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Per omaggiare il prossimo Natale non c'era nulla di meglio del concerto de laVerdi barocca, che mercoledì 22 ha presentato nientemeno che il Messiah di Georg Friedrich Händel (per i suoi padroni di casa albionici: George Frideric Handel). In un Auditorium che non ho mai visto così gremito neanche ai principali concerti della regular-season! In effetti si tratta di un'opera che suscitò un tale entusiasmo già alla prima rappresentazione - a Dublino, 13 aprile 1742 - che per far posto a quanta più gente possibile (più di 700 persone) dentro la Neal's Musick Hall in Fishamble Street (capienza nominale di 600 posti) si invitarono le ladies a presenziare (oh, my God!) senza crinoline e i gentlemen a lasciare a casa (dammit!) le spade.
Ruben Jais ci ha proposto per intero la Prima Parte (più direttamente afferente al Natale) e una corposa sintesi delle altre due. Martedi 21 i soci de laVerdi avevano potuto beneficiare di un'anteprima, nell'ambito della meritoria iniziativa dei Discovery Concerts, dove si assiste in pratica ad una sessione di prova dell'orchestra e del coro, introdotta da interessanti considerazioni del Direttore. Jais guida laVerdi barocca, un complesso cameristico di 15 archi, guidato da Gianfranco Ricci (già approdato di recente alla sedia di Konzertmeister dell'Orchestra principale) rinforzato da due oboi, un fagotto, due trombe, timpani e due tastiere. L'Ensemble vocale di Gianluca Capuano (che accompagna anche al cembalo) è abbastanza ridotto (sedici, pochi, ma buoni) proprio come doveva essere quello di cui disponeva Händel alla prima di Dublino. I quattro solisti – Sonya Yoncheva, Sonia Prina, Cyril Auvity e Christian Senn – hanno completato l'organico.
Il successo è stato grandissimo per tutti, e Jais ha regalato come bis (e auguri di Natale) l'Hallelujah (con i solisti mescolatisi al coro) e davvero sarebbe stato il caso che il pubblico lo ascoltasse alzandosi in piedi – secondo la tradizione albionica inaugurata da Re Giorgio II - in segno di reverenza e ammirazione per l'opera e per i suoi interpreti. Una serata davvero speciale (senza nulla togliere ai meriti del costoso concerto natalizio della Scala, smile!)
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L'Oratorio è diviso in tre Parti, sommariamente riconducibili a: Natività, Sacrificio e Redenzione. Copre quindi tutta la vicenda liturgica che va dall'Avvento all'Ascensione… e oltre. Composto in pochissimi giorni – dal 22 agosto al 14 settembre del 1741 - e in un periodo per lui di vacche magre, da un Händel caduto in disgrazia (artistica) insieme alla sua Opera Italiana, è poi diventato nei secoli il suo più grande capolavoro. Come spesso succedeva a quei tempi, ad ogni nuova esecuzione vi venivano apportate modifiche piccole o grandi (cambi di tonalità, o vere e proprie varianti di arie) per far fronte alle circostanze del momento, massimamente la disponibilità di solisti e strumentisti, e così del Messiah non esiste una versione authoritative, anche se quella di maggior riferimento resta sempre l'edizione critica prodotta a cavallo fra '800 e '900 da Friedrich Chrysander. La compagine orchestrale di base è formata dai soli archi, più il continuo (cembalo o pianoforte) ma spesso compaiono anche gli oboi, di cui Crysander semplicemente annota la presenza sul rigo del canto (o soprano) e poi – ma solo in momenti eccezionali - trombe e timpani. Le componenti di base dell'Oratorio sono i Recitativi (secchi o più frequentemente accompagnati) e le Arie, affidati ai solisti (normalmente i quattro classici S-A-T-B) e i Cori. Oltre ai due brani strumentali: la Sinfonia e la Pifa (una pastorale, a metà della Prima Parte).
