ricongiungimenti

Maurizio & Claudio

25 aprile, 2016

In attesa della cieca di Firenze (1)

 

Dopo il concerto inaugurale di ieri (a proposito, nella Nona un Mehta letargico!) il 79°MMF aprirà il programma operistico - giovedì prossimo, 28 aprile, all’OF - con la prima di Iolanta di Ciajkovski.   

Il soggetto di quella che resterà l’ultima opera del compositore russo fu tratto da una pièce teatrale del danese Henrik Hertz intitolata Kong René’s Datter (renette e datteri di king-kong La figlia di Re René) andata in scena per la prima volta al Teatro Reale Danese sabato 5 aprile, 1845.  


Il testo originale narra le vicende tardo-medievali (secolo XV) di Iolanthe, la figlia cieca del Re di Provenza che riacquista miracolosamente la vista. Si tratta di una versione romanzata della vita da adolescente della vera Yolande de Bar, nome con cui era conosciuta la Duchessa di Lorena (1428-1483 e della cui cecità non esiste traccia) che andò in moglie a Frédéric II, Conte di Vaudémont, in un matrimonio che doveva servire a chiudere un’antica faida fra le famiglie di René d’Angiò (padre di Yolande) e Antoine di Vaudémont (padre di Frédéric).

Il libretto dell’opera (che ebbe la prima a SanPietroburgo, abbinato al balletto Schiaccianoci, domenica 18 dicembre, 1892) fu redatto dal fratello di Ciajkovski, Modest, che lo trasse a sua volta da un adattamento russo (di Vladimir Zotov) del dramma lirico di Hertz. In entrambi i casi vengono scrupolosamente rispettate le tre classiche unità aristoteliche (luogo, tempo e azione): il tutto si compie nell’arco di una giornata, dal primo pomeriggio al tramonto.

Come accade regolarmente in casi consimili, il libretto non ha un grado assoluto di fedeltà al testo cui si è ispirato, e per ragioni spesso (non sempre) assai plausibili. Nel nostro caso l’opera presenta alcuni personaggi con nomi e comportamenti diversi, oltre che avere una struttura in scene (atto unico sempre) divergente dal lavoro di Hertz. Sinteticamente si possono osservare le differenze in questa tabella: 

Hertz
Ciajkovski


René, RE di Provenza
Jolanthe, sua figlia
Ebn Jahia, medico della Mauritania
Almeric, cavaliere
Bertrand
Martha, sua moglie
René, RE di Provenza
Iolanta, sua figlia cieca
Ibn-Hakia, medico della Mauritania
Alméric, scudiero del RE
Bertrand, custode del castello
Marta, moglie del custode e governante di Iolanta
Brigitta, ancella
Laura, ancella
Conte Tristan di Vaudemont
Cavaliere Jauffred d’Orange
Gottfried di Vaudémont, conte burgundo
Robert, duca di Borgogna










Scena 1
Arriva Almeric, ricevuto da Bertrand e Marta, che lo ragguagliano sulla cecità di Jolanthe, sopraggiunta in tenera età a seguito di uno shockIgnora la sua cecità e la regale identità del padre. Lei è destinata in sposa al conte Tristan di Vaudemont. La cura da tempo Ebn Jahia che ogni giorno la addormenta con un talismano.
Scena 2
Arrivano il RE e Ebn Jahia, che si reca subito da Jolanthe per visitarla.


Jolanthe può guarire quello stesso giorno, ma Ebn Jahia detta la sua condizione: notificarle subito la sua cecità. Il RE si oppone.
Scena 3
Arrivano Tristan e Jauffred. Tristan confessa la sua contrarietà a prendere in moglie Jolanthe, che lui nemmeno ha mai visto, così come mai ha incontrato suo padre. 
Scena 4
Tristan scopre Jolanthe e ne resta colpito. Jauffred cerca invano di svegliare la fanciulla, Tristan ci riesce togliendole il talismano. Jolanthe si presenta ai due e offre loro frutta e bevande. Jauffred parte. Tristan e Jolanthe si intrattengono, il giovane si accorge della di lei cecità e gliela descrive, dichiarandosi poi estasiato dalla sua persona. Torna Jauffred che avverte del sopraggiungere di uomini armati. Subito riparte con Tristan, che promette a Jolanthe di tornare.
Scena 5
Arrivano Martha, il RE e Ebn Jahia e scoprono che qualcuno ha rivelato a Iolanta la sua cecità. Ma Ebn Jahia ora sa che la ragazza può guarire la sera stessa e chiede al RE di spiegarle fino in fondo la sua condizione e la sua menomazione. Il RE lo fa, descrivendole il potere e la bellezza della luce e la potenza della vista, poi la invita all’ultima seduta di cura con il dottore. Lei accetta. Almeric arriva con una lettera di Tristan che annuncia il suo rifiuto a sposare Jolanthe. Il RE è dispiaciuto, ma accetta fatalisticamente anche questo contrattempo.
















