requiem di Brahms (mah…)

In ogni caso, ascoltare dal vivo quest'opera – monolitica o frazionata – dà sempre un'emozione grandissima e impareggiabile.

Orchestra disposta con qualche variante del layout moderno: corni a destra, sotto tromboni e tuba, per far posto a sinistra ai quattro solisti, dislocati fra grancassa-timpani e i secondi violini. Le 4 trombe del Tuba mirum sono dietro le quinte e non appollaiate su qualche piccionaia come accade spesso di vedere (in lontananza e invisibili, prescrive infatti Verdi).

Le voci femminili sono Francesca Scaini e Giovanna Lanza, quelle maschili vengono dalla ex-Cecoslovacchia: un ceco e uno slovacco, appunto: Tomas Černy e Martin Gurbal.

Ceccato (va verso gli 80, ma con piglio da giovinotto) mostra di padroneggiare da par suo l'immensa partitura: dirige a memoria e dà gli attacchi con perentorie e teatrali puntate di indice della mano sinistra verso le diverse sezioni del coro e dell'orchestra. Anche la sua interpretazione (mi pare almeno) accredita l'idea del Requiem teatrale più che religioso: forti contrasti nei colori dell'orchestra ed eroismi nelle parti vocali. Voci che hanno più che dignitosamente tenuto botta, a cominciare dalla Scaini e da Gurbal, mentre la Lanza e Černy mi son parsi un filino meno efficaci. Il Coro della Gambarini, sempre all'altezza dell'arduo compito, e la gran forma dei professori hanno dato il loro decisivo contributo al pieno successo della serata.

Il prossimo appuntamento vedrà il ritorno di Zhang Xian, con un variegato programma.
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