Dopo
il Requiem verdiano, ecco un’altra specie di requiem occupare l’intero
programma
del concerto dell’Orchestra Sinfonica di Milano. Trattasi della cupa e funerea Sinfonia
n° 11 (1957) di Dmitry Shostakovich.
Sul podio dell’Auditorium esordisce uno yankee dal cognome italico, Case Scaglione, 42enne texano (da Houston, dove per combinazione la Sinfonia fu eseguita in prima americana da Stokowski nel 1958). Dopo aver fatto gavetta in USA (fra l’altro è stato Direttore assistente alla prestigiosa NY Philharmonic) è approdato in Europa, dove è attualmente Direttore – dal 2019 - dell’Orchestre Nationale de l’Ile de France. Il suo nome si aggiunge così a quelli di Xian, Axelrod, Treviño e de la Parra, la pattuglia di Direttori di scuola americana che negli ultimi anni hanno calcato con successo il podio di Largo Mahler.
Il lavoro fu sollecitato a Shostakovich dalle Autorità sovietiche per rievocare i 40 anni della Rivoluzione d’Ottobre, ma il compositore (che in gioventù già vi aveva dedicato la Seconda Sinfonia… e solo più tardi le dedicherà la 12ma) preferì mutarlo nel ricordo di quella che va sotto il nome di prima Rivoluzione russa, quella del 1905, come recita il sottotitolo dell’opera.
Rivoluzione che in realtà altro non fu se non la brutale e sanguinosa repressione di una pacifica dimostrazione di proletari (operai e contadini) rei soltanto di voler presentare allo Zar Nicola II una petizione dove si chiedeva al sovrano di alleviare le sofferenze del popolo, legate a guerre e perduranti carestie. Repressione che certo aprì la strada al formarsi del movimento propriamente rivoluzionario che portò all’Ottobre 1917. Ecco, di questo antefatto e delle prospettive da esso create tratta programmaticamente il lavoro.
Come altre composizioni di Shostakovich, anche questa ha sollevato dubbi, discussioni e controversie a causa di presunti suoi reconditi significati, soprattutto a livello politico. Si tenga presente che il padre del compositore, Dmitry Boleslavich, nel 1905 si trovava proprio in mezzo alla folla di pacifici dimostranti caricata dai cosacchi dello Zar Nicola II, scampando miracolosamente al massacro. E al figlio, nato l’anno seguente, non mancò di fare dettagliati resoconti di quei luttuosi fatti.
Ecco perché il lavoro - venuto alla luce quando ancora non si era spenta l’eco dello sferragliare dei cingoli dei tank sovietici nelle vie di Budapest - con i suoi espliciti riferimenti alle violenze dell’esercito zarista contro i manifestanti del 1905 fu (ed è ancor oggi) inevitabilmente interpretato anche come sotterranea condanna dei fatti di Ungheria. Ma il regime sovietico del disgelo fece finta di nulla (o di non capire…) e insignì il compositore del Premio Lenin!
I quattro classici movimenti (da eseguire sempre con… attacca) in cui si articola la Sinfonia recano altrettanti sottotitoli, tali da farli assimilare quasi a tappe di un poema sinfonico, che evocano precisamente, come da sottotitoli apposti dall’Autore, il prima, il durante, e il dopo di quella sanguinosa giornata.
Vi compaiono, citati più o meno alla lettera, molti (almeno nove) canti popolari russi di fine ’800 – inizio ‘900, riferibili a rivolte e speranze delle masse proletarie. Certo, a noi non russi che ne ignoriamo l’esistenza e il significato possono anche dire poco, ma la maestria con cui Shostakovich li impiega produce sempre un effetto musicale straordinario.
1.
La Piazza del Palazzo (…d’Inverno, SanPietroburgo; Adagio): siamo
in un’atmosfera algida e spettrale, in cui pare di avvertire il disagio e il
malcontento del popolo che, affamato da guerre e carestie, si è dato
appuntamento quel fatale 9 gennaio (22 per il nostro calendario) divenuto
famoso come Domenica di sangue, per implorare lo Zar ad ascoltare il suo
lamento.
Inframmezzati da squilli di trombe e corni che evocano il sopraggiungere delle forze dell’ordine, abbiamo la citazione di tre canti popolari russi dell’epoca pre-bolscevica: Ascoltate, Il prigioniero, e Signore, abbi misericordia di noi.
2. Il 9 Gennaio (Allegro): rievoca lo sviluppo di quella giornata, citando nella prima parte brani dai Poemi su canti rivoluzionari, già musicati da Shostakovich anni addietro: O Zar, nostro piccolo padre, e poi Scopritevi il capo.
Il
suono cresce progressivamente, quasi a descrivere l’ammassarsi (a ondate
successive e sempre più esaltate) nella piazza della folla che aspetta invano
un riscontro dallo Zar, che invece aveva già abbandonato il Palazzo, temendo il
peggio, e ordinando ai servizi di guardia di disperdere la manifestazione. È un’ondata
musicalmente evocata da un tempo ternario, che ben rappresenta l’ondeggiare di
questa eterogenea massa di poveracci.
Dopo un ritorno del tema che aveva aperto la Sinfonia, eccoci quindi all’evocazione del massacro perpetrato dai cosacchi sugli inermi dimostranti, presi vigliaccamente a fucilate, inclusi bambini saliti sugli alberi e ammazzati come piccioni (!)
Su un tempo binario, tipicamente marziale, i tamburi militari sottolineano l’arrivo dei soldati; poi si odono i colpi secchi delle armi da fuoco, ma anche suoni martellanti, che ricordano lo spaventevole procedere di mezzi corazzati (il che fa effettivamente pensare alla Budapest del 1956…) Finita la carneficina, restano sulla neve i corpi e il sangue di morti e feriti e il tema di apertura della Sinfonia suggella mestamente l’uscita di scena dei militari, accompagnati dai rulli dei tamburini e da due ultimi, spettrali squilli di tromba. .
3. Memoria eterna (Adagio): è un nobile Requiem, che rende onore agli innocenti caduti (Voi cadeste da vittime, tratto da una marcia funebre per gli operai) sotto i colpi di un potere assoluto e affamatore; un altro inno, Ah, la parola Libertà, occupa la parte centrale del movimento e la marcia funebre ritorna per concluderlo.
È abbastanza chiaro che si tratti di un omaggio a tutte le vittime della violenza di regimi autoritari, monarchie assolute che siano, o… repubbliche socialiste (e non).
4. Segnale d’allarme (Allegro non troppo): squilli di ottoni prefigurano l’avvento della futura Rivoluzione del 1917! Dopo un ritorno di O Zar, nostro piccolo padre si incontrano qui il canto Vendetta, tiranni e un altro canto anti-zarista, significativamente di origine polacca (Canto di Varsavia)… Infine torna, dapprima dolente nel corno inglese, Scopritevi il capo. Che poi, immenso ma per nulla trionfalistico, chiude la Sinfonia.
E a proposito di timpani, che sono impegnati per l’80% del tempo, la mitica Viviana non li ha proprio risparmiati, mettendone a dura prova la resistenza e l'integrità: forse perché sa che, anche grazie ad un sostanzioso e generoso contributo di amici dell’Orchestra, già dal prossimo concerto potrà inaugurare le cinque caldaie nuove di zecca appena arrivate in Largo Mahler!
Ma davvero tutti si sono superati e il pubblico è andato letteralmente in delirio, come non capitava da parecchio tempo.
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