Scena 6
In quel momento sopraggiunge proprio Tristan che si scontra con lui (i due non si conoscono). Arriva anche Jauffred che si inchina al RE, così Tristan ne scopre l’identità. Ma anche il RE scopre l’identità di Tristan e gli chiede ragione della sua irruzione. Tristan risponde di esser lì per prendere una fanciulla di cui è innamorato. Il RE gli rivela che lei è proprio la stessa persona che gli era destinata in sposa e che lui aveva scritto di non voler accettare: sua figlia Jolanthe!
Scena 7
Torna Ebn Jahia con Jolanthe, che mostra di aver riacquistato la vista. Lei però stenta a riconoscere persone e luoghi, si sente smarrita, poi pian piano, aiutandosi con il tatto, riconosce il padre e Tristan. Quindi si convince e si abbandona, insieme a tutti, alla felicità ritrovata.
Scena 1
Iolanta, Marta, Laura e Brigitta sono in giardino a raccogliere fiori. La giovane trova strano il comportamento veggente di Marta.  
Scena 2
Ancora canti anche di un coro femminile.
Scena 3
Ancora canti finchè Iolanta si assopisce.
Scena 4
Arriva Alméric, ricevuto da Bertrand e Marta, che lo ragguagliano sulla cecità, dalla nascita, di Iolanta. Ignora la sua cecità e la regale identità del padre. É  destinata in sposa a Robert, duca di Borgogna. Il RE porterà un dottore mauritano per affidare la figlia alle sue cure.


Arrivano il RE e Ibn-Hakia. Il RE si pente dei suoi peccati, ritenendoli la causa della cecità della figlia.
Scena 5
Ibn-Hakia detta la sua condizione per curare Iolanta: notificarle la sua cecità. Il RE si oppone.

Scena 6
Arrivano Robert e Vaudemont. Robert non gradisce più in moglie Iolanta, che mai ha visto, essendo innamorato dell’esuberante ed eccitante Matilde. Vaudémont sogna invece una donna eterea e angelica.
Scena 7
Vaudémont scopre Iolanta e ne resta colpito. Iolanta li raggiunge e offre loro del vino. Robert pensa ad un tranello e parte a cercare rinforzi. Vaudémont e Iolanta si incontrano, il giovane si accorge della di lei cecità e gliela descrive, parlandole della luce creata da Dio. I due si abbandonano inebriati a lunghe e commosse lodi al Creatore. 





 Scena 8
Arrivano tutti gli altri e scoprono che Vaudémont ha rivelato a Iolanta la sua cecità. Lo minacciano di morte per quanto ha fatto. Ma Ibn-Hakia ora sa di poter curare la ragazza, che accetta la cura, ma solo per compiacere il padre che glielo chiede. Ibn-Hakia avverte il RE che sua figlia non guarirà se non le verrà dato un valido motivo. Il RE ha l’idea vincente: minaccia ancora Vaudémont di morte se Iolanta non dovesse acquistare la vista e Vaudémont si dichiara dispiaciuto e contrito per ciò che ha fatto. Iolanta è atterrita all’idea che Vaudémont possa essere giustiziato, lui le dichiara il suo amore e la sua decisione di affrontare anche la morte per lei. Il dottore e il RE comprendono che la volontà di Iolanta di evitare la morte a Vaudémont è la molla che le consentirà di guarire. Ibn-Hakia porta Iolanta con sè per la seduta terapeutica.
Scena 9
Il RE rivela a Vaudémont il suo stratagemma: non ha alcuna intenzione di punirlo se Iolanta non tornasse guarita. Vaudémont declina le sue generalità e si dichiara deciso a sposare la fanciulla anche se dovesse rimanere cieca. Il RE lo disillude: sua figlia è promessa ad un altro. 

