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19 settembre, 2014

Orchestraverdi 14-15 – Concerto n° 1


Osservando il calendario della lunghissima stagione principale 14-15 de laVERDI balza subito all’occhio la presenza massiccia di opere di Piotr Ilyich Ciajkovski: il compositore russo sarà nella locandina di ben 10 dei 64 concerti e dopo aver occupato l’intero programma di quello inaugurale alla Scala chiuderà quello conclusivo (17-18-20 dicembre 2015) con la Suite dello Schiaccianoci. In pratica, se si escludono le 4 Suites, si ascolterà la gran parte della produzione orchestrale di Ciajkovski: sinfonie, concerti, ouvertures e balletti.

Questo primo appuntamento – sotto la bacchetta della Xian - si apre con il celeberrimo e trascinante Capriccio italiano (per una sommaria analisi dei principali temi rimando ad un mio commento ad una precedente esecuzione qui in Auditorium). Un pezzo di quella che si usa chiamare musica classico-leggera, tipo le ouvertures di Suppé o le marcette di Elgar… Però l’effetto è sempre quello di tirarti su il morale, soprattutto in tempi grami come questi: una cosa tipo i balli sul Titanic che affonda (smile!… mica tanto).
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Dopo il convincente debutto in Scala, torna ad esibirsi con laVERDI Giuseppe Andaloro, questa volta impegnato in uno dei concerti – quello in SIb minore - più inflazionati dell’intero repertorio pianistico (e quindi inevitabile banco di prova per chiunque voglia imporsi come solista dello strumento).

E il giovin siciliano ha confermato in pieno le sue grandi doti, non solo sul piano tecnico (un’esecuzione senza una sola sbavatura) ma anche su quello della sensibilità interpretativa: la sua resa dell’Andantino semplice ne è stato l’esempio più lampante. A lui il futuro non può che riservare successi, come quello che ha riscosso qui, ripagato con uno dei suoi encore preferiti.
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Chiude il concerto la Seconda Sinfonia, cui fu dato il nomignolo di Piccola Russia, appellativo con cui ai tempi di Ciajkovski si denominava l’Ukraina centro-nord-orientale, dove la sinfonia fu composta e da cui provengono i principali temi popolari che la impreziosiscono.

Il caso ha voluto che questa parte del programma del concerto rimandi ad avvenimenti di cronaca politica di scottante attualità. Ora, lungi da me il dar ragione alle velleità del demo-dittatore (e fraterno amico del nostro ex-aspirante-demo-dittatore) Putin, ma bisogna pur ricordare che per secoli l’Ukraina è stata da Mosca considerata (ed in effetti trattata come) una provincia dell’impero russo (poi sovietico). Non solo, ma il termine Piccola Russia aveva assunto anche una sfumatura dispregiativa (o tale era recepito dagli ukraini): un po’ come lo spocchioso les petits belges con cui in Francia si apostrofano i vicini. E ciò spiega, per reazione, la quasi unanimità ottenuta nel 1991 dal referendum per l’indipendenza! Tanto per chiarire quanto forte e radicata fosse la presenza russa in Ukraina ai tempi di Ciajkovski, basti pensare che la tenuta della sorella Sasha (del cognato Davydov, in realtà) dove il compositore si tratteneva spesso e dove, nell’estate del 1872, trovò ispirazione per la sinfonia, si trovava a Kamenka (frequentata anche da Pushkin) in un distretto dipendente da Kiev, a ovest del Dnieper e a quasi 400Km dall’attuale confine con la Russia e a 1000 da Mosca. Per dire, assai più ad occidente di Donetsk (città natale di un certo Prokofiev!) che oggi è roccaforte dei separatisti filo-russi dell’Ukraina orientale (a sua volta parte di quella che si chiamava Novorossiya, strappata dai russi all’Impero Ottomano alla fine del 1700):


E la benefattrice di Ciajkovski, Nadezhda vonMeck, possedeva una vastissima tenuta a Brailov, con una dépendance a Simaki, ancor più a ovest di Kamenka, vicino al confine settentrionale dell’odierna Moldova: lì il compositore soggiornò più di una volta e lì – per puro caso e solo di sfuggita – i due incrociarono i loro sguardi nel 1879.

I temi popolari ukraini che Ciajkovski impiega nella sinfonia hanno tutti un tipico sapore russo: quello che si ascolta subito nell’introduzione (Giù lungo la Madre Volga) fa riferimento al grande fiume che l’Ukraina manco vede da lontano! E i rivoluzionari nazionalisti del Gruppo dei 5 si entusiasmarono alla Seconda proprio perché esaltava la musica del popolo della madre Russia (grande o piccola, per loro non faceva poi tanta differenza).

