spese pazze

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30 marzo, 2025

Una divertente opera seria alla Scala

Splendido debutto scaligero (a distanza di soli… 256 anni dalla nascita!) per L’opera seria di Gassmann-Calzabigi, questo melodramma settecentesco che fa un poco da cerniera fra Gluck e Mozart.

Merito di chi decise di proporcelo (tale Meyer…) e di chi ce lo ha servito in tavola scena come meglio non si potrebbe: la premiata coppia Christophe Rousset / Laurent Pelly.

Dico subito che gli inevitabili tagli alla musica riguardano quasi esclusivamente recitativi secchi, mentre gli accompagnati e le arie/concertati (della serie: prima la musica…) sono sostanzialmente rispettati. Rousset (che ha anche accompagnato al cembalo) coadiuvato dall’Orchestra mista Scala – Les Talents Lyriques (24 + 11 elementi) ha apportato pochi ritocchi alla partitura, come l’anticipo dell’aria di Passagallo (I miei balli son tanti miracoli) all’inizio del terz’atto, trasformando quindi la scena marziale del ritorno di Nasercano in un gustoso balletto da avanspettacolo; ha poi sfrondato il finale delle esternazioni singole dei vari protagonisti, chiudendo con il coro Noi giuriamo.

Pelly, da parte sua, ha proposto scene (di Massimo Troncanetti) piuttosto scarne: il primo atto con un semplice fondale a parete con porte dalle quali entrano ed escono i protagonisti che si aggirano in uno spazio vuoto; nel secondo compaiono anche pareti laterali (sempre con porte) a chiudere la scena della prova dell’opera seria; nell’atto conclusivo la prima parte ad Agra ha un’ambientazione esotica orientaleggiante, con palme, tende e la sagoma di un elefante sul quale entra Rossanara, più pochi orpelli che al momento opportuno crolleranno miseramente, provocando l’interruzione dello spettacolo (il cui fiasco è quindi attribuito a regista e scenografo, più che ad autori e cantanti…)

A sipario chiuso si svolge il cambio scena (accompagnato da suoni di arpa che ricordano quelli degli intervalli RAI anni ‘70, con pecorelle e affini) che ci porta nel retro del teatro, dove ritroviamo solo la parete di fondo con le tre porte dei camerini delle primedonne, dalle quali sortiranno anche le rispettive madri per la caotica scena finale.  

Lionel Hoche anima le coreografie, con partecipazione di ballerini (scena ad Agra) e mimi vestiti come diavolacci neri a rappresentare metaforicamente sciagure, imprevisti e contrattempi che affliggono l’ambiente del teatro, oltre che i militari che arrivano alla fine del second’atto a sedare il tumulto creatosi durante la prova.

I costumi, dello stesso Pelly, sono a loro volta una parodia del ‘700, con abiti tutti di color chiaro e forme esageratamente bizzarre, con pochi elementi atti a distinguere fra loro i vari personaggi. Unica eccezione il povero Fallito, abbigliato come un teatrante di oggi (ma con calzoni alla zuava….) Efficaci le luci di Marco Giusti ad illuminare (o oscurare) le varie scene. 

Quanto alla compagnia di canto, mi sento di accomunare tutti indistintamente in un unico giudizio di piena approvazione. Cosa che ha fatto anche il pubblico (folto all’inizio e poi abbastanza smagritosi – affar loro – nei due intervalli) che, rimasto freddino nel primo atto, ha cominciato ad applaudire le arie nel secondo e più ancora nel terzo. Per poi gratificare tutti di almeno 10 minuti di applausi ed ovazioni alla fine dello spettacolo.

Insomma, una proposta di ottimo livello che dà lustro a questa stagione scaligera di transizione.

 

29 marzo, 2025

Orchestra Sinfonica di Milano - 24-25.22 – Tjeknavorian

Già poco dopo l’inizio della sua prima stagione come Direttore Musicale dell’Orchestra Sinfonica di Milano il rampante Tjek è diventato un idolo del pubblico e pure della critica, che gli ha assegnato di recente il prestigioso Premio Abbiati. Così ieri sera si è portato appresso anche la famigliola (a partire dal padre-d’arte Loris) in platea ad applaudirlo. [A proposito, chissà se è mai successo, o che effetto farebbe vedere padre e figlio in scena insieme, il primo sul podio e il secondo imbracciando il violino…]

Dopo lo Shostakovich patriottico, ecco ancora un programma tutto russo, con la coppia Borodin-Prokofiev, due personaggi curiosamente provenienti dalle periferie dell’impero zarista e poi sovietico: Georgia (il padre di Borodin) e Ukraina orientale (Prokofiev).

