Questa sera i diversamente
anziani terranno a battesimo il contestato Boris Godunov,
fatto oggetto settimane fa dell’operazione-culturale-speciale di Kyiv,
fortunatamente sventata sul nascere dagli eroici resistenti scaligeri.
Poi ci sarà la kermesse di SantAmbrogio e, dal 10, si comincerà a… fare sul serio. Quindi prepariamoci a dovere, cercando intanto di chiarirci su che cosa andremo a vedere e ascoltare.
Sì, perchè è facile dire Boris Godunov, ma è come dire formaggio-grana: ma sarà grana-padano o parmigiano-reggiano? O per caso una mescolanza dei due, ottenuta in laboratorio dalle abili mani di qualcuno che – magari in perfetta buona fede – pretende di migliorare le innate qualità dei due prodotti originali?
La domanda non ha come scopo di stilare la classifica fra i famosi prodotti (genuini o manipolati) delle nostre premiate e ben foraggiate vacche (ciascuno ha il diritto di stilarne una sua propria…) ma semplicemente di sapere in anticipo – per approfondirne i contenuti allo scopo di goderne al meglio - quale delle leccornie ci apprestiamo ad assaporare, avendo ciascuna di esse (naturali o manipolate che siano) caratteristiche peculiari e inconfondibili.
In sostanza: in circolazione – escludendo elaborazioni più o meno cervellotiche di sedicenti addetti-ai-lavori – troviamo tre diverse versioni dell’opera: due di propria mano di Musorsgki (chiamiamole Boris-1 e Boris-2, rispettivamente datate 1869 e 1872) e una terza, ottenuta dalla rielaborazione del Boris-2, di Rimski-Korsakov (perfezionata nel 1908). Per gran parte del ‘900 è stata proprio la versione-Rimski l’unica ad essere rappresentata, in attesa che qualche solerte studioso riportasse alla luce le due versioni originali dell’Autore. (Un mio modesto contributo a chi voglia raccapezzarsi nel ginepraio delle versioni e delle loro differenti impostazioni è leggibile qui.)
Nel 2002 -
precedente presenza dell’opera alla Scala (all’Arcimboldi, per la verità) - fu
presentato l’allestimento del Mariinski, diretto da quel pericoloso putiniano
che risponde al nome di Valery Gergiev,
allora reduce dall’aver messo per primo sul mercato le due versioni
originali (1869-1872) del formaggio-grana Boris, ricostruite a
partire dalle edizioni critiche di Lamm (1929) e Lloyd-Jones
(1975).
E, come allora, anche oggi è la prima versione dell’opera (Boris-1, del 1869) ad essere rappresentata, a cura della premiata coppia Chailly-Holten. A chi vuol apprezzare entrambe le versioni dirette da Gergiev senza spendere un centesimo basterà entrare in rete e mettersi comodo. E sempre in rete si trovano diverse registrazioni della versione spuria di Rimski.
Questa immagine, invero assai cruda, che accompagna la locandina dello spettacolo e sta facendo un certo scalpore, ritrae il piccolo Dimitri, fatto uccidere per sgozzamento da Boris – così lo storico Karamzin cui si ispirò, via Puškin, Musorgski - alla tenera età di 7 anni, allo scopo di toglier di mezzo un potenziale concorrente nella corsa al trono.
È precisamente
il personaggio invisibile (ma che il regista renderà visibilissimo, a scanso di
equivoci) che occupa in permanenza la mente dello zar, fino a condurlo sulla
soglia della pazzia e, in definitiva, alla morte. È proprio la tormentata
figura dello zar alle prese con il governo di una realtà sociale caratterizzata
da disperazione e fatalismo autodistruttivo che sta al cuore di questa prima
versione del Boris. (La seconda farà invece emergere, in contrasto con l’incurabile
crisi dello zar, un ruolo più consapevole e determinato del popolo russo, alla confusa
ricerca di riscatto e libertà.)
Ecco, staremo a vedere e sentire, prima dalla TV e poi dal vivo.
Nessun commento:
Posta un commento