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17 ottobre, 2009

Ricostruire L’Aquila

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Bene dare la casa a chi l’ha perduta (qualcosa di buono fa anche Berlusconi, come del resto tutti i tiranni o aspiranti tali, da che mondo è mondo…) Ma non dobbiamo dimenticare altre strutture che sono altrettanto importanti per la comunità: una di queste è il Teatro Comunale de L’Aquila, gravemente danneggiato dal recente terremoto.

Nell’ambito delle iniziative di sostegno al restauro del Teatro, La Scala ha ospitato ieri sera l’Orchestra Sinfonica Abruzzese diretta da Giancarlo De Lorenzo per un interessante concerto.

Il tutto con l’adesione del Presidente della Repubblica (un pericoloso comunista, stando ad alcuni) di cui è stato letto un messaggio di saluto in apertura di serata. Nel palco reale personalità varie fra cui ho riconosciuto (perché mi è assai simpatica) la minuscola Presidente della Provincia de L’Aquila, Stefania Pezzopane.

Lodevole anche l’omaggio che l’Orchestra della Scala ha fatto a quella abruzzese, prestandole i quattro solisti del primo brano in programma, la Sinfonia concertante K297b (qualcuno mette in dubbio la paternità del lavoro, ma se questo non è Mozart, allora significa che ai suoi tempi un suo perfetto clone si aggirava per Salzburg!): Fabrizio Meloni, Fabien Thouand, Danilo Stagni, Valentino Zucchiatti, tutti prime parti della Scala. La concertante è un gioiellino, dove i quattro fiati hanno modo di mettersi in mostra, singolarmente, a coppie, trii e insieme. E l’esecuzione è stata invero eccellente. Bravi i solisti, ma bravi anche i professori abruzzesi guidati da De Lorenzo!

Dopo la pausa, la Quinta Sinfonia di Franz Schubert. L’orchestra poco più che cameristica – in tutto l’organico è di 40 esecutori, ieri sera erano ancor meno – ben si confaceva alle caratteristiche di questa deliziosa creatura schubertiana. De Lorenzo ha sempre tenuto tempi vivaci, ha fatto il ritornello dell’esposizione del primo movimento, risparmiandoci invece quello del finale, ma con piena giustificazione (le lungaggini, per quanto celestiali, non si addicono a questo autentico cammeo…) Un esito assolutamente di rilievo.

Da ultimo il Concerto per Clarinetto di Aaron Copland (scritto nel 1948 su commissione del famoso Benny Goodman) che è stato interpretato ancora da Fabrizio Meloni. Il quale lo suona con bocca e dita – normale! – ma anche con tutto il resto del corpo, dimenandosi con swing appropriato al pezzo jazz-americano, alzando a volte la gamba sinistra e riappoggiando il piede con perfetto ritmo, cosa degna di chi suona nelle migliori band. L’orchestra – soli archi, piano e arpa – lo asseconda benissimo e così il trionfo è assicurato. Meloni fa anche lui un discorsetto di circostanza, prima di concedere, con l’orchestra, un bis: l’Andantino dal concerto di Jean Françaix (con aggiunta, a mò di cadenza, del primo svolazzo dell’Allegrissimo conclusivo) da lui già inciso per Amadeus insieme al concerto di Copland e a quello di Nielsen (su un CD lodevolmente accluso al programma di sala).

L’unica nota stonata della sera è venuta dal pubblico: non quello in sala, calorosissimo, ma quello che ha lasciato desolatamente vuoti interi palchi (specialmente del III e IV ordine). Per fortuna almeno platea e loggione (o ciò che ne rimane per ora) erano praticamente al completo.
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