Di Aleksandr Borodin è in programma una selezione di brani da Il Principe Igor, precisamente:

1. Ouverture dell’opera,
2. Marcia dei guerrieri polovesiani (Preludio atto III),
3. Danza delle fanciulle polovesiane (secondo numero dell’Atto II),
4. Danze polovesiane (ultimo numero dell’Atto II).

Detto che la musica che si ascolta è un poco anche farina del sacco di Rimski e Glazunov, che si presero l’onere di completare una partitura lasciata dall’Autore come un colabrodo… c’è da dire che questo Borodin non a caso ricorda da vicino Musorgski, per la crudezza, quasi barbarie, dei temi di estrazione popolare che costellano la partitura. L’unica eccezione è quella rappresentata dalla sognante melodia delle fanciulle, poi ripresa dall’intero coro, che innerva la scena delle Danze polovesiane. [I diversamente giovani ricorderanno l’impiego di questo tema fatto nel musical Kismet, con il titolo di Stranger in Paradise, qui a 2’00”, che fece conoscere anche a parecchi musicomani l’esistenza di Borodin!]

Quasi sempre le esecuzioni in sala da concerto impiegano solo l’orchestra, ma questa signora Orchestra è anche affiancata da un gran Coro (diretto da Massimo Fiocchi Malaspina), il che ci ha consentito di ascoltare le Danze complete anche delle voci, così come previsto dall’Autore. Danze che hanno chiuso in gran spolvero un’esecuzione a dir poco entusiasmante.

Dobbiamo davvero ringraziare l’Orchestra, il Coro e i loro condottieri per questo autentico regalo – una cosa più unica che rara! - che ci hanno fatto. E il pubblico è letteralmente impazzito riservando a tutti un’accoglienza trionfale.

___
Sergej Prokofiev, che già due settimane fa aveva monopolizzato il programma, torna con quella che personalmente considero una delle musiche più straordinarie prodotte nell’intero ‘900: il balletto Romeo & Giulietta, del quale abbiamo ascoltato un estratto dalle tre Suite, comprendente [numeri Suite da numeri Balletto]:

1. Danza del mattino [S3-2 da B-4]

2. La strada si risveglia [S1-2 da B-3]
3. Maschere [S1-5 da B-12]
4. Morte di Tibaldo [S1-7 da B-33-6-35-36]
5. Montecchi e Capuleti [S2-1 da B-7-13]
6. La giovane Giulietta [S2-2 da B-10]
7. Danza delle 5 coppie [S2-4 da B-24]
8. Romeo e Giulietta prima della separazione [S2-5 da B-38-39-43]
9. Romeo presso la tomba di Giulietta [S2-7 da B-51-52]

Impaginazione decisa dal Tjek in persona, pescando numeri dalle tre Suite proposte direttamente dall’Autore. Ma questa è musica talmente bella che qualsivoglia selezione e ordinamento dei brani garantisce infallibilmente il gradimento del pubblico.

Come è puntualmente accaduto anche ieri, dopo che l’ottavino ha guidato gli archi sul DO maggiore della conclusione spirituale, eterea, di Giulietta addormentata per l’eternità. Il Tjek ha imposto almeno 20 secondi di religioso silenzio; poi, l’entusiasmo incontenibile del pubblico ha letteralmente scosso l’Auditorium dalle fondamenta!

Fra Direttore e musicisti e fra entrambi e il pubblico si è instaurata un’atmosfera di totale comunione: un momento magico che speriamo duri il più a lungo possibile…


25 marzo, 2025

Alla Scala l’opera seria ridicolizzata da Calzabigi-Gassmann

Il progetto della Scala di rivisitazione del melodramma del ‘700 si materializza in questa stagione con un’opera che solo relativamente di recente (1994) è stata riportata alla luce (da René Jacobs) dopo aver conosciuto un grande successo a Vienna proprio alla fine del ‘700, seguito purtroppo da un totale oblio.

L’opera seria fu dovuta alla collaborazione dei due personaggi di spicco – nessuno dei due viennese! - del teatro musicale di Vienna dell’epoca (1769): il librettista Ranieri de’ Calzabigi, già collaboratore di Gluck (Orfeo, Alceste) dopo il pensionamento di Metastasio, e il compositore di origini boeme Florian Leopold Gassmann, fattosi le ossa in Italia (Venezia, in particolare). 

