Mentre ancora risuonavano in Auditorium le note del Messiah
eseguito giovedi sera da laBarocca di Ruben Jais, ecco un classico Mozart seguito da due poemi
sinfonici (Sibelius - Strauss) dare forma all’8° concerto della stagione principale dell’Orchestra
Sinfonica di Milano. Sul podio Jaume Santonja, da quest’anno uno dei Direttori
Ospiti dell’Orchestra.
Insieme a lui
entra subito in scena l’israeliano Tom Borrow, ex-bambino-prodigio e giovane speranza del
pianismo internazionale, per inoltrarsi nel complesso groviglio del K488 mozartiano, un concerto invero innovativo nella forma e nei contenuti.
(Una mia personale esplorazione dell’opera – poggiante su un’esecuzione della
coppia Horowitz-Giulini alla Scala - si può leggere qui, inserita in un commento ad un concerto de laVerdi
del 2015.)
Borrow – a dispetto dell’età o proprio a causa di
essa – è tanto perfetto tecnicamente quanto algido emozionalmente: il suo
Mozart scorre senza un’increspatura, ma quasi roboticamente, ecco. Gli applausi
non sono mancati, certo, perché Mozart accontenta sempre. C’è da dire che il
pubblico ieri era proprio scarsino (c’è chi dice a causa dello sciopero dei
mezzi pubblici) e forse il ragazzo si è un filino deconcentrato: fatto sta che
non ci ha nemmeno regalato un bis…
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La seconda
parte della serata è occupata, come detto, da due poemi sinfonici, di
fatto due opere prime (o quasi…) nel genere reso famoso da Franz
Liszt.
Il primo è En Saga, composto in origine da un 27enne Jan Sibelius nel 1892, ma poi
riveduto, corretto e… ristretto (-142 battute su 952) 10 anni più tardi (guarda
caso, dopo aver ascoltato Strauss dirigere il suo Don Juan!) e da allora
entrato in quest’ultima versione nei repertori delle principali orchestre. La
versione originale è stata riportata alla luce da poco, e si può ascoltare – anche
per compararla alla seconda – in questa
incisione finnica che le presenta entrambe. Volendo, si può andare
ancor più indietro, e ascoltare il Settetto (frutto peraltro di una contestata ricostruzione americana) che fu
verosimilmente il primo germoglio della composizione.
Il titolo
dell’opera resta un mistero: letteralmente si tratta di una storia, o di una
leggenda, o di un’avventura, ma Sibelius si rifiutò sempre di esplicitare un
programma extra-musicale per la sua composizione (siamo all’eterno dilemma
dell’estetica musicale, che si perpetua da Hanslick, come minimo, in
poi…) Peraltro (vedi Mahler) nel corso degli anni ne lasciò immaginare
addirittura un paio (!): il DNA della Finlandia e le saghe islandesi (Saemund
& Snorri, per intenderci). Ma ogni volta poi concluse (ancora seguendo
Mahler) che questa musica altro non esprime se non ciò che è inesprimibile con
segni o parole (per citare Goethe: Das Unbeschreibliche, Hier ist’s getan):
sensazioni interiori e stati d’animo o stati della
mente del compositore.
Sì, però:
siamo sicuri che l’ascolto di queste note ingeneri in noi precisamente le
stesse sensazioni e gli stessi stati mentali (entrambi a noi ignoti) che
spinsero Sibelius a vergarle, quelle note? Mah, visto che nemmeno l’Autore ci
può e vuole aiutare a raggiungere l’obiettivo, che possiamo fare? Forse ci
conviene – ancora una volta – abbandonarci alla musica senza pregiudizi, per
sentire… l’effetto che fa sulle nostre corde interne: certo, scoprendone
allo stesso tempo, se esiste, una narrativa, un racconto (per
l’appunto, una… saga?) che ha per protagonista non un eroe o un ideale,
o gli stati d’animo del compositore, ma solo i temi, i motivi
musicali che ricorrono all’interno del brano.
