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20 gennaio, 2023

laVerdi 22-23. 12

Poulenc e Ciajkovski sono al centro del concerto di questa settimana, che vede arrivare sul podio dell’Orchestra Sinfonica di Milano un… ragazzino, o poco più, il 23enne finlandese Tarmo Peltokoski, che quando non dirige fa pure il pianista.

Però alla tastiera del primo brano in programma - si tratta del Concert champêtre per clavicembalo (ma anche pianoforte) e orchestra di Francis Poulenc – siede Jean Rondeau, altro men-che trentenne ma già affermato solista.

Poulenc compose il brano nel 1927-28 per la grande Wanda Landowska, che ne fu l’ispiratrice e la prima interprete. Vent’anni più tardi lo incise lui stesso ma, paradossalmente, eseguendolo al pianoforte. E comunque il concerto è concepito (come altri, tipo quello di DeFalla) per essere eseguito su strumenti moderni (tipo i Grand Pleyel) suggeriti e sponsorizzati ai tempi proprio dalla Landowska. Per la cronaca, qui il clavicembalo era moderatamente amplificato, per evitare di essere sommerso dal suono orchestrale.

Pregevolissima l’esecuzione di Rondeau, un vero guru dello strumento, capace di estrarci sonorità che gli sembrerebbero precluse. E poi grande cura ai particolari, compresi i silenzi e le pause e le cadenze: lunga quella a metà del primo movimento, lunghissima quella tenuta proprio alla conclusione.  

L’orchestra lo ha supportato al meglio e Peltokoski ha fatto di tutto per non… penalizzarlo troppo, scatenandosi soltanto quando il solista tace, e per il resto lasciandogli sempre il primo piano.

Caloroso successo (in un Auditorium con parecchi vuoti) ricambiato con un sognante bis. 
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La seconda parte della serata è occupata interamente dalla inflazionata Patetica ciajkovskiana, uno dei tanti cavalli di battaglia de laVerdi.     

E qui è venuto fuori il fenomeno: questo ragazzino ha davvero una stoffa eccezionale. A parte mandare a memoria la sinfonia (cosa non da tutti e che testimonia della cura che pone alla preparazione) ma Peltokoski (mi) ha veramente stupito per la padronanza e l’autorevolezza della sua direzione. Gesto ampio, accompagnato da movenze da ballerino, ma senza mai apparire affettato o pleonastico, anzi, sempre attento alla scansione dei tempi; attacchi di precisione assoluta, affilati come lame. E infine capacità (alla sua età!) di cogliere tutti gli aspetti estetici e pure – nel caso di Ciajkovski - esistenziali dell’opera.

Efficacissimi i mutamenti di tempo nel primo movimento: quello fra l’introduttivo Adagio e l’Allegro non troppo; e poi l’improvviso scoppio al passaggio in Allegro vivo: ma soprattutto straordinario l’effetto ottenuto nella fatale discesa all’inferno, prima della ripresa dell’Andante, con gli ottoni a scandire la caduta, di girone in girone, fino all’annichilimento!

Dopo lo sghembo (2+3) walzer dell’Allegro con grazia, proposto precisamente con grazia, ecco la travolgente marcia dell’Allegro molto vivace, chiusa dal ta-ta-ta-taaaa sul SOL, che ha suscitato l’immancabile (peraltro abbastanza isolato) battimani, costringendo forse il Direttore a ritardare un attimo l’attacco del conclusivo Adagio lamentoso. E proprio di lamento si deve parlare, chiuso con la più pessimistica delle visioni esistenziali.

Inutile dire del successo tributato a tutti, ma in particolare al giovin Maestro per questa eccellente proposta.   

Infine: sapete qual è l’unica dote che ancora manca a questo genio? Il sorriso! 
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Appendice. Il concerto campestre di Poulenc.

Seguiamone sommariamente la struttura accompagnati dal grande Trevor Pinnock con la BSO diretta da Seiji Ozawa.

Il primo movimento ha davvero poco del concerto barocco, e ancor meno di quello classico: la forma è quasi indecifrabile (per non dire bizzarra): inizia con un’introduzione lenta (Adagio) che porta all’Allegro molto, dove il solista espone il tema principale, in RE maggiore. Questo tema viene riproposto - ma assai variato - da orchestra e solista nella dominante LA maggiore (e qui effettivamente siamo al barocco). Infine sarà ripreso (in RE, a mo’ di ricapitolazione) alla conclusione, che però sarà in minore. Ma fra queste comparse del tema troviamo un… universo di divagazioni, avventure e colpi di scena: insomma, una fantasia, o un divertimento, più che un movimento di concerto!