A differenza di altri oratori (dello stesso Händel, ma anche di Bach o di Mendelssohn) questa è un'opera che parrebbe a prima vista nulla più che una collazione di citazioni dai Testamenti, messa insieme da tale Charles Jennens (un bizzarro possidente terriero, cristiano un po' anomalo e cultore di Shakespeare, che scrisse altri quattro oratori per il grande Georg) buona appunto per celebrare la Quaresima o, come è diventato ormai consuetudine, l'Avvento. L'assenza di personaggi identificati con nome (e cognome) sembrerebbe privarlo di quella caratterizzazione drammatica, tipica appunto di queste composizioni, che sono appunto dei drammi da rappresentarsi soltanto con l'ausilio del suono e senza quello delle scene.
Viceversa è sorprendente constatare come, a dispetto dell'anonimato dei personaggi (quattro - ma a volte fino a sette – solisti, più il coro) il lavoro abbia contenuti altamente drammatici (e qualcuno lo ha già impiegato per realizzare esecuzioni sceniche, magari discutibili…) Ciascun personaggio, cantando passi delle Scritture, in realtà esprime i sentimenti, le sensazioni, le gioie o i timori, lo stupore o l'incredulità, la speranza o la delusione dei diversi settori e componenti della popolazione di Palestina, di fronte allo svilupparsi della straordinaria vicenda del Messia.
La Prima Parte ci racconta della Natività. Teatralmente si potrebbe suddividere in tre scene o sezioni, o quadri: Le promesse del Vecchio Testamento, La Nascita e Le opere e i miracoli del Messia.
Si apre con la Sinfonia, di struttura bipartita: un iniziale Grave, in MI minore, con ritornello, seguito da un Allegro moderato, sempre in MI minore, con fugace comparsa di SOL maggiore, fino alla chiusa ritardando, che riporta al tempo iniziale e al MI tenuto in unisono dagli archi, con l'accordo minore nel clavicembalo.
Ora si passa a MI maggiore (Larghetto e piano) per il recitativo accompagnato sui versi Comfort ye! (da Isaia 40, 1-3) normalmente affidato al tenore (a volte al soprano). È l'annuncio a Gerusalemme della fine delle iniquità (il canto si appoggia sulla dominante SI maggiore) e l'invito a preparare le strade per l'avvento del Signore (il recitativo si chiude sulla sottodominante LA). Finissimo l'uso dello sbifido tritono (SI-MI#) a presentare la parola iniquity! Come la quasi assenza dell'orchestra (solo poche note qua e là) per descrivere il deserto in cui risuona la voce del profeta.
L'aria che segue, Every valley shall be exalted (Isaia 40, 4) è un Andante, ancora in MI maggiore, con modulazione alla dominante SI. Mirabile la capacità di Händel di rendere la luminosità della prospettiva dell'annuncio, con lunghe volute di semicrome a sottolineare l'exalted.
Tocca adesso al Coro rispondere, con un grandioso Allegro 3/4, fugato, in LA maggiore, And the glory of the Lord shall be revealed (Isaia 40, 5): è il popolo intero (anzi l'intera umanità, all flesh) che gioisce al tanto sospirato annuncio e le voci – talora disgiunte, talora in sincrono – ci rendono partecipi di questa straordinaria eccitazione.
Ancora un recitativo accompagnato, stavolta del basso (in RE minore, FA maggiore) Thus saith the Lord of Hosts (Aggeo 2, 6-7) e poi The Lord, whom ye seek (Malachia 3, 1): è il profeta che grida drammaticamente le grandiose parole bibliche, che contengono l'annuncio dell'avvento del Messia.
Gli risponde (Larghetto) quasi trepidante e timorosa, 3/8 in RE minore, la voce del contralto (opportunamente sostituita da Händel a quella originale del basso) che canta But who may abide the day of his coming (Malachia 3, 2). Di quest'aria esistono almeno tre diverse versioni: la prima (per basso, e anche – trasposta in MI minore – per tenore). La seconda (che viene normalmente eseguita) è per contralto (ma anche, trasposta in MI, per tenore, e in SOL per soprano). La terza è in SOL minore per soprano. Le ultime due sono caratterizzate da un intermezzo in prestissimo (4/4) e tutto in quartine di semicrome, che torna due volte a sottolineare contemporaneamente le vorticose ventate e l'umano terrore provocati dal passaggio del fuoco del fonditore che purifica le anime.
