Poulenc e Ciajkovski sono al centro del concerto di questa settimana, che vede arrivare sul podio dell’Orchestra Sinfonica di Milano un… ragazzino, o poco più, il 23enne finlandese Tarmo Peltokoski, che quando non dirige fa pure il pianista.
Però alla tastiera del primo brano in programma - si tratta del Concert champêtre per clavicembalo (ma anche pianoforte) e orchestra di Francis Poulenc – siede Jean Rondeau, altro men-che trentenne ma già affermato solista.
Poulenc compose il brano nel 1927-28 per la grande Wanda Landowska, che ne fu l’ispiratrice e la prima interprete. Vent’anni più tardi lo incise lui stesso ma, paradossalmente, eseguendolo al pianoforte. E comunque il concerto è concepito (come altri, tipo quello di DeFalla) per essere eseguito su strumenti moderni (tipo i Grand Pleyel) suggeriti e sponsorizzati ai tempi proprio dalla Landowska. Per la cronaca, qui il clavicembalo era moderatamente amplificato, per evitare di essere sommerso dal suono orchestrale.
Pregevolissima l’esecuzione di Rondeau, un vero guru dello strumento, capace di estrarci sonorità che gli sembrerebbero precluse. E poi grande cura ai particolari, compresi i silenzi e le pause e le cadenze: lunga quella a metà del primo movimento, lunghissima quella tenuta proprio alla conclusione.
L’orchestra lo ha supportato al meglio e Peltokoski ha fatto di tutto per non… penalizzarlo troppo, scatenandosi soltanto quando il solista tace, e per il resto lasciandogli sempre il primo piano.
E qui è venuto fuori il
fenomeno: questo ragazzino ha davvero una stoffa eccezionale. A parte mandare
a memoria la sinfonia (cosa non da tutti e che testimonia della cura che pone alla
preparazione) ma Peltokoski (mi) ha veramente stupito per la padronanza e l’autorevolezza
della sua direzione. Gesto ampio, accompagnato da movenze da ballerino, ma
senza mai apparire affettato o pleonastico, anzi, sempre attento alla scansione
dei tempi; attacchi di precisione assoluta, affilati come lame. E infine
capacità (alla sua età!) di cogliere tutti gli aspetti estetici e pure – nel caso
di Ciajkovski - esistenziali dell’opera.
Efficacissimi i mutamenti
di tempo nel primo movimento: quello fra l’introduttivo Adagio e l’Allegro
non troppo; e poi l’improvviso scoppio al passaggio in Allegro vivo:
ma soprattutto straordinario l’effetto ottenuto nella fatale discesa all’inferno,
prima della ripresa dell’Andante, con gli ottoni a scandire la caduta,
di girone in girone, fino all’annichilimento!
Dopo lo sghembo (2+3) walzer dell’Allegro con grazia, proposto precisamente con grazia, ecco la travolgente marcia dell’Allegro molto vivace, chiusa dal ta-ta-ta-taaaa sul SOL, che ha suscitato l’immancabile (peraltro abbastanza isolato) battimani, costringendo forse il Direttore a ritardare un attimo l’attacco del conclusivo Adagio lamentoso. E proprio di lamento si deve parlare, chiuso con la più pessimistica delle visioni esistenziali.
Inutile dire del successo tributato a tutti, ma in particolare al giovin Maestro per questa eccellente proposta.
Seguiamone sommariamente la struttura accompagnati dal grande Trevor Pinnock con la BSO diretta da Seiji Ozawa.
Il primo movimento
ha davvero poco del concerto barocco, e ancor meno di quello classico: la forma
è quasi indecifrabile (per non dire bizzarra): inizia con un’introduzione lenta
(Adagio) che porta all’Allegro molto, dove il solista espone il
tema principale, in RE maggiore. Questo tema viene riproposto - ma assai
variato - da orchestra e solista nella dominante LA maggiore (e qui
effettivamente siamo al barocco). Infine sarà ripreso (in RE, a mo’ di
ricapitolazione) alla conclusione, che però sarà in minore. Ma fra queste
comparse del tema troviamo un… universo di divagazioni, avventure e colpi di
scena: insomma, una fantasia, o un divertimento, più che un movimento di concerto!