Il soggetto mette programmaticamente alla berlina le degenerazioni del melodramma (per intenderci, quello pre-mozartiano) e soprattutto del suo ambiente: teatri, impresari, librettisti, compositori e – ovviamente – cantanti e relative claque, pubblico compreso. Come crudamente esplicitato da Calzabigi nella prefazione al libretto:

Il soggetto rappresenta le ultime fasi di prova e la successiva rappresentazione di una nuova opera, ergo è un tipico esempio di teatro-nel-teatro. I primi due atti in cui si struttura ci portano infatti a casa dell’impresario, tale Fallito (Tradito, in partitura, per mettere subito in chiaro lo scenario) dove sono convenuti gli autori e gli interpreti per il briefing (Atto I) e la prova al clavicembalo (Atto II). L’atto conclusivo è ovviamente ambientato in Teatro, dove si registra il disastroso flop dell’opera seria, con lo spettacolo interrotto, dopo sole quattro scene, dalle intemperanze del pubblico e poi salvato solo dal provvidenziale balletto che subentra all’opera per calmare gli animi degli spettatori inferociti.

La scena conclusiva si svolge nei camerini, con i commenti di protagonisti e parenti e la simpatica scoperta che l’impresario si è dileguato con… la cassa! Ma la conclusione dell’opera sarà solo apparentemente disfattista nei confronti del mondo del teatro musicale, anzi: i protagonisti del clamoroso flop, traendo la giusta lezione dall’accaduto, matureranno, ciascuno per la propria professione, animosi propositi di riscatto e volontà di non mollare. Quindi una visione tutto sommato ottimistica sul futuro del melodramma!

Ecco qui i personaggi dei primi due atti e della scena finale, collegati a quelli dell’opera seria, intitolata L’Oranzebe, che Calzabigi mutuò piuttosto vagamente da Aureng-Zebe (Imperatore Mogul) di John Dryden (1676). Come si vede, gli interpreti dell’Imperatore e del suo Capitano non sono presenti alle prove, né cantano nell’opera:

Oltre a quello dell’Impresario e degli autori, anche i nomi dei principali componenti del cast sono scopertamente e parodisticamente allusivi. Le madri delle tre signore del cast intervengono solo nella scena finale, dando il loro valido contributo al tutti-contro-tutti che chiude l’opera in tragicomica farsa.

Il testo di Calzabigi, e la musica di Gassmann a ruota, sono proprio rappresentativi di due mondi dall’estetica assai diversa: il vecchio, incarnato da Metastasio, e il nuovo, del quale Calzabigi e Gassmann (e prima di lui l’ultimo Gluck) erano divenuti i campioni.

Non è quindi un caso che l’opera seria (L’Oranzebe, appunto) di cui la comedia di Calzabigi celebra il fallimento, sia mutuata come soggetto e testi proprio da Metastasio. E in particolare, come ha osservato il prof. Lucio Tufano (Sulle tracce di Oranzebe. L’opera seria di Calzabigi e Gassmann) che i quattro personaggi principali de L’Oranzebe e la vicenda che li lega fra loro rispecchino da vicino quelli del libretto metastasiano di Adriano in Siria: libretto evidentemente ben noto a Calzabigi, che a quel tempo era collaboratore del Poeta cesareo.

Una caratteristica peculiare del libretto (la scena sesta del second’atto ne è la testimonianza più smaccata) consiste nella stretta rete di relazioni fra la commedia (e i suoi personaggi) e l’opera, i cui personaggi saranno incarnati da quelli della commedia. Alcune di queste relazioni sono messe in evidenza nella succinta sinossi dell’opera, che segue più sotto.

Però, attenzione: nel terzo atto, dell’opera seria L’Oranzebe ascolteremo solo quattro scene e proprio nulla di ciò cui abbiamo assistito nella prova! La tabella che segue è una mia personale rielaborazione di quella presentata nel citato lavoro di Lucio Tufano. Mostra i riferimenti all’opera seria L’Oranzebe (atto III) che troviamo nei primi due atti (la comedia) relativi alle prove: tutti riferimenti irrisolti, evidentemente a parti dell’opera virtuale (L’Oranzebe, appunto) successive alla scena 4, quando avviene l’interruzione.