È ancora il coro a ribadire convintamente l'effetto purificatore della venuta del Messia, cantando (Malachia 3, 2) And He shall purify the sons of Levy, che è un Allegro fugato in SOL minore, dove a turno tutte le sezioni del coro chiudono la parola purify con inebrianti volate di semicrome a quartine. La musica è derivata da quella di un duetto italiano (Quel fior che all'alba ride, n°15 della raccolta 32-a) e in particolare dalla sua seconda parte, sui versi L'occaso ha nell'aurora, e perde in un sol dì la primavera… composto da Händel poco tempo prima del Messiah (a proposito di impresti, Rossini non ha inventato nulla!)
Un recitativo secco del contralto ammonisce: Behold! a virgin shall conceive and bear a son (Isaia 7, 14 e Matteo 1, 23). Poche parole, in RE, che concludono con un nome, una certezza: Emmanuel, God with us!
L'aria successiva, sempre in RE maggiore (con appoggio in fine frase alla dominante SOL) è un Andante in 6/8: O thou that tellest good tidings of Zion (Isaia 40, 9) che invita il portatore della buona novella a gridare dalle più alte vette: ammira il tuo dio! E poi (Isaia 60, 1) Arise, shine, for thy light is come la luce è arrivata e con essa la gloria del Signore. E il coro ancora riprende le due invocazioni, quasi all'unisono.
Ma ora, quasi a sorpresa, in mezzo a queste manifestazioni di gioia, riecco il profeta (basso) esporre le drammatiche parole (Isaia 60, 2-3) For behold, darkness shall cover the earth, in un recitativo accompagnato, caratterizzato dalle quartine di semicrome degli archi, in SI minore, che descrivono proprio il brivido di freddo di chi vive nell'oscurità. Ma è questione di pochi secondi, perché il sorgere del Signore rischiarerà le tenebre e illuminerà anche i Pagani. Il tutto con modulazione a RE maggiore. Poi si torna al SI minore per preparare la successiva aria.
The people that walked in darkness (Isaia 9, 2) è un Larghetto dove il basso ancora ricorda chi ha vagato nell'oscurità e si è attardato nella terra dell'ombra della morte; ma su di loro risplenderà la luce. Al solito, sulla pronuncia di light, la tonalità modula a RE e poi SOL maggiore. Torna a SI minore per la ripetizione del verso iniziale.
Il coro interviene (Andante Allegro in SOL maggiore) cantando (Isaia 9, 6) For unto us a child is born. Si noti come il motivo che accompagna queste parole (dominante-tonica-sottodominante-mediante) sia derivato (nella stessa tonalità) da un altro duetto italiano (No, di voi non vo' fidarmi, cieco Amor, n°16 della raccolta 32-a). Ma è anche quasi esattamente lo stesso (spostato una terza sotto) di quello che impiegherà Mendelssohn nel primo coro della sua Lobgesang (in effetti più un oratorio che una sinfonia, e non a caso assai popolare nel Regno Unito!) sulle parole Lobt den Herrn mit Saitenspiel, lobt ihn mit eurem Liede. Sulla parola born le varie sezioni del coro vicendevolmente si slanciano in volate di semicrome a quartine, proprio come avevano fatto in precedenza, sul termine purify, e la cosa non può essere casuale.
Finisce così la sezione che riguarda l'annuncio dell'Avvento del Messia. Ora una Pifa (Sinfonia Pastorale) ci introduce alla seconda sezione, che tratta propriamente della Natività. È un Larghetto, e mezzo piano, in 12/8 e DO maggiore, che ricorda gli zampognari che a Natale arrivano (o arrivavano, ai tempi) in città dalle campagne, e che forse Händel aveva udito durante il suo lungo soggiorno italiano. Struttura semplicissima: A-B-A (spesso, e lo faceva lo stesso Autore, si esegue soltanto la prima sezione A… ma Jais saggiamente non ha voluto fare tagli!)
