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14 settembre, 2023

Il Barbiere di Muscato-Pidò con la Scala accademica

O.T. Lissner reintegrato al SanCarlo: ogni tanto l’arroganza-ipocrisia non paga. 

Ieri sera alla Scala penultima delle sei recite del rossiniano Barbiere, la fortunata ed apprezzata produzione del 2021 (epoca di riapertura post-Covid) allestita da Leo Muscato e diretta da Riccardo Chailly, ora trasformata in palestra per gli accademici (o ex-) scaligeri presi per mano dal navigato Evelino Pidò.

Allestimento piacevole e intelligente, del genere teatro-nel-teatro, dove i ruoli-chiave del libretto diventano: Lindoro autore-direttore; Rosina la star dello spettacolo; DonBartolo l’impresario teatrale; Don Basilio maestro di musica e Figaro il suggeritore e jolly di scena. Poi anche i personaggi minori (Berta e Fiorello) hanno le loro brave mansioni più o meno nobili.

L’idea portante di Muscato nasce dalla constatazione che tutti i personaggi sono poco o tanto legati al mondo della musica, il che spiega e giustifica l’ambientazione scelta dal regista e perfettamente supportata dalla scenografa Federica Parolini, coadiuvata da Silvia Aymonino per i costumi e da Alessandro Verazzi alle luci (francamente banalotta invece la scelta di infilare nell’avanspettacolo un bizzarro balletto di maschietti en-travesti, coreografato da Nicole Hehrberger).   

[In realtà sappiamo che il libretto dello Sterbini – ispirato a Beaumarchais – potrebbe benissimo essere interpretato come un chiaro riferimento ai macro-fenomeni storico-sociologico-politici che stavano prendendo forma da qualche decennio ai tempi della composizione della commedia rossiniana. Dove i cinque protagonisti principali e i rispettivi comportamenti potrebbero splendidamente rappresentare nientemeno che le classi della società del tempo e i loro rapporti conflittuali o cooperativi. Così DonBartolo impersonerebbe la nobiltà retriva e parassitaria, tutta intenta a perpetuare i propri privilegi e a considerare la donna come essere inferiore e schiava del potere maschilista; in questo supportata da un clero (DonBasilio) ipocritamente asservito al potere; mentre Almaviva sarebbe l’alfiere di una nobiltà dalle vedute aperte, progressista e ben disposta – per garantirsi un futuro - ad allearsi con l’emergente e rampante borghesia produttiva, splendidamente vestita dei panni di Figaro, l’instancabile factotum. Quanto alla protagonista femminile, Rosina rappresenterebbe la figura della femminista ante-litteram, che testardamente fronteggia la protervia maschilista dei potenti, rifiutandone la facile ma gretta prospettiva esistenziale per privilegiare la disinteressata genuinità dei sentimenti.]

Anche ieri lo spettacolo è stato accolto con grande calore, in un Piermarini abbastanza popolato, ma non certo al tutto-esaurito come proclamava il sito internet, da un pubblico che ha accomunato tutti i protagonisti in un chiaro apprezzamento. Un trionfo meritato, che testimonia dell’efficacia della politica del Teatro volta a promuovere la sua fucina di artisti: l’Orchestra innanzitutto, che ha risposto in modo convincente alle sollecitazioni di Pidò; poi il coro (maschile) di Salvo Sgrò e infine le voci degli accademici (Huanhung Livio Li, Giuseppe De Luca e Greta Doveri).

Personalmente mi associo agli elogi, il che non significa dare a tutti lo stesso voto (il famoso 18-politico di buona memoria) ma mi limito a citare per tutti la mascotte Greta Doveri, che mi ha impressionato – in particolare nella sua arietta Il vecchiotto cerca moglie - per la bella voce dal timbro morbido e vellutato che penso la porterà lontano.

In definitiva, una simpatica e godibilissima serata… chi può ha ancora una chance di godersela il 18!  

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