Prima del concerto, un prologo con due
dedicatari: Ruben Jais ha portato le felicitazioni di tutta laVerdi al Presidente Emerito Gianni
Cervetti, insignito di fresco della massima onorificenza del Comune
meneghino: l’Ambrogino d’Oro! Poi
Franco Iacono (Presidente del Comitato che celebra i 100 anni dalla morte di Enrico
Caruso) ha ringraziato la Fondazione per aver dedicato alla ricorrenza
il concerto di ieri, affiancandosi all’iniziativa del Teatro alla Scala che il
17 aveva tenuto un convegno sul grande tenore napoletano.
Il concerto di questa settimana vede il gradito ritorno sul podio di Zhang Xian, la cinesina-americana (oggi a capo della NewJersey Symphony) che guidò l’Orchestra per molti anni, dal 2009 al 2016, essendone quindi divenuta Direttore Emerito.
Programma di classica impaginazione, aperto da Mother and Child, per archi, di William Grant Still, prolifico compositore afroamericano del ‘900. Si tratta di una trascrizione per orchestra d’archi del secondo movimento della Suite per violino e pianoforte del 1943, ispirata a tre sculture moderne esposte in musei di NewYork, SanFrancisco e Washington rispettivamente.
Il breve brano, 7 minuti all’incirca, che la Xian ha già interpretato più volte in America, ha il sapore di una ninna-nanna sulla quale una madre culla il pargolo, una sognante melodia che dal MI maggiore d’impianto (tonalità quanto mai appropriata allo scenario) modula verso la sottodominante LA; poi ecco un motivo che dal MI minore modula alla relativa SOL e al DO, prima del ritorno a... nanna, con la chiusa sospesa sulla sopratonica FA#. Chissà se Xian ha scelto di proporre anche a Milano questo brano per ricordare le due maternità che lei portò felicemente (e un po’ anche... avventurosamente) a termine proprio qui sui Navigli.
Ecco poi una vera primizia: il Concerto
per violino (op.5, n°1) di Joseph
Boulogne, compositore del ‘700 noto come il Mozart nero, essendo lui figlio di un latifondista-colonialista francese
e di una senegalese deportata come schiava in Guadalupa. A Parigi fece fortuna
come spadaccino e come musicista (dapprima al clavicembalo e al violino e poi
sul podio di direttore, con tanto di sciabola brandita al posto della
bacchetta!)
Marc Bouchkov, trentenne franco-belga di origini russe (come lascia intendere il cognome) è l’interprete di questo brano che effettivamente poco ha da invidiare a quelli del Teofilo... giovane, al quale potrebbe benissimo essere attribuito. Lui per prudenza (evidentemente questo lavoro ancora non lo ha stabilmente in repertorio) si tiene davanti lo spartito, cui peraltro dedica solo qualche sporadica occhiata. Ne esce un’esecuzione di grande leggerezza, impreziosita da pregevoli virtuosismi e ben assecondata dal discreto accompagnamento dell’orchestra.
Chiude il concerto la Quarta
di Beethoven. Immeritatamente
relegata fra le minori (come le sue
altre tre pari) nel panorama
beethoveniano. Certo, dopo la terrificante novità dell’Eroica, con il suo precipitare in-medias-res
fin dalla prima battuta, questa sinfonia pare retrocedere (come del resto la seconda e anche la prima) diciamo di un paio di lustri per uniformarsi
all’imparruccato Josephus (Haydn) con
quella lunga introduzione lenta all’Allegro
di apertura.
In realtà non mancano le innovazioni, a partire dal Minuetto che (sulla scia dell’Allegro vivace dell’Eroica) anticipa già le fattezze dello Scherzo che diventerà da lì in avanti uno standard nella struttura della sinfonia.
La Xian - che già aveva diretto la Sinfonia qui un paio di volte, proprio all’inizio e alla fine del suo direttorato - ha confermato il suo approccio: massima concisione (ignorati i ritornelli nei due movimenti esterni) ed esaltazione dei chiaroscuri nelle dinamiche (cito ad esempio gli strappi dominante-tonica nell’Adagio). L’Orchestra ha risposto alla grande, con un’esecuzione che ha trascinato il pubblico all’entusiasmo.
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