“Sono convinto che i destini del popolo palestinese e di quello israeliano siano legati in modo inestricabile. Siamo benedetti o condannati a vivere insieme. Io preferisco essere benedetto.”
Chi parla in questo modo è Daniel Barenboim: un ebreo, nato in Argentina da genitori di discendenza russa, che non solo non odia Wagner, ma lo apprezza a tal punto da essere, ancor oggi e di gran lunga, il recordman in fatto di direzioni a Bayreuth (161).
Ma è anche un accanito e convinto assertore della necessità e della possibilità di convivenza fra i due popoli che abitano la Palestina, e che da più di mezzo secolo invece si affrontano e arrossano di sangue le dolci colline di Qalqilya, come gli affollati viali di TelAviv.
Israeliani e palestinesi, ebrei e islamici, insieme a formare quanto di più cooperativo si possa immaginare a questo mondo: un’orchestra (la Divan).
E dove entrambe le parti devono rinunciare a fior di pregiudizi: gli islamici, accettando di suonare la musica nata dal seno della civiltà occidentale, quella che i loro integralisti dipingono come demonìaca; gli ebrei, accettando di suonare la musica di un autore che è da molti dei loro padri considerato il responsabile oggettivo dell’Olocausto.
Chi parla in questo modo è Daniel Barenboim: un ebreo, nato in Argentina da genitori di discendenza russa, che non solo non odia Wagner, ma lo apprezza a tal punto da essere, ancor oggi e di gran lunga, il recordman in fatto di direzioni a Bayreuth (161).
Ma è anche un accanito e convinto assertore della necessità e della possibilità di convivenza fra i due popoli che abitano la Palestina, e che da più di mezzo secolo invece si affrontano e arrossano di sangue le dolci colline di Qalqilya, come gli affollati viali di TelAviv.
Israeliani e palestinesi, ebrei e islamici, insieme a formare quanto di più cooperativo si possa immaginare a questo mondo: un’orchestra (la Divan).
E dove entrambe le parti devono rinunciare a fior di pregiudizi: gli islamici, accettando di suonare la musica nata dal seno della civiltà occidentale, quella che i loro integralisti dipingono come demonìaca; gli ebrei, accettando di suonare la musica di un autore che è da molti dei loro padri considerato il responsabile oggettivo dell’Olocausto.
Eppure... funziona. A Ravello l’11 agosto scorso ne abbiamo avuto tangibile conferma.
1 commento:
Grazie ad ARTE,io ho visto il concerto in diretta tv.Come avevo giá avuto modo di rilevare,anche dal punto di vista professionale l´orchestra é di alta qualitá.Come filosofia,questo progetto si puó accostare a quello di Abreu del quale l´Orchestra Simon Bolivar é l´espressione.La musica come risposta ai grandi problemi del nostro tempo:un messaggio di grandissimo valore.
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