Dopo l’introduzione in Adagio, ecco (1’56”) il solista proporre il tema principale, in Allegro molto:
L’orchestra lo accompagna nella risposta, su un controsoggetto,
poi (2’26”, Animez un peu) il solista accelera il tempo e
si esibisce in virtuosistiche volate di crome, in dialogo con l’orchestra. Il
tema principale (2’43”) viene ora riproposto – variato e
mischiato al controsoggetto – nella dominante LA maggiore. Una grandiosa
figurazione di crome ascendenti dei corni (2’56”) poi ripresa dal
solista, introduce un passaggio che conduce inopinatamente (3’08”,
Presser) ad un’enfatica fanfara che scende di una terza, al FA
maggiore, cui il solista pone rimedio riportandoci al LA maggiore che chiude l’episodio.
Ma subito se ne apre un altro (3’26”, Tragique) invero sorprendente, e che sarà interminabile, un’autentica peregrinazione fuori-le-mura: i corni, partendo da un lontano DO# e girando le campane bene in alto, espongono un segnale militaresco:
Cui il solista risponde prontamente, lasciando poi spazio al
clarinetto per una breve melopea interrotta ancora dal solista in modo brusco (4’15”,
Feroce) per riproporre il segnale di cui sopra. Si fa poi viva (4’24”)
anche la tromba, che riprende il segnale (dal SIb) e lo chiude portando a due
schianti dell’orchestra, il secondo (4’31”) sul SI minore.
Tonalità in cui il solista riprende il richiamo eseguendo una
specie di cadenza che porta ad un nuovo schianto orchestrale (4’52”)
cui segue, sempre in SI minore, un lungo passaggio ancora basato sullo sviluppo
dello stesso motivo. La tonalità, nel frattempo, modula a SOL minore, dove
inizia (5’29”) una nuova sezione di questo lungo intermezzo.
Ancora (5’45”) continue modulazioni, a RE minore, MI minore, SI
minore e SI maggiore, finchè un forsennato crescendo (En animant toujours)
dell’orchestra (cui il solista assiste muto e sgomento…) si chiude su un botto (6’24”)
generale di MIb minore (sporcato dai DO di tuba e archi bassi)!
Tutto finito? Nemmeno per idea! Mica si può lasciare a metà il
discorso iniziato e poi interrotto dalla lunga divagazione (fuori tema?) Però
non è nemmeno facile riprenderlo come se nulla fosse, e allora ecco (Très
lent) una nuova ampia introduzione, caratterizzata da un mesto incedere del
solista, fatto di pesanti accordi (2-3-4 note) seguiti, dopo una risposta di
corni e archi bassi, da una melopea del clavicembalo (7’36”, Allargando)
in LA minore, seguita (8’38”) da una nuova irruzione del primo
corno che ripropone – variato e partendo dal LA – proprio il segnale
militaresco che aveva aperto la lunga precedente divagazione.
Ora (8’53”) il tempo torna Subito Allegro molto,
LA maggiore, e solista e orchestra si producono in una transizione dove ancora i
corni (9’06”) sono protagonisti dell’ennesima riproposizione del
segnale militaresco. La chiusa è riservata ad un beffardo accordo di LA minore
inquinato dal tritono DO-FA#.
Ma è solo un modo per preparare (9’10”) la ripresa
- in RE maggiore nel solista - del tema principale e del relativo
controsoggetto. Non abbiamo qui, come nell’esposizione, la riproposta del tema
nella dominante, ma passiamo direttamente (9’29”) alla scalata
dei corni (sempre sul RE) e poi al bizzarro ingresso (9’39”) della
fanfara che, invece che dal LA al FA, scende ovviamente dal RE al SIb. Il solista
riporta l’ordine (RE maggiore) con veloci discese in croma. Accelerando (9’50”)
si arriva finalmente al dunque, con solista e orchestra che si rincorrono più
volte prima che sopraggiunga il tutti conclusivo: un accordo perfetto di
RE minore!
Ecco poi l’Andante, SOL minore, tempo di 6/8 (Siciliana). Lo aprono i primi violini presentando il tema principale, la cui frase chiude sulla dominante RE:
Gli rispondono (30”) oboe e fagotto, con un
controsoggetto che ci riporta a casa (SOL minore).
Adesso (59”) entra il solista, che quasi si
limita, scandendo accordi, a sottolineare il ritmo del tema, interroto
da due schianti dell’orchestra. Il tema è ripreso (1’27”) da oboe
e corno in SIb minore, con il clavicembalo a contrappuntare, seguito da i fiati
che chiudono questa prima sezione dell’esposizione.