Comedia L'opera seria => Opera L'Oranzebe / Riferimenti irrisolti
I-1  propositi dell'impresario Fallito: eliminazione 40 versi di recitativo   
                                                          eliminazione dell'aria del fulmine 
                                                          eliminazione dell'aria del rusignolo 
                                                          eliminazione del minuetto
                                                          taglio di metà duetto
I-10 vanterie del librettista Delirio:   scena della battaglia
                                                         aria di Rossanara Pallid'ombra del misero amante
II-1 Diatriba sull'aria di Nascareno (interprete Ritornello) che va rifatta
II-3 Il librettista Delirio mostra a Ritornello il nuovo testo (Quel nocchier)
II-4 Il compositore Sospiro decide di usare la musica di Col tuo dolce amico oblio
II-5 Aria di Rana (Barbara! E non rammenti) cantata dal compositore Sospiro
II-6 Recitativo Nasercano (Abbastanza finora)
      Aria Saebe (No, crudel d’amor capace)
      Duetto Rossanara-Nasercano (Ah non mi dir così)
      Recitativo Rana (Già propizio à miei voti)
      Aria Rana (Delfin che al laccio infido)
      Aria Rossanara (Pallid’ombra del misero amante)
      Aria Nasercano (Quel nocchier)

In effetti, indovinare la trama dell’opera seria L’Oranzebe dal qualcosa di frammentario, che ascoltiamo durante la prova, e il poco che accade a teatro prima della sospensione, è impresa ardua assai!

Sinossi dell’opera

SINFONIA

ATTO I – Preliminari della preparazione dell’opera seria L’Oranzebe

Introduzione strumentale.

Scena 1. I due autori della nuova opera L’Oranzebe, Delirio e Sospiro, si complimentano a vicenda per la sublimità di testi e musica [Duetto, poi Terzetto Oh che bell’opera! Che bella musica!]; arriva però l’impresario Fallito [Con quell’estro bizzarro poetico] che poco dopo strapazza testo e musica [Aria Signor Delirio, tante sentenze]. I due Autori protestano, ma l’impresario è inflessibile e annuncia tagli di arie, recitativi e minuetti.

Scena 2. I due sfortunati autori non possono far altro che disperarsi [Duetto Ho di fuoco nel petto] imprecando contro l’impresario, il teatro e la città.

Scena 3. Arriva ora la primadonna Stonatrilla, issata su portantina dai suoi lacchè [Cavatina Camerieri! Staffieri! Lacchè!] A proposito di relazioni commedia-opera si noti come, nel L’Oranzebe, lei interpreti il personaggio della principessa Rossanara, che entrerà in scena proprio portata su un baldacchino! Si lamenta per l’accoglienza dimessa e per non aver potuto ancora provare gli abiti di scena. L’impresario cerca maldestramente di scusarsi.

Scena 4. Rientra il compositore e Maestro di Cappella, Sospiro, poi ecco Porporina, destinata ad interpretare, en-travesti, l’Ufficiale delle armate Mogul. Nascono subito attriti fra lei e la prima donna Stonatrilla [Aria Ragazzuccia, mettete giudizio]. L’impresario cerca invano di sedare lo scontro. Anche qui, nell’opera le due cantanti interpreteranno ruoli che le vedranno divise da opposti sentimenti.

Scena 5. Altro scontro: fra Porporina e il compositore Sospiro, suo spasimante, reo di averle composto un’aria modesta. Lui per tranquillizzarla gliela canta e se ne va. [Aria di Porporina, cantata da Sospiro, Cari quegli occhi amabili].

Scena 6. Arriva ora la Smorfiosa, cui Porporina confessa di snobbare il compositore, ma di tenerlo buono per… la pensione, quando potrebbe tornarle utile. La Smorfiosa si lamenta dei sarti che le hanno provato l’abito di scena, gente rozza e puzzolente; propone di chiedere che siano sostituiti da cavalieri.

Scena 7. Ecco ora presentarsi il primo musico (un castrato, all’epoca) Ritornello [Cavatina Benchè da te lontano]. Smorfiosa subito lo sequestra chiedendogli aiuto e conforto per la recita imminente. Porporina coglie al volo la situazione e si allontana, cantando un’aria alle due… tortorelle [Aria Più non si trovano fra noi le mutrie]. Anche qui, nell’opera seria, Ritornello e Smorfiosa si caleranno nei panni di un condottiero e della sua nobile preda di guerra…

Scena 8. Rimasti soli, Ritornello e Smorfiosa possono liberamente abbandonarsi ai propri sentimenti e lei gli canta un’aria piena di sdolcinato languore [Aria Mio dolce amorino]. Che anticipa ciò che accadrà nell’opera seria!