È il soprano – quindi una donna del popolo di Palestina, non un evangelista (anche se le parole sono tratte da Luca) - a darci la testimonianza diretta – quindi non una cronaca per sentito-dire – di quanto avvenne in quella indimenticabile notte. Lo fa con quattro recitativi (due secchi, alternati a due accompagnati): è un altro momento di altissima drammaticità, oltre che di poesia. Vediamo come.
There were shepherds abiding in the field in DO maggiore, una sola frase, che sale dalla dominante SOL fino alla mediante MI, per poi appoggiarsi sulla tonica. Il clavicembalo si limita a tenere un pedale di accordi. Sono i pastori che, nella calma e tiepida notte stellata, stanno custodendo le loro greggi (Luca 2, 8).
Ed ecco lo straordinario avvenimento (recitativo accompagnato): And lo! the Angel of the Lord came upon them (Luca 2, 9). Esistono almeno due versioni di questo brano (entrambe in FA maggiore): una più stringata e mossa; l'altra più estesa (per semplice ripetizione di versi) e quindi più diluita e meno drammatica (Jais sceglie la prima). I pastori sono più atterriti che altro dall'improvvisa apparizione dell'Angelo.
And the Angel said unto them, Fear not (Luca 2, 10-11) altro recitativo secco, in LA, dove si descrive l'Angelo che tranquillizza i pastori, annunciando loro la lieta novella della nascita di Cristo, il Signore.
Ecco il quarto recitativo (accompagnato): And suddenly there was with the Angel a multitude of the heavenly host (Luca 2, 13). È un Allegro in RE maggiore, che introduce il successivo coro, della moltitudine di Angeli e celesti creature, qui mirabilmente rappresentati dalle svolazzanti quartine di semicrome dei violini!
Glory to God in the highest, and peace on earth, goodwill towards men è il celeberrimo Gloria a Dio nell'alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà (Luca 2, 14). Siamo sempre in RE maggiore, Allegro. Compaiono anche due trombe a rinforzare la perorazione. Mirabile poi la resa drammatica che Händel riesce a dare del brano: estremamente mosso ed esaltato sulle parole Gloria a Dio; calmo, piano e disteso su Pace sulla terra; in forma di agile contrappunto sulle parole Uomini di buona volontà, dove la tecnologia musicale (per così dire) riesce ad esprimere in modo davvero straordinario il concetto di armonizzazione – purchè esista la buona volontà - delle più diverse individualità umane! Un ultimo tocco da maestro: i violini e il clavicembalo che concludono il brano esalando un trillo, proprio il battito d'ali dell'ultimo angelo che scompare nell'oscurità…
L'ultima sezione della Prima parte è riservata alla lode delle opere del Messia.
Rejoice greatly, O daughter of Zion! (Zaccaria 2, 9-10). È il soprano (a volte il tenore) a cantare quest'aria (Allegro in SIb) di cui esistono almeno due versioni, quella originale in 12/8, col da-capo, e un'altra – normalmente eseguita oggi, anche da Jais – in 4/4, più condensata. È l'invito che la donna fa ai suoi concittadini a gioire per l'arrivo del Messia, che parlerà di pace ai Pagani. La sezione centrale, più lenta, sulle parole He is the righteous Saviour, passa in SOL e poi in RE minore, prima della ripresa in SIb maggiore sul Rejoice.
Adesso è il contralto che canta un recitativo secco, Then shall the eyes of the blind be opened (Isaia 35, 5-6) che elenca alcuni miracolosi effetti della venuta del Messia: ciechi che vedono, sordi che odono, zoppi che saltano come cervi, muti che cantano. La versione originale era per soprano, semplicemente trasposta.
