intime gioje

chiuder la prigione e buttar la chiave

08 settembre, 2022

Matrimoni alla Scala

Off-topic: tanto per semplificare la vita al pubblico pagante, il Teatro – a partire da questo settembre – si serve di due diversi provider per la vendita (online ma non solo) dei titoli di ingresso:

- Ticket1 per i biglietti (di opera, balletto e concerti);

- Vivaticket per tutti gli abbonamenti.

La piattaforma Vivaticket ritorna quindi (per ora in… concubinaggio) come fornitore del Teatro dopo esserne stata allontanata alcuni anni fa, quando fu sostituita (dopo travagliato passaggio con ripetute false partenze e rinvii) appunto da quella di Ticket1.

Ovviamente le due piattaforme non si parlano e quindi i dati anagrafici (password incluse) vanno aggiornati separatamente a cura dell’utente.

Si stenta a credere che tale Jeff Bezos non abbia ancora messo gli occhi su questo lucroso business, offrendo biglietti e abbonamenti corredati (sinergie sponsorie) da ricche parure per le ladies e preziosi orologi per i gentlemen accompagnatori.
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Dopo soli (!) 42 anni il Teatro ripropone l’opera più famosa di Domenico Cimarosa, Il matrimonio segreto. La prima recita è stata sottratta (senza diritto a sconti, hahaha) agli abbonati delle… prime dall’anticipo al 5 settembre della recita Under30 (programmata in origine come ultima, il 22/9): un po’ come si fa a SantAmbrogio, ecco…

La penultima (a questo punto) recita del dramma giocoso risaliva a venerdi 6 giugno 1980, con la regìa di Lamberto Puggelli e la bacchetta di Bruno Campanella. Dal ‘49 al ’63 la regìa era stata del grande Giorgio Strehler. A partire dal 1955, l’opera era stata ospitata dall’allora nuovissima (e ahinoi defunta nel 1983 e mai abbastanza rimpianta) Piccola Scala.

Il Teatro affida questa ripresa al Progetto Accademia, dando così modo a giovani cantanti e strumentisti di rompere il ghiaccio con il vasto pubblico. L’unico fuori-quota (per le due prime recite) è il veterano Pietro Spagnoli, nei panni del presuntuoso (e pure sordo) padrone di casa. Sul podio (e al continuo) va il collaudato Ottavio Dantone, mentre la regìa è affidata alla parigina - figlia d'arte - Irina Brook.

Pubblico non oceanico, ma abbastanza ben disposto ad apprezzare i futuri talenti sfornati dall’Accademia: tutti i numeri dell’opera (16, esclusi i finali) e la sinfonia hanno ricevuto applausi di consenso, che alla fine si sono ulteriormente irrobustiti.

Personalmente associo tutti i cantanti in un unico giudizio positivo e… incoraggiante, segnalando un mia predilezione per la Carolina di Aleksandrina Mihaylova e il Conte di Jorge Martinez.

Dantone ha guidato da par suo (anche dalla tastiera, affiancata da quella di Eric Foster) i cantanti sul palco e – in buca - l’accademica Orchestra che si è distinta per il suono trasparente e di colore davvero settecentesco, con stilemi e contenuti che richiamano scopertamente Mozart (più che Gluck…) e anticipano il primo Rossini (che emetteva i primi vagiti precisamente 22 giorni dopo il trionfo viennese del Matrimonio…)
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Spettacolo di alto, se non altissimo, gradimento. La Brook (che inspiegabilmente non è uscita - nonostante Spagnoli si sbracciasse a chiamarla - a raccogliere quelli che sarebbero stati meritatissimi applausi) ha proposto un’ambientazione moderna (smartphone e tablet, per dire, con una moderata razione di Kitsch) grazie a scene spartane e costumi appariscenti di Patrick Kimmonth, ben illuminati da Marco Filibeck.  

Qualche… ehm, caduta di stile in un paio di scene osè (per educande) le può essere perdonata. Così come la dubbia efficacia della presentazione - durante l’esecuzione della Sinfonia - di antefatti (vedi il rapporto Paolino-Carolina) o… postfatti (Conte-Elisetta).  

Insomma, a conti fatti mi pare una proposta più che dignitosa per ripartire dopo le ferie: ci aspettano ora una Fedora (dopo 18 anni…) e uno Shakespeare rivisitato in chiave moderna. Poi sarà ancora SantAmbrogio, con Musorgski (CoPaSiR permettendo…)

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