intime gioje

chiuder la prigione e buttar la chiave

04 dicembre, 2022

Oggi è in arrivo a Milano Бори́с Фёдорович Годуно́в

Questa sera i diversamente anziani terranno a battesimo il contestato Boris Godunov, fatto oggetto settimane fa dell’operazione-culturale-speciale di Kyiv, fortunatamente sventata sul nascere dagli eroici resistenti scaligeri.

Poi ci sarà la kermesse di SantAmbrogio e, dal 10, si comincerà a… fare sul serio. Quindi prepariamoci a dovere, cercando intanto di chiarirci su che cosa andremo a vedere e ascoltare.

Sì, perchè è facile dire Boris Godunov, ma è come dire formaggio-grana: ma sarà grana-padano o parmigiano-reggiano? O per caso una mescolanza dei due, ottenuta in laboratorio dalle abili mani di qualcuno che – magari in perfetta buona fede – pretende di migliorare le innate qualità dei due prodotti originali? 

La domanda non ha come scopo di stilare la classifica fra i famosi prodotti (genuini o manipolati) delle nostre premiate e ben foraggiate vacche (ciascuno ha il diritto di stilarne una sua propria…) ma semplicemente di sapere in anticipo – per approfondirne i contenuti allo scopo di goderne al meglio - quale delle leccornie ci apprestiamo ad assaporare, avendo ciascuna di esse (naturali o manipolate che siano) caratteristiche peculiari e inconfondibili.

In sostanza: in circolazione – escludendo elaborazioni più o meno cervellotiche di sedicenti addetti-ai-lavori – troviamo tre diverse versioni dell’opera: due di propria mano di Musorsgki (chiamiamole Boris-1 e Boris-2, rispettivamente datate 1869 e 1872) e una terza, ottenuta dalla rielaborazione del Boris-2, di Rimski-Korsakov (perfezionata nel 1908). Per gran parte del ‘900 è stata proprio la versione-Rimski l’unica ad essere rappresentata, in attesa che qualche solerte studioso riportasse alla luce le due versioni originali dell’Autore. (Un mio modesto contributo a chi voglia raccapezzarsi nel ginepraio delle versioni e delle loro differenti impostazioni è leggibile qui.)

Nel 2002 - precedente presenza dell’opera alla Scala (all’Arcimboldi, per la verità) - fu presentato l’allestimento del Mariinski, diretto da quel pericoloso putiniano che risponde al nome di Valery Gergiev, allora reduce dall’aver messo per primo sul mercato le due versioni originali (1869-1872) del formaggio-grana Boris, ricostruite a partire dalle edizioni critiche di Lamm (1929) e Lloyd-Jones (1975).

E, come allora, anche oggi è la prima versione dell’opera (Boris-1, del 1869) ad essere rappresentata, a cura della premiata coppia Chailly-Holten. A chi vuol apprezzare entrambe le versioni dirette da Gergiev senza spendere un centesimo basterà entrare in rete e mettersi comodo. E sempre in rete si trovano diverse registrazioni della versione spuria di Rimski.

Dato però che anche il Boris-1 di Gergiev presenta qualche deviazione rispetto all’originale di Musorsgki, consiglio ai puristi questa edizione svedese (diretta da Kent Nagano) che mi pare del tutto fedele alla lettera, oltre che allo spirito, dell’originale.  
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Questa immagine, invero assai cruda, che accompagna la locandina dello spettacolo e sta facendo un certo scalpore, ritrae il piccolo Dimitri, fatto uccidere per sgozzamento da Boris – così lo storico Karamzin cui si ispirò, via Puškin, Musorgski - alla tenera età di 7 anni, allo scopo di toglier di mezzo un potenziale concorrente nella corsa al trono.

È precisamente il personaggio invisibile (ma che il regista renderà visibilissimo, a scanso di equivoci) che occupa in permanenza la mente dello zar, fino a condurlo sulla soglia della pazzia e, in definitiva, alla morte. È proprio la tormentata figura dello zar alle prese con il governo di una realtà sociale caratterizzata da disperazione e fatalismo autodistruttivo che sta al cuore di questa prima versione del Boris. (La seconda farà invece emergere, in contrasto con l’incurabile crisi dello zar, un ruolo più consapevole e determinato del popolo russo, alla confusa ricerca di riscatto e libertà.)

Ecco, staremo a vedere e sentire, prima dalla TV e poi dal vivo.

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