Scena 9. L’Impresario Fallito incontra ora tale Passagallo, compositore e coreografo dei balli che accompagnano l’opera. Costui convince il riluttante impresario a scritturare due coppie di famosi ballerini che sono lì di passaggio [Aria Vedrete che salti].

Scena 10. Rimasto solo, Fallito si abbandona ora ad una lunga esternazione [Recitativo accompagnato Maledetta l’impresa] colma di pessimismo e di amarezza per la vita stentata che conduce, piena di ostacoli e scarsa di soddisfazioni. Arrivano Stonatrilla e il librettista Delirio che hanno saputo dei ballerini e intendono visionarli. Poi Delirio assicura Fallito che lo spettacolo potrebbe essere un gran successo [Aria State attento a quest’Oracolo] soprattutto per una scena di battaglia e per merito delle qualità attoriali di Stonatrilla (e ovviamente dei suoi testi, come l’aria di Rossanara) ma che la musica rischia davvero di mandare tutto a meretrici!

Scena 11. Assemblea generale per verificare costumi, spartiti e tutto quanto serve allo spettacolo. Sorgono problemi a non finire, e tutti maledicono il teatro e quella loro vita insopportabile! [Concertato finale Io vi giuro mie dive adorabili. Stretta Che veleno mi bolle nel petto!].

ATTO II – Prova al clavicembalo di alcuni numeri importanti dell’opera seria L’Oranzebe

Scena 1. L’impresario Fallito incontra gli Autori di testo e musica, che stanno ancora reciprocamente congratulandosi per la sublime qualità dei rispettivi prodotti. Ma subito nascono i primi contrattempi: Ritornello (protagonista come Nasercano nell’opera) non gradisce per nulla la sua aria del torrente e chiede che venga rifatta. Librettista e compositore si palleggiano la responsabilità e la precedente armonia di intenti si sbriciola rapidamente, culminando in autentica rissa, con scambio di accuse e reciproche denigrazioni [Terzetto Asinaccio! Ignorantaccio!]. Fallito comincia a temere il peggio [Ora sì, siamo aggiustati].

Scena 2. Il librettista Delirio torna dall’Impresario e miracolosamente consegna il nuovo testo dell’aria, scritto – a dir lui - a gran velocità dopo un incontro con il protagonista Ritornello! Fallito lo mette in guardia: che non gli venga in mente, un domani, di far l’impresario [Aria Se di fare l’impresario] poiché farebbe una gran brutta fine… 

Scena 3. Il librettista Delirio incontra il protagonista Ritornello, che è lì per chiedergli di cambiare la sua aria. Scopriamo così che Delirio aveva già modificato il testo ancor prima di incontrarlo (come aveva riferito a Fallito). Il librettista chiede al cantante di leggere il nuovo testo (drammatico, un marinaio che sfida Scilla e Cariddi e vi fa naufragio) e ne corregge i continui errori di lettura [Duetto Quel cocchier]. Poi lo invita spocchiosamente a studiarlo bene, mentre sta arrivando il compositore, che dovrà riscriverci le note.

Scena 4. Il compositore Sospiro incontra quindi Ritornello, che gli propone il nuovo testo di Delirio da musicare. Il compositore lo mette in guardia da questi cambiamenti all’ultimo momento, che potrebbero metterlo in gran difficoltà. Ma, alle insistenze del cantante, che ha già sparsa in giro la voce del cambiamento, chiede di vedere il nuovo testo. E magicamente scopre che vi ci si adatta a meraviglia la musica di un’aria languida (un innamorato che invita l’amata a stendersi con lui sull’erba, vicino ad un ruscelletto) che lui aveva composto per una recita a Milano, dove Ritornello l’aveva cantata con gran successo. Ritornello la ricorda a memoria [Aria Col tuo dolce amico oblio]. E così l’affare è concluso con reciproca soddisfazione: e chi se ne frega se testo (drammatico) e musica (sdolcinata) fanno letteralmente a pugni (il pubblico si berrà tutto senza neanche capirlo).

Scena 5. Il compositore Sospiro incontra adesso la sua amata Porporina, che gli chiede di sentire al cembalo la sua aria (da cantarsi nell’opera da parte dell’Ufficiale Rana, che lei interpreta en-travestì) appena rimaneggiata dal compositore. Sospiro ne canta [Aria Barbara! E non rammenti] le prime due strofe e Porporina ne rimane affascinata, ma interrompe il canto di Sospiro senza fargli finire la ripetizione della strofa iniziale: un’aperta critica alle convenzioni metastasiane.  