Arriva in quel momento Robert con altri armigeri, si stupisce di trovarsi di fronte al RE, che lo indica a Vaudémont come lo sposo destinato a Iolanta. Vaudémont chiede all’amico di comunicare al RE il suo rifiuto di sposarne la figlia, che lui intende prendere in moglie. Robert, dapprima riluttante, lo fa, apprendendo solo ora che Iolanta è cieca. Bertrand, che assisteva alla seduta terapeutica, torna sconvolto: Iolanta sembra guarita! 



Torna Iolanta dopo la seduta con il medico: stenta a riconoscere persone e luoghi, si sente smarrita, poi pian piano, aiutandosi con il tatto, riconosce il padre e Vaudémont e infine mostra di aver acquistato pienamente la vista. Grande e generale moto di ringraziamento a Dio.

Partiamo dai personaggi. Al di là della diversa forma grafica dei nomi, legata ai passaggi dal danese al russo e dall’alfabeto cirillico a quello latino, la principale e clamorosa differenza fra Hertz e Ciajkovski risiede nell’identità e nei comportamenti dei due amici che capitano nella fantastica dimora dove il Re René ha di fatto occultato la figlia Iolanta, purtroppo cieca, per evitarle contatti con il mondo esterno in attesa di poterla vedere guarita.

Nell’opera si tratta di Robert, duca di Borgogna, e di Gottfried di Vaudémont, conte burgundo. Il primo ancora bambino è stato destinato in sposo a Iolanta (che lui però non ha mai visto, nè sa essere cieca) ma è innamorato di Matilde di Lotaringia, donna sensuale e procace; il secondo è un sognatore che si innamorerà a prima vista di quella specie di angelo che è Iolanta. Alla fine Robert otterrà dal Re la dispensa dal suo impegno matrimoniale, mentre Vaudémont potrà coronare il suo sogno d’amore con la fanciulla, miracolosamente uscita dalla sua cecità.

Nel dramma di Hertz (che è più vicino, o meno lontano, dalla realtà storica, perlomeno nella definizione dei personaggi principali) i due amici girovaghi hanno nomi ma soprattutto comportamenti assai diversi, che coloriscono la vicenda di una tinta rocambolesca, con tanto di colpi di teatro davvero spettacolari, per non dire farseschi, che nell’opera (programmaticamente) si perdono. Lo sposo destinato a Jolanthe è Tristan di Vaudemont (il Frédéric storico) che mai si è incontrato con il Re (le loro sono casate storicamente avversarie e il matrimonio Tristan-Iolanthe doveva servire a siglare la fine della faida) e che viaggia in compagnia di un altro trovatore, Jauffred d’Orange, paladino del Re (storicamente sconosciuto). Tristan scopre Jolanthe e se ne innamora, senza sapere chi lei sia, poi scrive al Re la sua volontà di rinunciare alla figlia, ma quando torna per portarsi via la sua bella, viene affrontato proprio dal Re: i due si possono reciprocamente riconoscere poco dopo, all’arrivo di Jauffred, che il Re lo conosce bene. Il gran colpo di scena si ha quando il Re spiega a Tristan che la ragazza di cui lui si è innamorato e che vorrebbe portarsi via è precisamente... Jolanthe, che gli era stata destinata in moglie e alla quale, non conoscendola, stava per rinunciare! (Nel testo di Hertz non c’è traccia di alcuna Matilde o di altre donne di cui Tristan fosse innamorato.)
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Veniamo ora alla cecità di Iolanta, ai relativi metodi di cura e alle modalità della guarigione. Qui il testo del dramma e il libretto dell’opera presentano un curioso incrocio fra diagnosi e terapie. Intanto differiscono sulla condizione di cecità di Iolanta: dal libretto si evince che la fanciulla sia cieca dalla nascita, e quindi affetta da cecità congenita (forse curabile con farmaci e/o interventi chirurgici?) Invece nel dramma di Hertz veniamo a sapere che Jolanthe non era affatto nata cieca, ma lo era diventata in tenerissima età (da qui la sua incoscienza della sopravvenuta menomazione) a causa di un terribile shock, conseguente ad un incidente accaduto nel palazzo del padre, dove era divampato un furioso incendio da cui la piccola era stata salvata solo a prezzo di farle fare un volo dalla finestra della sua stanza al terreno sottostante, esperienza che evidentemente aveva avuto gravi conseguenze. Si fa quindi largo l’ipotesi che questo tipo di cecità possa essere curato/guarito con il ricorso a terapie di tipo psicologico più che farmacologico-chirurgico.

