I fatti narrati nel Rheingold ci dicono che il dio ha preso conoscenza e coscienza - tramite Alberich e Erda - della sua inevitabile fine. Ha ormai chiaro che lui - la divinità creata dalla paura e dall’auto-inganno (il Wahn) dell’Uomo come rifugio dai mali terreni (il Not) - e lo stesso Uomo religioso, sono destinati a soccombere di fronte al potere della conoscenza e della scienza (il Tesoro di Alberich che, sequestrato con l’inganno, solo temporaneamente è stato messo in grado di non nuocere, sepolto nella grotta di Neidhöhle e ivi custodito da Fafner).
Nè Siegmund può rappresentare la salvezza, in quanto - pur nel suo ardore rivoluzionario e nel suo nobile spirito di abnegazione - altro non è se non una manifestazione diretta dell’essenza del dio medesimo, incarnandone la più intima natura e soprattutto la sua ormai incurabile paura. E Fricka altro non rappresenta se non la coscienza religiosa - quindi dogmatica, incapace di qualunque autocritica - che reclama il rispetto delle leggi, senza rendersi conto che il tesoro di conoscenza che Wotan sta accumulando finirà per distruggere - con Siegmund - non solo il credo religioso, ma addirittura la moralità del sacrificio (rappresentato dall’amore di Siegmund per Sieglinde e dalla sua sua rinuncia al Walhall).
Il rischio è che la vittoria di Alberich - tutti dovranno rinunciare all’Amore per rincorrere unicamente l’Oro - porti ad un mondo dominato esclusivamente dall’egoismo.
Wotan ha compreso di non aver speranza di sopravvivenza, ma allo stesso tempo non può accettare il mondo scientifico e senza amore che Alberich si appresta ad imporre. Quindi desidera la fine, la distruzione del suo mondo, come sollievo ad un peso divenuto ormai insopportabile. Ma cerca ancora disperatamente almeno una consolazione nel puro, intimo sentimento: nell’Arte. Si prepara quindi a trasferire quell’arcana, primigenia ispirazione che diede origine al sentimento religioso al suo erede, l’eroe-artista Siegfried.
Ed eccoci quindi al punto centrale, come Wagner stesso lo definiva, del Ring, l’Atto II, Scena II: Wotan parla a Brünnhilde. È la figlia il prodotto della sua paura della Verità, e del suo desiderio di consegnare la Verità all’oblio, in modo da cessare di temerla. È lei che chiede al padre di rivelarle ciò che lo angustia. Prima di iniziare il suo lungo racconto, Wotan afferma di temere che la sua esternazione possa privarlo del sostegno della sua stessa volontà. E Brünnhilde gli testimonia che lei null’altro è se non la sua volontà. Al che Wotan afferma che, parlando a lei, lui in realtà parla a se stesso, e che ciò che rivelerà alla figlia rimarrà eternamente taciuto.
Schopenhauer descrisse la pazzia come ciò che accade ad un essere umano quando non sopporta di prender conoscenza di un qualche traumatico insulto alla propria immagine: la mente involontariamente reprime questa auto-coscienza e la sostituisce con una consolante fantasia. La pazzia di cui soffre Wotan è il Wahn, la follia collettiva del credo religioso che sostituisce un’illusione alla Verità e rimuove la consapevolezza della Verità fuori dalla vista e dalla mente.
Brünnhilde è l’inconscio di Wotan, nel quale egli - confessandosi a lei - reprime e trasferisce la conoscenza del suo essere, la sua propria identità, di cui non sopporta la consapevolezza. Cerca in ciò redenzione al suo sempre più insopportabile cruccio esistenziale. Brünnhilde diventa ora lo strumento di cui Wotan si può servire per creare l’eroe libero. Dato che Brünnhilde è la sua mente inconscia, il suo volere, nel quale lui ha trasferito l’orribile Verità riguardo la sua vera identità, adesso attraverso di lei Wotan può simbolicamente rinascere come Siegfried, il folle eroe in cui Wotan riacquista la sua innocenza, poichè Siegfried non conosce la sua propria identità. In Siegfried, attraverso Brünnhilde, potrà rinascere Wotan, ma privo della coscienza del suo essere (depositata in Brünnhilde). E Siegfried sarà perciò senza paura, poichè protetto dall’amore di Brünnhilde, che gli tiene lontana la vergognosa conoscenza della Verità.
In Siegfried, Wagner rappresenta se stesso, come l’eroe-artista, libero da credenze e dogmi religiosi. L’Arte, a differenza della Religione, non pretende di imporsi alla Realtà, essa ammette di essere una finzione, e nella sua più alta espressione - la musica - non prende posizione per Verità o Falsità: semplicemente gioca con il mondo.
Siegfried rappresenta quindi la secolarizzazione dell’Artista, che esprime un sentimento religioso laddove il pensiero religioso deve far posto a quello scientifico. Hagen rappresenta la moderna Scienza, che eredita un mondo senza dèi. Arte e scienza sono le eredità della fede religiosa.
Brünnhilde viene punita da Wotan per aver cercato di sfuggire (appoggiando Siegmund) la maledizione di Alberich rimanendo nel mondo reale, cosa che Wotan ha compreso essere impossibile. Ma Brünnhilde può forse redimere Wotan da quella maledizione in un modo meno vulnerabile alla minaccia di Alberich: proteggendo Siegfried dalla consapevolezza della realtà (insopportabile per Wotan) e ispirandogli imprese artistiche redentrici, che consegnino quella consapevolezza all’oblio, sostituendola con una consolante illusione, Brünnhilde può creare con Siegfried un Walhall di Arte, un nuovo rifugio dagli assalti di Alberich.
Per questo, quando Brünnhilde chiede a Wotan “Mi toglierai tutto ciò che mi hai dato?”, e lui risponde: “Chi ti farà sua te lo toglierà!”, egli allude al suo tesoro di conoscenza repressa, al contenuto della sua inconscia confessione, di cui il suo eroe Siegfried sarà erede. Tale conoscenza rimarrà dormiente (con Brünnhilde) per tutti, tranne che per l’autentico eroe-artista, che solo potrà trarvi ispirazione per creare quelle opere d’arte che redimano l’umano impulso religioso per la trascendenza dalla minaccia della scienza.
(continua)