Dopo l’introduzione in Adagio, ecco (1’56”) il solista proporre il tema principale, in Allegro molto:

L’orchestra lo accompagna nella risposta, su un controsoggetto, poi (2’26”, Animez un peu) il solista accelera il tempo e si esibisce in virtuosistiche volate di crome, in dialogo con l’orchestra. Il tema principale (2’43”) viene ora riproposto – variato e mischiato al controsoggetto – nella dominante LA maggiore. Una grandiosa figurazione di crome ascendenti dei corni (2’56”) poi ripresa dal solista, introduce un passaggio che conduce inopinatamente (3’08”, Presser) ad un’enfatica fanfara che scende di una terza, al FA maggiore, cui il solista pone rimedio riportandoci al LA maggiore che chiude l’episodio.


Ma subito se ne apre un altro (3’26”, Tragique) invero sorprendente, e che sarà interminabile, un’autentica peregrinazione fuori-le-mura: i corni, partendo da un lontano DO# e girando le campane bene in alto, espongono un segnale militaresco:


Cui il solista risponde prontamente, lasciando poi spazio al clarinetto per una breve melopea interrotta ancora dal solista in modo brusco (4’15”, Feroce) per riproporre il segnale di cui sopra. Si fa poi viva (4’24”) anche la tromba, che riprende il segnale (dal SIb) e lo chiude portando a due schianti dell’orchestra, il secondo (4’31”) sul SI minore.

 

Tonalità in cui il solista riprende il richiamo eseguendo una specie di cadenza che porta ad un nuovo schianto orchestrale (4’52”) cui segue, sempre in SI minore, un lungo passaggio ancora basato sullo sviluppo dello stesso motivo. La tonalità, nel frattempo, modula a SOL minore, dove inizia (5’29”) una nuova sezione di questo lungo intermezzo. Ancora (5’45”) continue modulazioni, a RE minore, MI minore, SI minore e SI maggiore, finchè un forsennato crescendo (En animant toujours) dell’orchestra (cui il solista assiste muto e sgomento…) si chiude su un botto (6’24”) generale di MIb minore (sporcato dai DO di tuba e archi bassi)!

 

Tutto finito? Nemmeno per idea! Mica si può lasciare a metà il discorso iniziato e poi interrotto dalla lunga divagazione (fuori tema?) Però non è nemmeno facile riprenderlo come se nulla fosse, e allora ecco (Très lent) una nuova ampia introduzione, caratterizzata da un mesto incedere del solista, fatto di pesanti accordi (2-3-4 note) seguiti, dopo una risposta di corni e archi bassi, da una melopea del clavicembalo (7’36”, Allargando) in LA minore, seguita (8’38”) da una nuova irruzione del primo corno che ripropone – variato e partendo dal LA – proprio il segnale militaresco che aveva aperto la lunga precedente divagazione.

 

Ora (8’53”) il tempo torna Subito Allegro molto, LA maggiore, e solista e orchestra si producono in una transizione dove ancora i corni (9’06”) sono protagonisti dell’ennesima riproposizione del segnale militaresco. La chiusa è riservata ad un beffardo accordo di LA minore inquinato dal tritono DO-FA#.

 

Ma è solo un modo per preparare (9’10”) la ripresa - in RE maggiore nel solista - del tema principale e del relativo controsoggetto. Non abbiamo qui, come nell’esposizione, la riproposta del tema nella dominante, ma passiamo direttamente (9’29”) alla scalata dei corni (sempre sul RE) e poi al bizzarro ingresso (9’39”) della fanfara che, invece che dal LA al FA, scende ovviamente dal RE al SIb. Il solista riporta l’ordine (RE maggiore) con veloci discese in croma. Accelerando (9’50”) si arriva finalmente al dunque, con solista e orchestra che si rincorrono più volte prima che sopraggiunga il tutti conclusivo: un accordo perfetto di RE minore!

 

Ecco poi l’Andante, SOL minore, tempo di 6/8 (Siciliana). Lo aprono i primi violini presentando il tema principale, la cui frase chiude sulla dominante RE:

 

Gli rispondono (30”) oboe e fagotto, con un controsoggetto che ci riporta a casa (SOL minore).

 

Adesso (59”) entra il solista, che quasi si limita, scandendo accordi, a sottolineare il ritmo del tema, interroto da due schianti dell’orchestra. Il tema è ripreso (1’27”) da oboe e corno in SIb minore, con il clavicembalo a contrappuntare, seguito da i fiati che chiudono questa prima sezione dell’esposizione.