È seguito da un'aria costituita dalla collazione di due citazioni: He shall feed his flock like a shepherd (Isaia 40, 11) e Come unto him, all ye that labour and are heavy laden (Matteo 11, 28-29). In origine era in SIb maggiore, per il solo soprano. La versione che si ascolta normalmente è quella dove la prima parte (in FA maggiore) è cantata dal contralto (che ha esposto il precedente recitativo) e la seconda (SIb) appunto dal soprano. Anche qui troviamo il ritmo cullante (12/8) della siciliana, che ben rappresenta l'atmosfera di calma e fiduciosa attesa del giogo del Signore.
Che è un giogo leggero a sopportarsi, come canta il coro finale della Prima Parte, His yoke is easy and his burden is light (Matteo 11, 30) sempre in SIb maggiore (4/4). Si tratta di una corposa ma eterea – appunto, leggera! - fuga, il cui motivo principale è mutuato dal citato duetto italiano Quel fior che all'alba ride, questa volta proprio dalla sua sezione principale.
Venerdi 28 Agosto, 1741. Così si legge sul manoscritto originale di Händel alla fine della Prima Parte.
Come detto, delle altre due parti dell'Oratorio Ruben Jais ha presentato una versione (non molto) abbreviata.
La Seconda Parte tratta delle vicende che vanno dalla Passione, alla Morte e Resurrezione, fino al Secondo Avvento, all'evangelizzazione del mondo e allo stabilirsi del Regno di Dio.
La sezione dedicata al sacrificio è aperta dal coro, con un Largo in SOL minore, sulle parole Behold the Lamb of God that taketh away the sin of the world (Giovanni 1, 29): il celebre Ecco l'Agnello di Dio, che toglie i peccati del mondo. Un contrappunto severo e accorato, con due soli e fugaci abbandoni al modo maggiore.
Segue la lunga aria del contralto (ne esiste anche una versione per soprano) composta da due citazioni relative alla flagellazione del Messia : He was despised and rejected of men (Isaia 53, 3) e He gave his back to the smiters (Isaia 50, 6), organizzate secondo lo schema A-B-A. La prima parte è in MIb maggiore (SIb per il soprano) e tempo Largo, dove sentiamo tutta la pena per l'uomo dileggiato e respinto, votato al dolore; la seconda è nello stesso tempo, ma in tonalità minore (DO-SOL e SOL-RE rispettivamente per le due interpreti) ma soprattutto caratterizzata dall'ostinato susseguirsi trocaico di semicroma puntata + biscroma dell'orchestra, a sottolineare la brutalità e l'insistenza delle offese (anche materiali) portate al Messia ed allo stesso tempo la sua fermezza nell'affrontarle e nel porgere l'altra guancia.
Quindi è la volta del coro, che con tre interventi chiude la sezione del sacrificio (Jais ha omesso questa parte, passando al successivo All they that see him). Dapprima cantando Surely he hath borne our griefs (Isaia 53, 4) in DO minore, dove ancora il ritmo trocaico dell'orchestra ci ricorda del dolore e delle pene che il Messia ha sopportato per noi. Il brano conclude però ottimisticamente in LAb maggiore.
Successivamente (Isaia 53, 5) And with his stripes we are healed (Moderato, alla breve) le voci cantano in contrappunto la constatazione che la tortura del Messia rappresenta la nostra guarigione.
E infine All we like sheep have gone astray (Isaia 53, 6) è un Allegro moderato in FA maggiore, dove l'animato contrappunto sembra proprio mimare lo smarrimento del gregge, che si disperde in mille diverse direzioni. Dopo la sospensione sulla dominante DO, la chiusa è un Adagio, in FA minore, sulle parole il Signore ha preso su di sé le iniquità di tutti noi, dove si esprime quasi un rimorso per quelle iniquità.