Il secondo tema, in una tonalità eterodossa (LAb maggiore, non la relativa SIb come ci si aspetterebbe) viene esposto (2’07”) da corno inglese e oboe:
e quindi ripetuto e completato anche dal fagotto. Poi si sviluppa
(2’34”) su un controsoggetto altrettanto sognante che chiude,
passando arditamente per MI, sul MIb maggiore, tonalità dove il tema viene
riproposto (3’00”) dal caldo suono dei corni, con il solista
ancora a contrappuntare. La melodia viene improvvisamente deformata (3’29”)
e porta l’orchestra ad uno schianto dove l’accordo perfetto di SIb maggiore è
sporcato dai SOL e SI dei corni!
Segue ora, interrotta all’inizio da un nuovo strappo dell’orchestra,
una nervosa cadenza del solista, sulla quale si staccano (4’21”) due
guizzi del clarinetto, che tocca il RE acuto. Torna il tempo di siciliana
e I corni (4’33”) seguiti subito dal solista e quindi da flauti e
fagotto riportano la tonalità a RE minore, ma con evidenti dissonanze. Ma ecco (5’22”)
apparire improvvisamente nei violini, poi in flauto e oboe, un’oasi in SOL
maggiore, dove udiamo riproposto il secondo tema, che poi (5’42”)
salta arditamente di una terza, a SI maggiore.
Ma la cosa dura poco, poiché (5’54”) il flauto
ripropone la melodia tornando a SOL maggiore, dove peraltro ci si sofferma pochissimo,
dato che (6’07”) archi, ottoni e fagotto riprendono solennemente il
tema scendendo di una terza, a MIb maggiore! Ma la cosa copre si e no due
battute, che<è si torna (6’17”) al SOL minore, dove una scalata
delle trombe alla seconda abbassata (LAb) dà inizio alla chiusura (6’30”)
: flauti, poi oboi, quindi clarinetti e infine il solista reiterano impertinenti
e acuti incisi attorno al SOL minore; gli archi lo ribadiscono sommessamente,
dopodichè, mentre il secondo corno tiene un lungo SOL, il clavicembalo (6’48”)
fortissimo, ribadisce girandogli attorno, il SOL. Ma è un SOL maggiore,
che l’orchestra piena ribadisce con il tonfo finale. (Poulenc ha riproposto,
specularmente, il trucco già sperimentato nel movimento iniziale: là era RE maggiore
che chiudeva in minore, qui è SOL minore che chiude in maggiore.)
Infine il Finale, RE maggiore, Presto. Il solista attacca subito il primo tema, che qualcuno ha apparentato con quello dell’Aria con variazioni (Il fabbro armonioso) dalla Quinta Suite di Händel:
Poi (20”) ecco la risposta, accompagnata discretamente
dagli archi, che poi innescano con il solista un fitto dialogo, con la comparsa
di diversi motivi, come quello (40”) di stampo marziale, o l’incedere
ostinato (57”) dell’orchestra e lo strappo (1’11”) in
SOL minore. Più avanti ecco (1’35”) un altro motivo marziale, in
FA, che ricorda la Patetica (3° movimento).
Sulla base di questo motivo continua il serrato dialogo fra solista ed orchestra, che porta infine ad un punto cruciale: con l’indicazione Eclatant (2’37”) il solista propone un motivo – di fatto il secondo grande tema - che terrà banco per il resto del movimento. Qui è in MIb maggiore ed ha un sapore allegramente festaiolo:
Altri motivi di sapore marziale si affacciano (2’58”)
in MIb e poi (3’17”) in RE maggiore, finchè il tema esposto poco
prima dal solista esplode (4’02”, Pesant) in SI maggiore!
Allargando subito (4’12”) il solista apre una specie di oasi di
calma, tornando al Tempo del 1° movimento e indugiando sull’inciso
FA#-RE#, seguito dai corni che brucknerianamente esplorano l’ottava di DO#.
Ancora un dialogo fra solista e clarinetti-fagotti e poi si torna (5’09”)
all’Allegro giocoso dove il solista reitera il secondo tema, in RE
maggiore, poi si abbandona ad una breve cadenza, finchè (5’35”) il
secondo tema riesplode nell’orchestra.
Ancora (5’58) un intervento interlocutorio del solista, poi (6’18”) il secondo tema ricompare in SOL maggiore e infine (6’26”) in RE maggiore. Il concerto si chiude quindi tornando (6’50”) al Tempo 1° movimento, che ospita la chiusura mesta del solista su lacerti del primo tema; dopo due incisi acuti del flauto, ecco nel clavicembalo l’accordo di RE... indovinate? minore.
Nessun commento:
Posta un commento