Quali sono i rapporti fra il dottore mauritano Ibn-Hakia e Iolanta? Nell’opera costui arriva alla dimora della fanciulla e lì la incontra per la prima volta, mentre nel lavoro di Hertz egli ha già in cura Iolanthe da molto tempo ed anzi si occupa di lei quasi come un istitutore, oltre che sottoporla a speciali terapie del sonno (con l’aiuto di un talismano che usa per addormentarla e risvegliarla) e addirittura sostiene che la guarigione potrà avvenire al compimento del 16° anno, data che cade precisamente nel giorno in cui è ambientato il dramma.

Il metodo impiegato dal medico islamico per cercare di guarire Iolanta è di tipo psicologico: nel libretto di Ciajkovski (monologo della scena 5) e nel testo di Hertz (scena 2) Ibn-Hakia spiega al Re che corpo e spirito formano un’unità indissolubile e solo quando lo spirito ne avrà consapevolezza, solo allora anche l’organo della vista comincerà a funzionare. Nel dramma di Hertz è poi la stessa Iolanthe (scena 5) a spiegare al padre come un essere umano non veda con l’occhio, che è un semplice mezzo fisico, ma con il cuore!

E infine, piuttosto diversi (almeno nella forma) sono anche i metodi impiegati dal padre per dare a Iolanta la giusta motivazione a guarire. Nell’opera il Re inventa un geniale stratagemma: resosi conto che la figlia è attratta da Vaudémont, minaccia il giovane di morte nel caso in cui Iolanta non dovesse guarire; ciò provoca nella figlia uno stato di tensione emotiva – il timore di perdere la persona di cui è di fatto innamorata - che contribuisce a responsabilizzarla e a infonderle la volontà di rimuovere il suo handicapNel testo di Hertz le cose vanno in modo francamente più ordinario: il dottore Ebn Jahia chiede al Re di spiegare alla figlia, con più dettagli di quelli usati da Tristan, la bellezza e l’importanza della luce e della vista. Così il Re rivela a Iolanta che lei perse la vista da piccola e che da allora tutti attorno a lei hanno cercato di limitare le conseguenze della disgrazia, ma che ora è giunto il momento fatidico della possibile guarigione. Ciò basta alla fanciulla per convincersi a fare tutto ciò che il guaritore le chiederà.             
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A livello di curiosità si può notare come venga diversamente presentato il riconoscimento della cecità di Iolanta: in entrambi i lavori a tradirla è il colore delle rose, che lei non è in grado di distinguere; ma nell’opera Iolanta offre a Vaudémont due rose bianche al posto delle rosse da lui richieste, mentre nel dramma di Hertz Tristan, dopo aver ricevuto la prima rosa bianca, gliene chiede un’altra dello stesso colore per guarnire il suo scudo, e invece Iolanthe ne coglie una rossa! 

Diversa è anche la scena (7 nell’opera, 4 nel dramma) dove Iolanta(Iolanthe) e Vaudémont(Tristan) restano soli e lei viene per la prima volta informata della sua menomazione: nell’opera si trasforma in una grande scena d’amore, pur particolare, in quanto i due esprimono amore per il Creatore dell’Universo; mentre nel dramma il rapporto fra i due si mantiene su un piano abbastanza formale.    

Quanto alla struttura, l’opera antepone a quelle dove si sviluppa l’azione del dramma ben tre scene che ci introducono il personaggio di Iolanta e l’ambiente familiare in cui la fanciulla vive, artificiosamente costruito per impedire che lei si renda conto della sua grave menomazione e possa soffrirne. E sono ovviamente tre scene che offrono a Ciajkovski l’occasione per esibire tutta la sua arte di acquarellista-in-musica (contemporaneamente a Iolanta stava componendo lo Schiaccianoci!)