Adesso viene il racconto del Messia rinnegato dai Giudei (Jais ha ripreso da qui). È il tenore ad esporlo con un recitativo accompagnato
All they that see him, laugh him to scorn (Salmi 22, 7) in SIb minore, ancora con l'insistente ritmo trocaico dell'orchestra, che sottolinea qui le offese verbali e gli scherni di cui è fatto oggetto il Messia. Segue immediatamente il coro che canta, in DO minore Allegro, con diverse modulazioni, He trusted in God that He would deliver him (Salmi 22, 8) per l'appunto le frasi di scorno che sfidano il Messia a farsi liberare dal suo Dio, se se ne diletta così tanto. Ancora una volta, ascoltando il magistrale contrappunto di Händel, sembra quasi di vedere la gente che fa girotondi intorno al Messia prigioniero per insultarlo e sbeffeggiarlo!
Ora è il momento drammatico della crocifissione, uno dei più stupefacenti di tutta l'opera. È il tenore (a volte il soprano, nella prima parte) a farcelo vivere, con due coppie di recitativo accompagnato e aria. Dapprima Thy rebuke hath broken his heart (Salmi 69, 21) in tono minore, un lamento di straordinaria efficacia, dove la voce del solista vaga inutilmente in cerca di conforto, nella spettrale atmosfera creata dalle lunghe note tenute degli archi e dai lugubri accordi del continuo. Sulla seconda ripetizione delle parole broken his heart, violini e accompagnamento esalano un trillo, sul FA#, che si appoggia al MI sottostante, e che ci dà precisamente l'idea di una stretta al cuore!
L'aria che segue immediatamente, Behold, and see if there be any sorrow like unto his sorrow (Lamentazioni 1, 12) Largo e piano, in MI minore, non fa che prendere atto della pena del Messia, la più grande che mai sia stata sofferta.
Ora l'altro, brevissimo recitativo accompagnato: He was cut off from the land of the living (Isaia 53, 8) che ci descrive la morte del Messia, distrutto dai peccati dell'Umanità. Seguito immediatamente dall'aria di Resurrezione But Thou didst not leave his soul in hell (Salmi 16, 10) un Andante Larghetto in LA maggiore (con modulazioni alla dominante MI) che serenamente prende atto che Dio non ha abbandonato il Figlio agli Inferi e alla corruzione del corpo.
A questo punto – Jais ha saltato questa parte, fino al successivo The Lord gave the word - il coro risponde con Lift up your heads, O ye gates (Salmi 24, 7-10) in FA maggiore, con diversioni alla dominante DO. È inizialmente diviso in due (voci femminili e maschili) che si rimpallano la domanda (Chi è il Re della Gloria?) e la risposta (il Signore forte e potente) per poi passare ad un contrappunto di tutte le voci, che reiterano più volte l'affermazione: Il Signore degli eserciti, il Re della Gloria.
Ma ora il Messia deve ascendere al cielo. Il tenore (a volte il soprano) espone in recitativo secco la domanda Unto which of the Angels said he…? (Ebrei 1, 5) che porta la tonalità dal FA precedente al RE maggiore del successivo coro Let all the angels of God worship him (Ebrei 1, 6) un Allegro che ci descrive in contrappunto l'adorazione degli Angeli per il Messia risorto (e nel cui tema qualcuno può scorgere qualcosa che ricomparirà 130 anni dopo nel finale del concerto per violino di Ciajkovski…)
Un'aria in RE minore (Allegro larghetto in 3/4) del basso Thou art gone up on high (Salmi 68, 18) testimonia dell'Ascensione. Esistono varie altre versioni: per contralto e soprano (SOL) di quest'aria, tanto nobile quanto severa (qui si parla di cose serie!)
Ora si passa alla proclamazione dei Vangeli, da parte dei discepoli (qui Jais ha ripreso). È il coro che canta una Andante allegro in SIb, aperto dalla stentorea affermazione The Lord gave the word (Salmi 68, 11) che sale da tonica a mediante, come a scolpire la parola del Signore su una lapide. Poi è tutto un tumulto di semicrome, parte in contrappunto, parte in sincronia, delle voci del coro, a rappresentare la moltitudine, di volta in volta disordinata o disciplinata, degli oranti.
