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12 settembre, 2022

laVerdi ha aperto la stagione 22-23

Come ormai tradizione consolidata, laVerdi (oh, pardon, l’Orchestra Sinfonica di Milano) è stata ospitata dalla Scala (piacevolmente affollata) per inaugurare la nuova stagione principale.

Terminato il mandato di Claus Peter Flor a Direttore Musicale (con promozione a Direttore Emerito…) l’Orchestra è affidata ad una specie di quadrumvirato: un Direttore in Residenza (Andrey Boreyko); due Direttori Principali Ospiti (Alondra de la Parra e Jaume Santonja) e un Direttore dell’Orchestra da Camera (Kolja Blacher).

Ed è proprio Andrey Boreyko a salire sul podio per questo concerto inaugurale, aperto da una esecrabile (ahimè) esecuzione del Preludio dei Meistersinger. Dico, una pesantezza e una grevità così indisponenti da far apparire Klemperer o Celibidache dei velocisti (solo che loro tenevano tempi lenti sì, ma senza scadere nel volgare…) E non escluderei che, paradossalmente, questo approccio sia responsabile anche di alcune evidenti sfasature emerse qua e là… Insomma, una partenza tutta in salita. 
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Ecco poi il gradito ritorno dei fratelli Lucas&ArthurJussen, che proprio da questa stagione sono anch’essi in residenza presso l’Orchestra (con la quale torneranno ad esibirsi il prossimo marzo) per offrirci un pezzo di rara esecuzione: il Concerto in MI maggiore per due pianoforti di Mendelssohn.

Composto da un ragazzino 14enne per il compleanno della sorella Fanny (poi rivisto dopo qualche anno) mostra – al primo ascolto - segni di un certo cerebralismo, o velleitarismo, tipico dei talenti precoci ma anche dei coraggiosi innovatori… Quindi non meraviglia se il concerto (assieme al suo fratello minore in LAb, di un anno posteriore) sia stato escluso dalla pubblicazione da parte dello stesso Autore e poi lasciato per decenni a riposare in uno scantinato della Biblioteca di Stato di Berlino, colà dimenticato da tutti. Solo nel secondo dopoguerra fu ripescato e rimesso in (sia pure… limitata) circolazione: e ciò è un bene, poiché un’opera così non meritava di certo un oblio perenne.

Il primo movimento (Allegro vivace, 4/4) si caratterizza per una lunga introduzione della sola orchestra che espone – ben distinguibili - i due temi principali, nelle tonalità di MI e SI maggiore, reiterando poi il primo. Ora i due pianoforti aprono la classica (ma qui assai eterodossa) struttura esposizione-sviluppo-ripresa presentandosi in sequenza e in solitario con grande enfasi (sulla tonica il primo e sulla dominante il secondo) e con virtuosistici svolazzi di biscrome. Da qui è tutto un continuo dialogo fra solisti (scatenati in veloci figurazioni) e orchestra, lungo le tre sezioni del movimento, tutte aperte dai due interventi solistici, ma dove i due temi esposti nell’introduzione orchestrale fanno più che altro fugaci comparse. Una stretta di 13 battute chiude enfaticamente il movimento.

Segue ora l’Adagio non troppo, 6/8 in DO. Maggiore e minore, tonalità fondanti delle tre sezioni (A-B-A) del movimento. Qui emerge il Mendelssohn intimistico, quello delle successive Romanze senza parole, per dire. Dopo un’introduzione affidata ancora alla sola orchestra, è il primo pianoforte a condurre praticamente da solo (l’orchestra lo supporta con il massimo rispetto) l’intera sezione A, caratterizzata da un tema sereno. Per poi cedere la scena al secondo che a sua volta monopolizza l’attenzione per l’intera sezione B, in modo minore, esponendo un tema di carattere più riflessivo. I due fratellini? si riuniscono finalmente per il ritorno al DO maggiore del primo tema.

Da ultimo ecco – una vera e propria orgia sonora - l’Allegro (MI, 4/4) dove si ribalta la sequenza di entrate: prima i due pianoforti, poi l’orchestra. La struttura è una specie di rondo, con il tema ricorrente esposto - dopo una breve introduzione affidata al primo - dal secondo pianoforte, e poi rimbeccato da due impertinenti incisi dei fiati. Segue un secondo tema, sempre in MI maggiore, esposto ancora dal secondo pianoforte, che sfocia in un tutti orchestrale a preparare la reiterazione enfatica del tema ricorrente. Sempre il secondo pianoforte propone un nuovo motivo, ancora in MI, che porta al ritorno (riproposto da entrambi i solisti) del tema ricorrente, ma ora nella dominante SI maggiore. Dopo una lunga transizione si torna a MI maggiore, con un muovo motivo esposto (è una costante, questa) dal secondo pianoforte, che ci conduce ad un intermezzo nella relativa DO# minore. Da qui si torna al motivo ricorrente, sempre nel secondo pianoforte, che ora avvia una lunga transizione verso una spumeggiante e altrettanto lunga coda che chiude in gloria il concerto.

I due fratelli tulip (il maggiore, 29enne Lucas al piano1 e il 26enne Arthur al piano2) hanno letteralmente dato spettacolo, trascinando il pubblico all’entusiasmo (come doveva accadere quasi due secoli fa ai fratellini Mendelssohn…) E allora hanno ricambiato le ovazioni riproponendo qui un bis già eseguito in Auditorium più di un anno fa, in occasione della loro prima visita sui navigli.
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Ha chiuso la serata Brahms con la Seconda Sinfonia, che già da tempo sul sito della Fondazione aveva rimpiazzato (per qualche insondabile ragione) la Quarta di Ciajkovski originariamente annunciata a maggio e tuttora presente al sopracitato link della stagione. 

Boreyko qui ha riguadagnato buona parte della (mia) stima, con un’esecuzione rispettosa del carattere sereno di questa brahmsiana pastorale. Sugli scudi tutto il pacchetto dei fiati, con gli ottoni poi a chiudere l’Allegro con spirito in modo davvero spettacolare.

Ora appuntamento al 29 settembre all’Auditorium con il nuovo Governo per il primo concerto in abbonamento.  

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