E quest’opera
giovanile di Sibelius si fa apprezzare proprio per la ricchezza dei temi e per
il racconto di cui essi sono protagonisti. Proviamo ad esplorarla
sommariamente - osservando la partitura - in questa incisione di Ashkenazy con la Philharmonia. Qui segue
una raccolta dei principali temi e motivi dell’opera:
L’introduzione
(Moderato assai) ci porta all’orecchio sommessi arpeggi degli archi
sulla scala di LA minore, mentre i violini primi tremolano la quinta
vuota LA-MI: su questo tappeto sonoro un fagotto e i corni espongono un
classico lamento (motivo-A, MI-FA-MI-FA…)
A 20” appare nei legni un nuovo motivo-B in DO maggiore, dalla natura ostinata,
che viene interrotto (41”) da un’irruzione sul LAb dei flauti, reiterata poco dopo (53”) in presenza, nella tromba, del motivo-C, che anticipa le
caratteristiche di attacco dei due primi temi. E in effetti i tre motivi esposti
finora diventeranno germogli, per così dire, di temi o incisi che riappariranno
nel corso del brano.
A 1’11” gli archi riprendono ad arpeggiare, passati adesso in DO# minore, preparando in
questa tonalità l’arrivo (1'19") nel fagotto e archi bassi del Tema-1, dall’aspetto mesto e
dolente. L’atmosfera si ravviva (1’54”) con quattro battute di improvviso crescendo e stringendo dell’orchestra,
in cui spiccano saltellanti semiminime dei flauti, che ci portano a RE minore (o
al modo dorico) introdotto (2’01”) da altri arpeggi degli archi. Si è così preparato il terreno per l’entrata
(2’10”) del Tema-2 in corni e celli; questo tema mutua dal Tema-1,
trasponendola in alto di un semitono, tutta la prima parte, per poi svilupparsi
ulteriormente (2’26”) accompagnato ancora dalle saltellanti semiminime di tutti i legni. Ritroveremo verso la fine questo tema in posizione
preminente. Un
nuovo crescendo e stringendo (2’51”) è interrotto inopinatamente (2’58”) con la ripresa del tempo precedente, che però porta ora ad una rapida transizione
che prepara il passaggio al tempo Allegro (3’21”).
Siamo tornati –
momentaneamente – al DO maggiore, ed ascoltiamo, in clarinetti e primi violini,
il nuovo Tema-3, che mutua l’incipit e poi lo sviluppo precisamente dalla seconda frase del Tema-2. Si
passa a DO minore (3’40”) per lo sviluppo del tema, che (4’16”) innesca negli archi una rapida scalata che porta (4’20”) all’arrivo del Tema-4, esposto dalla prima viola. Esso si
caratterizza per riprodurre al suo interno un arco di note mutuato (trasposto)
dal motivo-B dell’Introduzione. Spentosi il Tema-4, ecco comparire
prepotentemente (5’12”) negli archi il Tema-5, subito sviluppato dai legni e poi reiterato dagli ottoni e chiuso
perentoriamente.
Ora tocca al Tema-4 tornare (6’30”) in primo piano,
sottoposto poi ad altri consistenti sviluppi. A 7’54” sembra di piombare nella nebbia più fitta: i soli archi, suonando in tremolo
sul ponticello, evocano una specie di indistinto ronzio, dal quale si
esce (8’14”) ritrovandoci
inaspettatamente in SOL# minore: dove (8’21”) torna ad imperversare il Tema-5. Che poi (8’47”) svaria in MI minore
per preparare il ritorno (8’56”) al DO minore, dove il tema viene reiterato, prima di cominciare a
spegnersi (9’21”) quasi sfaldandosi progressivamente. Ora è il Tema-4 a dare gli ultimi
sussulti (9’46”) nei violini e poi nelle viole, contrappuntate dai legni, poi ancora (10’14”) in violini e viole;
sussulti che non arrestano tuttavia
l’inevitabile collasso del tema. Adesso è il Tema-5 a tornare mestamente
nell’oboe (10’44”) e poi nel flauto (11’15”) che, scortati dal clarinetto, ne testimoniano la fine. Otto battute
degli archi (12’24”, Lento assai) e quattro del corno ne siglano la sepoltura, poi (13’05”) negli archi, quindi
nel corno, si conclude il compianto.