Scena 6. Arrivano tutti gli altri interpreti, per la prova d’insieme. Ne mancano due (l’Imperatore Mogol e il suo Capitano Rutleno) ma si passa sopra al loro ritardo, data la scarsa rilevanza delle due parti. Inizia Ritornello (=Nasercano) con il suo recitativo accompagnato [Abbastanza finora] apprezzato nonostante il raffreddore che lo affligge. Librettista e compositore fanno qua e là osservazioni e correzioni. Poi arriva Smorfiosa (=Saebe) con la sua aria [No, crudel d’amor capace] preceduta dall’ultima parte del recitativo [Va! Sul tuo capo] e accolta con entusiasmo da compositore e da Ritornello, mentre il librettista Delirio non manca invece di criticare la musica per le sue bizzarre trovate, al che Sospiro si inalbera, accusando il librettista di passatismo. Arriva ora un duetto con Stonatrilla=Rossanara e Ritornello=Nasercano [Ah non mi dir così] che alcuni accolgono come sublime, mentre il librettista ancora critica le note. Ora c’è il recitativo [Dove corri, Rutleno] con Porporina (=Rana) e… tale Gastigo (=Rutleno) che però è sempre assente, sostituito dal compositore. Che poi decide di saltare la successiva aria di Porporina, in quanto lunga e noiosa (e a base di… tonni e delfini); ma Delirio insiste e così Porporina, dopo un recitativo accompagnato [Già propizio à miei voti] canta la sua aria [Delfin che al laccio infido] piena di virtuosismi, picchiettati e sovracuti, accolta dai lazzi del compositore, di Ritornello e di Smorfiosa, mentre il librettista difende altezzosamente i suoi versi. Ora tocca a Stonatrilla (=Rossanara) che si esibisce nella sua drammatica scena, uno dei brani-chiave dell’opera, che inizia con un lungo, cupo recitativo accompagnato [Dove son! Che m’arriva!] seguito da un’aria invero massacrante [Pallid’ombra del misero amante]. Il librettista si raccomanda la recitazione, fondamentale per rendere al meglio il dramma di una donna che, dando per morto l’amato, si vorrebbe suicidare. Il compositore pretende che le venga messa in mano una coppa con il veleno, che qualcuno surroga con un calamaio! Alla fine dell’aria ecco i soliti commenti simmetrici, fra chi resta rapito/disgustato dai versi e chi dalla musica. Il coreografo Passagallo chiede di provare il balletto, ma ancora manca la nuova aria di Ritornello (=Nasercano) di cui si sono occupati gli Autori nelle Scene 1>4. Ritornello [Aria Quel nocchier…] ripete gli stessi errori di lettura fatti nella Scena 3, provocando le nuove proteste di Delirio, che interrompe bruscamente il canto, oltretutto lamentando che la musica (quella languida, con oboe e sordini, affibbiata al testo drammatico dal compositore nella Scena 4) faccia a pugni con i suoi versi. Ritornello riprende l’aria [Ei ben scorge il rio periglio] ma non fa che suscitare altre ire del librettista, che incolpa il compositore di aver rivestito il suo testo con musica totalmente inadatta! Porporina sta con il compositore, Stonatrilla con il versificatore, l’Impresario per calmare le acque fa provare il balletto di Passagallo.

Con una breve introduzione strumentale inizia ora [Conoscete eh Porporina?] il concertato finale dell’Atto secondo. Una Ballerina viene presa di mira dai salaci commenti di tutta la compagnia di canto, che irride la danzatrice, brava a costruirsi la fama con le… gambe! Tutto il corpo di ballo, con Passagallo in testa, si ribella alle insinuazioni e ne nasce un progressivo crescendo di offese e contro-offese, che sfocia in un autentico parapiglia, interrotto da un poderoso colpo di tamburo! Che annuncia l'arrivo delle guardie (fatte chiamare da Fallito) per sedare il tumulto, che si spegne lentamente fino alla profetica esternazione finale del coreografo: sarà il suo ballo a salvare l’opera dalla bancarotta!  

ATTO III – Rappresentazione dell’opera L’Oranzebe e sua infausta conclusione

SINFONIA

Marcia trionfale.