Bene, chiusa la parente geo-politica, veniamo alla musica. Per ricordare che la Sinfonia che si ascolta in questa occasione (e che si esegue di norma) è in realtà il risultato di un pesante rimaneggiamento cui Ciajkovski sottopose, nel 1880, l’originale del ’72, che pure era stato accolto con calore da pubblico e critica. È curioso che nel filmato di presentazione del concerto da parte di Ruben Jais venga proiettato (da 2’27”) il frontespizio della (relativamente recente) edizione della versione originale, ricostruita a metà del ‘900 a partire dalle singole parti d’orchestra conservate a Mosca: non sarebbe una cattiva idea se laVERDI decidesse prima o poi di metterla in programma (pur contravvenendo alla volontà fermamente espressa dall’Autore, che arrivò addirittura a bruciarne il manoscritto) poiché essa ha un suo fascino tutto particolare, e non pochi esperti la reputano esteticamente superiore a quella riveduta e corretta.
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Per semplificare la questione delle differenze, dirò che la prima versione 1872 era magari scarsamente strutturata dal punto di vista delle forme canoniche, tipiche del genere sinfonico. Ad esempio il primo movimento, dopo l’introduzione in Andante che non è stata modificata, presenta un Allegro comodo che assomiglia assai più ad una fantasia che non ad un tempo in forma-sonata: il motivo dell’introduzione (il canto popolare ukraino) si ripresenta ad ogni piè sospinto e lungo tutto lo sviluppo del movimento, quasi fosse un Leit-motif; i due temi che seguono sono assai simili al punto da quasi confondersi fra loro; in sostanza siamo in presenza di un fluire musicale continuo, dove manca il classico contrasto fra i temi. Questo primo movimento si può ascoltare su youtube, diretto da Pletnev.

Nella versione del 1880 (qui Gergiev) il primo movimento presenta invece una struttura più tradizionale e dai contorni meglio demarcati, con il ruvido primo tema - composto ex-novo, in Allegro vivo e che pare richiamarsi a quello famosissimo della Quinta beethoveniana - che contrasta in modo evidente con il più elegiaco secondo (che è il vecchio primo tema del 1872 riveduto e corretto) mentre il motivo dell’introduzione ritorna solo all’inizio e al termine dello sviluppo-ripresa e poi nella breve coda. Le battute passano da 486 a 368, il che comporta un accorciamento di circa 5’ dell’esecuzione.

Il secondo movimento, Andantino marziale, quasi moderato, non è stato oggetto di alcuna modifica: mantiene la forma di Rondò (A-B-A-C-A-B-A) dove A è il ripescaggio dall’abortita opera Undina di un tema di marcia nuziale e C è una seconda canzone popolare ukraina (Fila, mia filatrice) già trascritta anni addietro da Ciajkovski per due pianoforti.

Lo Scherzo (Allegro molto vivace) non fu modificato nel contenuto, salvo qualche ritocco all’orchestrazione. In compenso Ciajkovski ne ristrutturò abbastanza profondamente la presentazione: la versione originale era proprio originale poiché prevedeva un unico da-capo per l’insieme del Trio e della ripresa delle due sezioni dello Scherzo, una cosa piuttosto bizzarra, bisogna dire. Nel 1880 il compositore tornò ad uno schema assolutamente classico, inserendo i ritornelli soltanto per la prima esposizione delle due sezioni dello Scherzo. Come si evince dalla tabellina sottostante, tutto ciò ha portato a ridurre il numero di battute effettivamente eseguite da 756 a 633, accorciando quindi anche qui di qualcosina la durata del movimento:


Naturalmente ciò vale a livello teorico… Geoffrey Simon, che ha prodotto l’unica – almeno ad oggi – incisione integrale della sinfonia in versione originale, ha bellamente ignorato il segno di da-capo e così ha ridotto a 481 il numero di battute eseguite, quindi raggiungendo il minimo assoluto di durata (?!)

Nel 1880 il Finale è stato semplicemente castrato di una sezione del lungo sviluppo cui i due temi (quello saltellante della Gru e il secondo dal ritmo ballabile) vengono sottoposti dopo l’iniziale esposizione: sono 146 battute in meno, che aggiungono concisione e tolgono… musica! Qui si può ascoltare l’incisione di Simon.
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Bene, in attesa di poter ascoltare da laVERDI la versione originale della sinfonia, ci siamo goduti una convincente esecuzione di quella tradizionale, che Xian aveva già proposto con successo un paio d’anni addietro. Per rincarare la dose di accorciamenti rispetto all’originale, a quelli dell’Autore la Xian ha aggiunto di suo anche lo sconto sul ritornello della seconda sezione del Trio, così da prosciugarlo ulteriormente. E i ragazzi (con il corno di Ceccarelli in testa, smile!) hanno risposto davvero alla grande!

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