Nella prima ci viene anche proposta (è un’invenzione dei Ciajkovski) in modo intelligente e discreto una piccola svista di Marta, che fa nascere in Iolanta un dubbio sulla sua condizione: è quando la fanciulla ha un momento di tristezza e versa silenziosamente qualche lacrima: Marta a sua volta piange palesemente, così Iolanta le si avvicina e le tocca il viso, rendendosi conto del suo pianto, di cui le chiede ragione. La governante risponde di piangere poichè anche lei piange. Ma io ho pianto senza darne altri segni, ribatte Iolanta, e tu non mi hai toccato il viso, così come sai che io piango? (per ora l’incidente pare non avere conseguenze: Marta cambia subito discorso.)

Per il resto invece l’opera semplifica assai l’azione piuttosto contorta del lavoro di Hertz (cassando l’andi-rivieni dei due cavalieri, l’arrivo della lettera e la citata scenetta degli equivoci) per dare il massimo spazio alla componente lirica e sentimentale del soggetto.
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Sono anche da da considerare gli aspetti legati alla presenza della cultura araba nell’opera e nel dramma di Hertz.

Tanto per cominciare, il libretto russo fornisce indicazioni equivoche riguardo il luogo dell’azione: nel frontespizio si parla della Francia meridionale (ergo: la Provenza di Re René) ma poi nel testo l’unico accenno a una località più o meno precisa è quello fatto da Vaudémont che dice di essersi perso vagando per i Vosgi (cioè dalle sue parti, parecchie centinaia di kilometri a nord della Provenza!) Ci viene anche presentata la dimora di Iolanta come circondata da un lussureggiante giardino-frutteto, ma senza specifiche caratterizzazioni. Ora, che il Re di Provenza nascondesse la figlia nei Vosgi parrebbe poco plausibile, così come sembrerebbe strana la presenza di un medico arabo da quelle parti.

Ecco invece cosa troviamo nel testo di Hertz: una localizzazione assai precisa, Vaucluse (di petrarchiana memoria!) in Provenza, e un giardino in cui crescono palme da dattero (i cui frutti sono fra quelli offerti da Iolanthe ai due cavalieri).




Non a caso trattasi di un’area che fino alla fine del 1400 era considerata parte di Al-Andalus, essendo stata a lungo occupata dagli arabi. Così si spiega (assai meglio di quanto non faccia il libretto russo) perchè fosse un arabo venuto da Cordova il medico curante e addirittura l’istitutore della figlia del Re.

Ecco, mentre in Hertz il tema dei rapporti inter-culturali fra Occidente e Islam sembra occupare una posizione di assoluto rilievo, nell’opera dei due Ciajkovski quella problematica rimane confinata esclusivamente alla figura del medico mauritano Ibn-Hakia (di cui peraltro non si cita la provenienza) che impersona la secolare tradizione di scienza e di esperienza che gli arabi avevano nel campo dell’oftalmologia. 
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Da ultimo val la pena almeno accennare alle possibili meta-interpretazioni del dramma e in particolare poi dell’opera. Che hanno sicuramente contenuti di tipo simbolico più o meno scoperto. La cecità di Iolanta e la sua segregazione, che l’amore puro riesce a superare e a rompere; il complesso rapporto tra figlia e padre-padrone; la teoria della complementarità tra lo strumento materiale di trasmissione dei segnali visivi (occhio e relativo apparato) e le funzioni cerebrali che quei segnali elaborano. Ma poi, nel caso di Ciajkovski, la possibile relazione fra la condizione di Iolanta, la cui menomazione viene tenuta tassativamente nascosta da una società piena di pregiudizi, e la propria condizione di diverso, che il compositore visse sempre con grande sofferenza; un parallelo che potrebbe benissimo spiegare la grande attrazione che il soggetto ebbe su di lui e l’amore con il quale lo musicò.
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(1. continua

2 commenti:

FERREAVOX ha detto...

Grazie per il post. Quello era intrigante. Ho scritto un libro sull'opera e sono venuto in risultati simili. Sono molto grato al tavolo di confronto con la differenza fra Hertz e Ciajkovski. Ho anche molto simile. Mi dispiace per il mio italiano...per che io non parlo, ma capisco.

daland ha detto...

@FERREAVOX
Grazie a te per il gradito e lusinghiero commento!