 

Il secondo tema, in una tonalità eterodossa (LAb maggiore, non la relativa SIb come ci si aspetterebbe) viene esposto (2’07”) da corno inglese e oboe:



e quindi ripetuto e completato anche dal fagotto. Poi si sviluppa (2’34”) su un controsoggetto altrettanto sognante che chiude, passando arditamente per MI, sul MIb maggiore, tonalità dove il tema viene riproposto (3’00”) dal caldo suono dei corni, con il solista ancora a contrappuntare. La melodia viene improvvisamente deformata (3’29”) e porta l’orchestra ad uno schianto dove l’accordo perfetto di SIb maggiore è sporcato dai SOL e SI dei corni!

 

Segue ora, interrotta all’inizio da un nuovo strappo dell’orchestra, una nervosa cadenza del solista, sulla quale si staccano (4’21”) due guizzi del clarinetto, che tocca il RE acuto. Torna il tempo di siciliana e I corni (4’33”) seguiti subito dal solista e quindi da flauti e fagotto riportano la tonalità a RE minore, ma con evidenti dissonanze. Ma ecco (5’22”) apparire improvvisamente nei violini, poi in flauto e oboe, un’oasi in SOL maggiore, dove udiamo riproposto il secondo tema, che poi (5’42”) salta arditamente di una terza, a SI maggiore.

 

Ma la cosa dura poco, poiché (5’54”) il flauto ripropone la melodia tornando a SOL maggiore, dove peraltro ci si sofferma pochissimo, dato che (6’07”) archi, ottoni e fagotto riprendono solennemente il tema scendendo di una terza, a MIb maggiore! Ma la cosa copre si e no due battute, che<è si torna (6’17”) al SOL minore, dove una scalata delle trombe alla seconda abbassata (LAb) dà inizio alla chiusura (6’30”) : flauti, poi oboi, quindi clarinetti e infine il solista reiterano impertinenti e acuti incisi attorno al SOL minore; gli archi lo ribadiscono sommessamente, dopodichè, mentre il secondo corno tiene un lungo SOL, il clavicembalo (6’48”) fortissimo, ribadisce girandogli attorno, il SOL. Ma è un SOL maggiore, che l’orchestra piena ribadisce con il tonfo finale. (Poulenc ha riproposto, specularmente, il trucco già sperimentato nel movimento iniziale: là era RE maggiore che chiudeva in minore, qui è SOL minore che chiude in maggiore.)

 

Infine il Finale, RE maggiorePresto. Il solista attacca subito il primo tema, che qualcuno ha apparentato con quello dell’Aria con variazioni (Il fabbro armonioso) dalla Quinta Suite di Händel:


Poi (20”) ecco la risposta, accompagnata discretamente dagli archi, che poi innescano con il solista un fitto dialogo, con la comparsa di diversi motivi, come quello (40”) di stampo marziale, o l’incedere ostinato (57”) dell’orchestra e lo strappo (1’11”) in SOL minore. Più avanti ecco (1’35”) un altro motivo marziale, in FA, che ricorda la Patetica (3° movimento).

 

Sulla base di questo motivo continua il serrato dialogo fra solista ed orchestra, che porta infine ad un punto cruciale: con l’indicazione Eclatant (2’37”) il solista propone un motivo – di fatto il secondo grande tema - che terrà banco per il resto del movimento. Qui è in MIb maggiore ed ha un sapore allegramente festaiolo:



Altri motivi di sapore marziale si affacciano (2’58”) in MIb e poi (3’17”) in RE maggiore, finchè il tema esposto poco prima dal solista esplode (4’02”, Pesant) in SI maggiore!

 

Allargando subito (4’12”) il solista apre una specie di oasi di calma, tornando al Tempo del 1° movimento e indugiando sull’inciso FA#-RE#, seguito dai corni che brucknerianamente esplorano l’ottava di DO#. Ancora un dialogo fra solista e clarinetti-fagotti e poi si torna (5’09”) all’Allegro giocoso dove il solista reitera il secondo tema, in RE maggiore, poi si abbandona ad una breve cadenza, finchè (5’35”) il secondo tema riesplode nell’orchestra.

 

Ancora (5’58) un intervento interlocutorio del solista, poi (6’18”) il secondo tema ricompare in SOL maggiore e infine (6’26”) in RE maggiore. Il concerto si chiude quindi tornando (6’50”) al Tempo 1° movimento, che ospita la chiusura mesta del solista su lacerti del primo tema; dopo due incisi acuti del flauto, ecco nel clavicembalo l’accordo di RE... indovinate? minore.

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