Il soprano canta adesso l'aria How beautiful are the feet (Romani 10, 15) una siciliana seguita da Their sound is gone out into all lands (Romani 10, 18) che costituisce la sezione B dell'aria strutturata come A-B-A. Di questo brano esistono però anche altre versioni: quelle per contralto-tenore, una dove il Their sound è cantato dal coro e due dove l'intero passo, con aggiunta di nuovi testi, è cantato solo dal coro o dal coro con due contralti.
Da ultimo, la Seconda Parte tratta del Secondo Avvento del Messia, che tornerà per disciplinare le nazioni. È il basso a introdurre Why do the nations so furiously rage together (Salmi 2, 1-2) di cui esiste anche una versione abbreviata. Si tratta di un'aria dove il furiously, legato alla stoltezza degli uomini, e soprattutto dei loro governanti (peccato che Berlusconi non apprezzi la musica, chè ne potrebbe trarre gran consolazione per sé e vantaggio per noi…) è ben descritto dalle velocissime semicrome degli archi, che pervadono l'intero brano.
Adesso il coro canta Let us break their bonds asunder (Salmi 2, 3) un Allegro e staccato in DO. Sembra proprio un proclama rivoluzionario, magari anticipatore del 1789 francese, forse già alle viste ai tempi di Händel… ma esposto con piglio giovanile, come da studenti che manifestano allegramente contro baroni e gelmini varie (quindi va bene anche per oggi, smile!)
Qui Jais è passato direttamente all'Hallelujah.
Mentre il tenore canta il recitativo secco He that dwelleth in heaven (Salmi 2, 4) che rincara la dose sui cattivi governanti, che il buon Dio disprezza beffardamente e che il Signore deride!
Segue subito l'aria Thou shalt break them with a rod of iron (Salmi 2, 9) un Andante in 3/4 in LA minore. Anche qui forse il buon Händel se la prende con l'aristocrazia dei suoi tempi, che gli dava parecchi grattacapi e che lui, almeno a parole e in musica, si prende la soddisfazione di fare a pezzi con verghe di ferro! Gli ampi e secchi intervalli nel canto del tenore danno proprio l'idea di fendenti menati sulla capoccia di questi bastardi!
E finalmente ecco il RE maggiore del grandioso e celeberrimo Hallelujah (Rivelazioni 19, 6 - 11, 15 e 19, 16), che Händel affermava di aver composto davanti ad una visione del paradiso e dello stesso Gran Dio!
Domenica 6 Settembre, 1741 è la data scritta dall'Autore in calce alla Seconda Parte.
La Terza Parte è dedicata alla riflessione sul tema della Redenzione e alla definitiva glorificazione dell'Agnello di Dio.
È il soprano ad aprirla, con una lunga e struggente aria, piena di serenità e consolazione, un Larghetto 3/4 in MI maggiore, che crea un grande ma opportuno stacco rispetto alle spettacolari sonorità dell'Hallelujah che l'ha preceduta. Il testo è costituito dalla giustapposizione di due passi delle Scritture: I know that my Redeemer liveth (Giobbe 19, 25-26) e For now is Christ risen from the dead (Corinti-1 15, 20). Dopo la breve introduzione strumentale, che espone il tema principale, caratterizzato da ampi intervalli (quarta ascendente alla tonica, poi ottava discendente, sesta a salire, ripiegamento sulla mediante e da qui salto di un'ottava all'insù) il soprano propone il primo verso, chiudendolo sulla dominante SI. Poi lo reitera, ampliandolo, sempre in MI maggiore. Quindi passa al secondo verso (and though worms…) chiudendolo ancora sulla dominante SI, ripresa dai violini. Adesso canta in SI la prima parte del primo verso e poi il secondo, chiudendolo stavolta sulla sottodominante LA. Su questa tonalità canta ancora la prima parte del primo verso, cui appende il secondo passo biblico (For now...) poi rimodula a MI maggiore, ripetendo il secondo passo, che chiude in Adagio, tempo mantenuto dall'orchestra che ripete in pratica l'introduzione per concludere l'aria. Una cosa semplicemente divina!