Scena 1. Il Generalissimo Nasercano (=Ritornello) capo dell’Armata Mogol, rientra trionfalmente nella capitale dell’Indostan, Agra, dopo aver sconfitto i nemici dell’Impero [Recitativo accompagnato Valorosi guerrieri e Aria di bravura Se con voi do in braccio al vento]. Con lui la regina indiana Saebe (=Smorfiosa) in catene, che si lamenta del trattamento subito [Recitativo accompagnato Signor, soffersi assai]. Nasercano mostra comprensione [Non io, bella regina] e Saebe gli riconosce dignità [Di te non so dolermi] e confessa di amarlo [Aria Saprei costante, e ardita]. Nasercano [Quel tuo timor fa torto] si dice certo che l’Imperatore saprà riservarle addirittura il ruolo di Regina.

Scena 2. Rana (=Porporina) Ufficiale delle armate Mogol, accoglie Nasercano come eroe nazionale e gli annuncia [Recitativo accompagnato Presenta a Nasercano] la visita di Rossanara (=Stonatrilla) la sorella dell’Imperatore.

Scena 3. In Recitativo accompagnato Rossanara a sua volta si profonde in lodi per l’eroe nazionale [Duce, tornasti alfin] lasciando trasparire il suo amore per lui. Nasercano [Principessa gentil] la ringrazia per la sua stima e le presenta Saebe, affidandola alla sua benevolenza. Rossanara, turbata alla vista della regina indiana prigioniera, comincia a sospettare che lei sia innamorata di Nasercano [Aria di bravura No, se a te non toglie il fato].

Scena 4. Saebe scopre la gelosia di Rossanara [Recitativo accompagnato Rossanara è gelosa] e questo è per lei buon segno. Ma anche Rana, che evidentemente cova mire sulla sorella dell’Imperatore, comincia a sperare. Nasercano si preoccupa allora di tranquillizzare Rossanara.

XXX

È precisamente a questo punto che il pubblico inferocito interrompe la recita: tutti i protagonisti scappano dietro le quinte e il sipario viene abbassato. Si presenta allora Passagallo [recitativo Riveriti signori] che propone al pubblico un… passaballo, promettendo mirabilie [Aria I miei balli son tanti miracoli] come un qualunque navigato piazzista. 

Musica del Ballo.

Scena ultima. Nei camerini e corridoi del teatro si discute del mortificante flop. Le tre cantanti sono raggiunte dalle rispettive madri (anche queste dai nomi allusivi: Caverna, Befana e Bragherona). Ritornello e Passagallo discutono della qualità di testo e musica: il primo li difende, aggiungendo che di norma il pubblico viene a teatro per chiacchierare, giocare e cenare, senza curarsi troppo dello spettacolo… Il secondo riporta alcune reazioni del pubblico: il soggetto è puerile, innaturale, i personaggi senza carattere, i contenuti bambineschi; e quanto alla musica: il compositore si limita a scopiazzare da altri, senza ispirazione e arte, è un ciabattino, non un maestro. Ritornello ribatte che le stesse critiche si potrebbero fare a tutti gli autori e compositori di questo mondo. Il librettista Delirio non si scoraggia per l’insuccesso: la strada per il Parnaso è faticosa, e anche illustri letterati vi han fatto naufragio. Ora inizia una sezione con accompagnamento, protagoniste le mamme [Bragherona: Ohè dico, Caverna, ascoltate!] durante la quale le tre megere si scontrano, ciascuna denigrando le figlie delle altre due, con ampie citazioni di manchevolezze, incapacità e fiaschi collezionati in ogni teatro. Vengono rinchiuse nei camerini, mentre gli altri si chiedono che fare, e come minimo di avere il compenso. Ma si scopre che Fallito è fuggito col malloppo! Generale sconcerto (mamme comprese, tornate in scena) e maledizione contro gli impresari. Poi il finale, a strumentazione piena [tutti: Noi giuriamo per que’ numi] è una sequela di propositi apparentemente disfattisti e minacce di sabotaggi espressi in sequenza da: Sospiro, Porporina, Delirio, Stornatrilla, Passagallo, Smorfiosa, Ritornello e, a nome delle mamme, da Bragherona (in Appendice le rispettive esternazioni). 

Ma in effetti è chiaro che nessuno ha intenzione di lasciare quel mondo che pure dice di disprezzare!

Appendice: Principali numeri musicali dell’opera.

