Leggo oggi sul Il Manifesto una breve intervista a Luca Francesconi, nuovo Direttore artistico della Biennale di Venezia (sezione musica).
Spiega il premio alla carriera per Helmut Lachenmann, conferitogli perchè “...diversamente si asseconderebbe il paleomodernismo post-Lachenmann, che in Europa esiste soprattutto negli enclave di incompetenti, in cui si pensa ancora che quanto più si punti sul difficile, tanto più si eviti di sbagliare.”
Sul sito della Biennale troviamo le motivazioni del premio:
“Amatissima e controversa, la musica di Helmut Lachenmann ha avuto ed ha una grande influenza sui compositori di almeno due generazioni. La concezione molto radicale e utopica a un tempo di un suono disseccato, spogliato di peso semantico fino a raggiungere uno stato che si può definire "minerale", ha emblematicamente siglato le estreme conseguenze dell'avanguardia musicale strutturalista. Ma contemporaneamente, e questo è l’aspetto forse più interessante e anche sorprendente, ha aperto un nuovo mondo sonoro forzando provocatoriamente i limiti della percezione. Nata da una concezione negativa dell'orizzonte semantico, ha infine dischiuso una nuova idea di linguaggio e, per così dire, una nuova forma di “verginità” della materia sonora.”
E Lachenmann stesso afferma:
“In un’epoca in cui siamo circondati da musica in eccesso, la nostra facoltà di ascolto deve misurarsi sia con troppa complessità che con troppa banalità, e regolarsi di conseguenza. Il nostro compito oggi è quello di liberare questa facoltà penetrando al fondo della struttura di ciò che sentiamo. L’ascolto deve diventare percezione, deve essere deliberatamente dissotterrato, portato alla luce, provocato. Questa, secondo me, è la vera tradizione dell’arte occidentale.”
Risultato? Ce lo spiega lo stesso Francesconi:
“Tutto ciò che abbiamo fa parte di un retaggio addirittura ottocentesco e non può passare attraverso il filtro del terzo millennio. Penso alle grandi orchestre sinfoniche: siamo sicuri che riusciremo a trasbordarle, con i costi e l’interesse che hanno? Non vorrei essere pessimista, ma forse avremo tre orchestre in tutta Europa, con un repertorio di una ventina di pezzi al massimo a mo’ di museo, visto che l’unico valore “fondante” sembra essere il profitto.”
Spiega il premio alla carriera per Helmut Lachenmann, conferitogli perchè “...diversamente si asseconderebbe il paleomodernismo post-Lachenmann, che in Europa esiste soprattutto negli enclave di incompetenti, in cui si pensa ancora che quanto più si punti sul difficile, tanto più si eviti di sbagliare.”
Sul sito della Biennale troviamo le motivazioni del premio:
“Amatissima e controversa, la musica di Helmut Lachenmann ha avuto ed ha una grande influenza sui compositori di almeno due generazioni. La concezione molto radicale e utopica a un tempo di un suono disseccato, spogliato di peso semantico fino a raggiungere uno stato che si può definire "minerale", ha emblematicamente siglato le estreme conseguenze dell'avanguardia musicale strutturalista. Ma contemporaneamente, e questo è l’aspetto forse più interessante e anche sorprendente, ha aperto un nuovo mondo sonoro forzando provocatoriamente i limiti della percezione. Nata da una concezione negativa dell'orizzonte semantico, ha infine dischiuso una nuova idea di linguaggio e, per così dire, una nuova forma di “verginità” della materia sonora.”
E Lachenmann stesso afferma:
“In un’epoca in cui siamo circondati da musica in eccesso, la nostra facoltà di ascolto deve misurarsi sia con troppa complessità che con troppa banalità, e regolarsi di conseguenza. Il nostro compito oggi è quello di liberare questa facoltà penetrando al fondo della struttura di ciò che sentiamo. L’ascolto deve diventare percezione, deve essere deliberatamente dissotterrato, portato alla luce, provocato. Questa, secondo me, è la vera tradizione dell’arte occidentale.”
Risultato? Ce lo spiega lo stesso Francesconi:
“Tutto ciò che abbiamo fa parte di un retaggio addirittura ottocentesco e non può passare attraverso il filtro del terzo millennio. Penso alle grandi orchestre sinfoniche: siamo sicuri che riusciremo a trasbordarle, con i costi e l’interesse che hanno? Non vorrei essere pessimista, ma forse avremo tre orchestre in tutta Europa, con un repertorio di una ventina di pezzi al massimo a mo’ di museo, visto che l’unico valore “fondante” sembra essere il profitto.”
Ecco, appunto.
1 commento:
Le cose dette da Francesconi sono vecchie di almeno cinquant´anni,visto che il discorso sulle orchestre museo si faceva giá ai tempi di Darmstadt.Quanto alla musica di Lachenmann,la conosco abbastanza bene e per me non vale un centesimo rispetto,per esempio,a Kurtag,Wolfgang Rihm o Jorg Widmann.
Ciao
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