Tutto finito? Non proprio: come dice Macbeth,
dopo la visione di Banqo? La vita riprendo… Ecco, anche qui (13’39”) si ricomincia a
vivere. È l’oboe (Moderato) a riprendere l’arco sonoro della terza
battuta del Tema-5 e ad innescare un progressivo crescendo culminante in
un fragoroso tutti orchestrale che salta dal MIb al DO minore e prepara
(Allegro molto) l’ingresso trionfale dei corni (14’17”) sul Tema-2. Che
si sviluppa poderosamente culminando (14’49”) nell’esposizione, in DO maggiore, di una variante (Tema-2b)
della seconda sezione del tema originale, variante che evoca sogni (sfumati?)
di gioventù. L’orgia sonora prosegue fino ad interrompersi bruscamente (15’51”) per poi
spegnersi sul MIb.
Moderato e
tranquillo: è il clarinetto solo a scrivere (16’25”) sul Tema-2 accompagnato dal motivo-A negli archi, un
epitaffio in MIb minore, dove però ricorre (17’33”) la variante, ora patetica (Tema-2b) in modo maggiore. Infine (18’16”) sono i violoncelli (poi solo il primo) a riprendere sommessamente il Tema-4,
sul MIb minore di clarinetto e archi, con il timpano a finire (quasi niente)
sul morendo degli archi.
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Adesso che lo conosciamo un po’ meglio, potremmo
anche azzardare una descrizione sommaria della macro-struttura del brano: che
si apre con un’Introduzione cui segue l’Esposizione dei 5 temi
principali (Tema-1 e Tema-2 sempre in Moderato assai; Tema-3, Tema-4 e
Tema-5 in Allegro); quindi Tema-4 e Tema-5 sono sottoposti ad uno Sviluppo
che si chiude sul Lento assai. Segue (Moderato, poi Allegro
molto) una grandiosa Ripresa del Tema-2 (con Tema-2b). Infine la
mesta Coda, con il Tema-2 e poi il Tema-4.
Che dire, un racconto musicale godibile, costruito
con sapienza e ispirazione, che Santonja ha cercato di valorizzare, mettendone
in risalto i contrasti, fra le zone di quasi-silenzio degli archi e le esplosioni
degli ottoni. Certo, è difficile trasformare un buon-lavoro in un…
capo-lavoro.
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Come è invece Don Juan, composto da Richard Strauss (nato 18 mesi prima del collega
finnico) a soli 24 anni. Qui, almeno sulla carta, rispetto a Sibelius le cose
sono un po’ meno equivoche, poiché il titolo dell’opera non lascia adito a
dubbi: Strauss intende programmaticamente proporci la sua musicale visione
della personalità del burlador (versione Lenau, peraltro). Del
quale sbozza in altrettanti temi musicali il piglio scanzonato e irriverente,
le pulsioni della libido e gli slanci ideali.
Dopodichè
starà pur sempre a noi giudicare la riuscita del suo sforzo compositivo: e
decideremo se apprezzarlo per la coerenza della musica con il soggetto
ispiratore, oppure (come alla fine magari accade) semplicemente per l’irresistibile
fascino che da quella musica emana, del tutto indipendentemente dalla presenza
di (e dalla fedeltà a) quel medesimo soggetto ispiratore…
E chissà che
non scopriamo che dietro, o sotto, la crosta dello spunto extra-musicale esiste
in realtà un rigoroso impianto formale (esposizione e sviluppo dei temi)
che regge l’intera costruzione.
Grande
prestazione dell’Orchestra, che in questo repertorio ha pochi rivali. Santonja ha
saputo cavarne il meglio, assecondato dalle prime parti che hanno qui ruoli da
protagonista. Per lui applausi convinti anche da parte di Dellingshausen&Co.