Il Direttore Residente de laVerdi, Jader Bignamini, è chiamato ad inaugurare la stagione in
abbonamento 2018-2019 con un programma
di impaginazione quasi-tradizionale: Ouverture,
Concerto solistico e (in luogo della
classica Sinfonia) due Poemi sinfonici
in qualche modo fra loro imparentati.
Dal punto di
vista storico-geografico, andiamo dall’800 tedesco - primo romanticismo di Weber e pieno romanticismo di Schumann - al ‘900 italiano inoltrato -
il tardo- (o decrepito-) romanticismo di Finzi
e Respighi.
Ma a proposito
di Finzi, proprio nel settembre di 80 anni fa il regime fascista emanava le
famigerate leggi razziali, che
rovinarono l’esistenza anche al compostore milanese, di famiglia ebrea. La
ricorrenza viene celebrata in Auditorium con una mostra di documenti dell’epoca,
patrocinata dalla Fondazione CDEC (Centro di Documentazione Ebraica
Contemporanea) e inaugurata ieri pomeriggio, prima del concerto, dal Presidente
de laVerdi, Gianni Cervetti. All’evento sono anche intervenuti il figlio di
Finzi, Bruno (che con la famiglia si
adopera per divulgare la conoscenza dell’opera del padre)
e la Senatrice a vita Liliana Segre,
che ha sottolineato la necessità di non
dimenticare, un tema che costituisce il suo principale impegno all’interno
del Parlamento.
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Si parte quindi
con l’Ouverture dal Freischütz di Carl Maria
von Weber, che torna a risuonare in Auditorium dopo più di 6 anni (allora
sul podio la Xian): questa volta il
pacchetto dei corni non mostra una sola sbavatura nell’attacco e poi tutta
l’Orchestra risponde assai bene alle sollecitazioni del Direttore, meritandosi convinti
applausi.
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Si passa poi al Concerto
per violoncello di Schumann, interpretato dal
persico-austriaco Kian Soltani. Un
concerto ostico, difficile da suonare e (per noi ascoltatori) magari anche da
digerire, ma questo 26enne che pare ancora un ragazzino lo ha sciorinato con
perizia tecnica pari alla profondità di espressione. Perfetto l’affiatamento
con Bignamini e massimo rispetto per la partitura, testimoniato dall’esecuzione
dell’originale cadenza accompagnata.
Trionfo per lui, che ci regala il suo ormai abituale encore, una danza
del fuoco persiana che ha composto lui stesso.
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Per la parte italiana del concerto anche la dislocazione dell’orchestra cambia:
i violoncelli, prima relegati dietro le viole in omaggio alla tradizione
crucca, tornano baldanzosamente al proscenio. La sei buccine (flicorni, per Respighi)
si sistemano ai due lati della galleria dell’Auditorium (come fanno le trombe
per il Tuba mirum verdiano, ecco...)
Nunquam di Aldo Finzi (sottotitolato Sinfonia Romana) è in realtà un breve poema sinfonico, che si
rifà abbastanza scopertamente allo Strauss di fine ‘800 (il Don Juan in particolare). Pezzo che
qualcuno potrebbe bollare di anacronismo (siamo nel 1937!) ma che mostra la
grande perizia dell’ancora misconosciuto musicista nel trattamento dell’orchestra.
Per questa prima esecuzione da parte de
laVerdi (che già 8 anni orsono ci aveva
presentato un altro poema sinfonico di Finzi, L’Infinito) Bignamini deve aver curato ogni dettaglio e il
risultato si è visto, anzi... sentito!
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Ha chiuso in bellezza il concerto I
pini di Roma, che Bignamini diresse per la prima volta nel 2012 in
occasione della tournée dell’Orchestra a Mosca e SanPietroburgo, e che avevamo
ascoltato qui un paio d’anni fa da Ceccherini. Inutile dire dell’accoglienza
trionfale riservata a Direttore e Orchestra dopo l’irrompere in Roma, dalla via
Appia, dei legionari romani, scortati dal martellante accompagnamento delle
buccine.
Ecco, un’apertura di stagione che
promette bene!
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