Come
ormai tradizione consolidata, laVerdi (oh, pardon, l’Orchestra
Sinfonica di Milano) è stata ospitata
dalla Scala (piacevolmente affollata) per inaugurare la nuova stagione
principale.
Terminato
il mandato di Claus Peter Flor a Direttore Musicale (con
promozione a Direttore Emerito…) l’Orchestra è affidata ad una specie di
quadrumvirato: un Direttore in Residenza (Andrey Boreyko); due Direttori
Principali Ospiti (Alondra de la Parra e Jaume Santonja) e un
Direttore dell’Orchestra da Camera (Kolja Blacher).
Ed è
proprio Andrey Boreyko a salire sul podio per
questo concerto inaugurale, aperto da una esecrabile (ahimè) esecuzione del Preludio
dei Meistersinger. Dico, una pesantezza e una grevità così
indisponenti da far apparire Klemperer o Celibidache dei velocisti (solo che loro
tenevano tempi lenti sì, ma senza scadere nel volgare…) E non escluderei che,
paradossalmente, questo approccio sia responsabile anche di alcune evidenti
sfasature emerse qua e là… Insomma, una partenza tutta in salita.
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Ecco
poi il gradito ritorno dei fratelli Lucas&ArthurJussen, che proprio da
questa stagione sono anch’essi in residenza presso l’Orchestra (con la
quale torneranno ad esibirsi il prossimo marzo) per offrirci un pezzo di rara
esecuzione: il Concerto in MI maggiore per due pianoforti di Mendelssohn.
Composto
da un ragazzino 14enne per il compleanno della sorella Fanny (poi rivisto dopo
qualche anno) mostra – al primo ascolto - segni di un certo cerebralismo, o velleitarismo,
tipico dei talenti precoci ma anche dei coraggiosi innovatori… Quindi non meraviglia
se il concerto (assieme al suo fratello minore in LAb, di un anno posteriore)
sia stato escluso dalla pubblicazione da parte dello stesso Autore e poi lasciato
per decenni a riposare in uno scantinato della Biblioteca di Stato di Berlino, colà
dimenticato da tutti. Solo nel secondo dopoguerra fu ripescato e rimesso in (sia pure… limitata) circolazione: e ciò è un bene, poiché un’opera così non
meritava di certo un oblio perenne.
Il
primo movimento (Allegro vivace, 4/4) si caratterizza per una lunga
introduzione della sola orchestra che espone – ben distinguibili - i due temi
principali, nelle tonalità di MI e SI maggiore, reiterando poi il primo. Ora i
due pianoforti aprono la classica (ma qui assai eterodossa) struttura esposizione-sviluppo-ripresa
presentandosi in sequenza e in solitario con grande enfasi (sulla tonica il
primo e sulla dominante il secondo) e con virtuosistici svolazzi di biscrome.
Da qui è tutto un continuo dialogo fra solisti (scatenati in veloci figurazioni)
e orchestra, lungo le tre sezioni del movimento, tutte aperte dai due
interventi solistici, ma dove i due temi esposti nell’introduzione orchestrale
fanno più che altro fugaci comparse. Una stretta di 13 battute chiude
enfaticamente il movimento.
Segue
ora l’Adagio non troppo, 6/8 in DO. Maggiore e minore, tonalità fondanti
delle tre sezioni (A-B-A) del movimento. Qui emerge il Mendelssohn intimistico,
quello delle successive Romanze senza parole, per dire. Dopo
un’introduzione affidata ancora alla sola orchestra, è il primo pianoforte a
condurre praticamente da solo (l’orchestra lo supporta con il massimo rispetto)
l’intera sezione A, caratterizzata da un tema sereno. Per poi cedere la scena
al secondo che a sua volta monopolizza l’attenzione per l’intera sezione B, in
modo minore, esponendo un tema di carattere più riflessivo. I due fratellini?
si riuniscono finalmente per il ritorno al DO maggiore del primo tema.
Da
ultimo ecco – una vera e propria orgia sonora - l’Allegro (MI, 4/4) dove
si ribalta la sequenza di entrate: prima i due pianoforti, poi l’orchestra. La struttura
è una specie di rondo, con il tema ricorrente esposto - dopo una breve
introduzione affidata al primo - dal secondo pianoforte, e poi rimbeccato da due
impertinenti incisi dei fiati. Segue un secondo tema, sempre in MI maggiore,
esposto ancora dal secondo pianoforte, che sfocia in un tutti orchestrale
a preparare la reiterazione enfatica del tema ricorrente. Sempre il secondo
pianoforte propone un nuovo motivo, ancora in MI, che porta al ritorno (riproposto
da entrambi i solisti) del tema ricorrente, ma ora nella dominante SI maggiore.
Dopo una lunga transizione si torna a MI maggiore, con un muovo motivo esposto
(è una costante, questa) dal secondo pianoforte, che ci conduce ad un
intermezzo nella relativa DO# minore. Da qui si torna al motivo ricorrente,
sempre nel secondo pianoforte, che ora avvia una lunga transizione verso una spumeggiante
e altrettanto lunga coda che chiude in gloria il concerto.
I due
fratelli tulip (il maggiore, 29enne Lucas al piano1 e il 26enne Arthur
al piano2) hanno letteralmente dato spettacolo, trascinando il pubblico all’entusiasmo
(come doveva accadere quasi due secoli fa ai fratellini Mendelssohn…) E allora
hanno ricambiato le ovazioni riproponendo qui un bis già eseguito in Auditorium
più di un anno fa, in occasione della loro prima visita sui navigli. ___
Ha chiuso la serata Brahms con la Seconda Sinfonia, che già da tempo
sul sito della Fondazione aveva rimpiazzato (per qualche insondabile ragione)
la Quarta di Ciajkovski originariamente annunciata a maggio e tuttora
presente al sopracitato link della stagione.
Boreyko
qui ha riguadagnato buona parte della (mia) stima, con un’esecuzione rispettosa
del carattere sereno di questa brahmsiana pastorale. Sugli scudi tutto
il pacchetto dei fiati, con gli ottoni poi a chiudere l’Allegro con spirito
in modo davvero spettacolare.
Ora
appuntamento al 29 settembre all’Auditorium con il nuovo Governo per il
primo concerto in abbonamento.