Adesso c'è un passo articolato in due premesse (esposte da un quartetto di coristi accompagnati solo dal clavicembalo) e due conclusioni (cantate dall'intero coro e piena orchestra).
Quartetto (6 sole battute, tempo Grave): Since by man came death… (Corinti-1 15, 21). La linea di soprano scala un'ottava piena, da MI a MI; il contralto sale da DO a SOL (passando per il sovrastante LA); quella del tenore si muove fra LA e RE, chiudendo sul SI; il basso scala un'ottava piena (LA-LA) per chiudere sul MI.
Coro (Allegro in DO maggiore): By man came also the resurrection of the dead (Corinti-1 15, 21). Conclusione rapida e gioiosa.
Ancora il Quartetto (6 sole battute, tempo Grave): For as in Adam all die (Corinti-1 15, 22). Qui la melodia è assai piana (l'intervallo più ampio lo percorre il soprano, con un SOL-DO#, il maligno tritono, perché si parla di morte!) e prepara la conclusione successiva.
Coro (Allegro): Even so in Christ shall all be made alive (Corinti-1 15, 22). A differenza del di quello precedente, questo coro è in tonalità di LA minore.
Ora siamo al Giudizio Universale, e il basso propone un recitativo accompagnato: Behold, I tell you a mystery (Corinti-1 15, 51-52) in RE, a preparare il RE maggiore delle successive trombette del giudizio.
È l'aria più impegnativa per il basso (con i frequenti salti di ottava) ma anche per la prima tromba, chiamata già nell'introduzione strumentale ad un obbligato davvero tosto. I brani qui esposti sono due: The trumpet shall sound (Corinti-1 15, 52) e poi – nella sezione in SI minore - For this corruptible must put on incorruption (Corinti-1 15, 53). Attenzione, il tempo qui è indicato come Pomposo, ma non allegro! E infatti vi si deve sentire tutta la solennità, ed anche un po' la retorica, diciamolo pure, del momento.
Qui Jais è saltato direttamente al coro finale, Worthy is the Lamb.
Il contralto espone ora un brevissimo (5 battute) recitativo secco: Then shall be brought to pass (Corinti-1 15, 54) che introduce il suo duetto con il tenore: O death, where is thy sting? (Corinti-1 15, 55-56) che esiste in almeno due versioni, l'originale ed una successiva, un po' abbreviata. È un Andante, in MIb, dove i due solisti cantano in un contrappunto piuttosto leggero (tutt'altra cosa, questo passo, nel Requiem brahmsiano, al n°6!)
Ma ora, dopo i timori di morte e tomba, ecco il tripudio per la vittoria: è il coro a pronunciarlo, con una grande fuga in MIb: But thanks be to God (Corinti-1 15, 57) chiusa, in Adagio, dal ringraziamento al Signore Gesù Cristo.
Un ultimo e consolatorio richiamo del soprano: se Dio è per noi, chi può essere contro di noi? È un'aria in SOL minore e SIb maggiore (con altre modulazioni) tempo Larghetto in 3/4: If God be for us (Romani 8, 31 e 33-34) con lunga introduzione e chiusa orchestrale.
Il gran finale – più che protestante-anglicano – è quasi un Agnus Dei delle messe cattolico-romane! È il coro a cantare Worthy is the Lamb that was slain (Rivelazioni 5, 12-13) in RE maggiore, con varie modulazioni e cambi di tempo, da Largo ad Andante, fino al conclusivo Adagio. È una fuga di grandi proporzioni e grande maestrìa contrappuntistica.
Il conclusivo Amen (Rivelazioni 5, 14) è fra i più lunghi (circa 3 minuti!) dell'intera produzione musicale: un Allegro moderato in RE maggiore, dove al contrappunto a voce spiegata e piena orchestra del coro si alternano un paio di interventi dei violini primi e secondi, che ci portano squarci di pace celestiale, prima dell'ultima perorazione, chiusa in Adagio, dal tutti (trombe e timpani inclusi) di coro e orchestra.
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