Segue una lista di numeri musicali, che include quindi i recitativi accompagnati, escludendo invece i recitativi secchi:

 
A-S
Interprete
Numero musicale
I-1
Delirio-Sospiro-Fallito 

Fallito
Terzetto Oh che bell’opera! Che bella musica! [D-S]
              Con quell’estro bizzarro poetico {F}
Aria Signor Delirio, tante sentenze
I-2
Delirio-Sospiro
Duetto Ho di fuoco nel petto
I-3
Stonatrilla
Cavatina Camerieri! Staffieri! Lacchè!
I-4
Stonatrilla
Aria Ragazzuccia, mettete giudizio
I-5
Sospiro (per Porporina)
Aria Cari quegli occhi amabili
I-7
Ritornello
Porporina
Cavatina Benchè da te lontano
Aria Più non si trovano fra noi le mutrie
I-8
Smorfiosa
Aria Mio dolce amorino
I-9
Passagallo
Aria Vedrete che salti
I-10
Fallito
Delirio
Recitativo accompagnato Maledetta l’impresa
Aria State attento a quest’Oracolo
I-11
Tutti
Concertato Io vi giuro mie dive adorabili
Stretta Che veleno mi bolle nel petto!
II-1
Delirio-Sospiro-Fallito
Fallito
Terzetto Asinaccio! Ignorantaccio!
Ora sì, siamo aggiustati
II-2
Fallito
Aria Se di fare l’impresario
II-3
Ritornello-Delirio
Duetto Quel cocchier
II-4
Ritornello
Aria Col tuo dolce amico oblio
II-5
Sospiro (per Porporina)
Aria Barbara! E non rammenti
II-6
Ritornello
Smorfiosa

Stonatrilla-Ritornello
Porporina-Sospiro
Porporina

Stonatrilla

Ritornello
Tutti
Recitativo accompagnato Abbastanza finora
                                        Va! Sul tuo capo
Aria No, crudel d’amor capace
Duetto Ah non mi dir così
Recitativo accompagnato Dove corri, Rutleno
                                        Già propizio à miei voti
Aria Delfin che al laccio infido
Recitativo accompagnato Dove son! Che m’arriva! 
Aria Pallid’ombra del misero amante
Aria Quel nocchier / Ei ben scorge il rio periglio
Concertato Conoscete eh Porporina?
III-1
Nascareno (Ritornello)

Saebe (Smorfiosa)
Nascareno (Ritornello)
Saebe (Smorfiosa) 
Recitativo accompagnato Valorosi guerrieri
Aria Se con voi do in braccio al vento
Recitativo accompagnato Signor, soffersi assai 
                                        Non io bella regina
                                        Di te non so dolermi
Aria Saprei costante, e ardita
III-2
Rana (Porporina)
Recitativo accompagnato Presenta a Nasercano
III-3
Rossanara (Stonatrilla)
Nascareno (Ritornello)
Rossanara (Stonatrilla)
Recitativo accompagnato Duce, tornasti alfin
                                        Principessa gentil
Aria No, se a te non toglie il fato
III-4
Saebe (Smorfiosa)
*** interruzione ***
Passagallo
Recitativo accompagnato Rossanara è gelosa
*** interruzione ***
Recitativo accompagnato Riveriti signori
Aria I miei balli son tanti miracoli
III-5
Tutti
Tutti
Sospiro
Porporina
Delirio
Stonatrilla
Passagallo
Smorfiosa
Ritornello
Bragherona
Tutti
Accompagnato Ohè dico, Caverna, ascoltate!
Noi giuriamo per que’ numi
Io se ancora mill’anni ho da vivere
Io per me non vuo’ darmi altro incomodo
Nello stile d’enimma o d’Oracolo
In que’ giorni che piena passabile
Io per quanto si spenda in vestiario
Mille smorfie io farò, mille squasimi
Quanto a me spargerò nemicizie
Di mammaccia seguendo la regola
Noi giuriamo per que’ numi

La citata registrazione di Jacobs fruibile in rete contiene (nel tracciato temporale del video e nel sottostante commento) i dettagli a singoli numeri musicali o scene (inclusi quindi anche recitativi secchi) che sono di grande ausilio (insieme al testo del libretto) per seguire al meglio l’esecuzione. [Avvertenza: Jacobs sposta a prima del concertato finale dell’Atto II l’aria di Passagallo I miei balli son tanti miracoli, collocata nell’originale dopo l’interruzione dell’opera seria nell’Atto III].

Inoltre, chi volesse anche esplorare la partitura manoscritta, può visualizzarla (non scaricarla, ahinoi, salvo farne esplicita richiesta via e-mail) a questi link: Atto I, Atto II, Atto III.