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07 ottobre, 2011

Orchestraverdi – concerto n 4




È Dvorak il protagonista del 4° concerto, preceduto da una presentazione del maestro Aldo Ceccato (più vicino ormai agli 80 che ai 70, ma con lo spirito di un ragazzo!) diventato una vera e propria autorità in merito, e di Enzo Beacco.


L'impaginazione sembra quella di una sessione di prove dell'orchestra: prima suonano soltanto gli archi, poi soltanto i fiati (più alcuni archi bassi, per il vero) e infine tutto il pacchetto.

La prima parte del concerto è infatti occupata dalle due Serenate: l'Op.22, che chiama in causa esclusivamente violini, viole, violoncelli e contrabbassi, seguita dall'Op.44 per 10 fiati (flauti esclusi!) violoncello e contrabbasso. Composte a tre anni di distanza l'una dall'altra (1875-1878) hanno in comune una caratteristica strutturale: nell'ultimo movimento (il 5° per la prima, il 4° per la seconda) ricompare ciclicamente il tema principale del movimento iniziale. Insomma, una specie di marchio di fabbrica - o se preferite: di pisciatina di cane (fate voi, smile!) - che Dvorak ha apposto a queste due composizioni. Un'altra caratteristica delle due serenate è il rifarsi (vagamente) al modello brahmsiano: anche il burbero amburghese, di cui il boemo era diventato pupillo ed epigono, aveva composto due serenate, di cui la seconda (op.16) per fiati (flauti inclusi, peraltro) viole, violoncelli e contrabbassi.
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L'Op.22 è in 5 movimenti e si apre con un Moderato, in MI maggiore, dove i violini secondi ci fanno subito ascoltare il delicato tema principale, che si muove adagiato sulla mediante SOL:
Il tema è ripreso dai violini primi, che lo conducono verso la dominante SI, come pretenderebbero i canoni della forma-sonata. Ma dal SI ridiscende tosto al MI di impianto, e ancora i violini secondi espongono il tema principale, che essi stessi nuovamente portano, con modulazione più complessa e increspandolo, per così dire, con piccole acciaccature, al SI maggiore. Siamo arrivati quindi al secondo tema, da esporre sulla dominante? Nemmeno per sogno, poiché qui siamo in una serenata, non in una sinfonia o concerto e nemmeno in un quartetto, e il compositore si prende tutta la libertà che vuole, in questo caso di modulare rapidamente a SOL maggiore, dove sono sempre i violini secondi a presentare il secondo tema, assai più mosso del primo, ma pur sempre leggero e delicato:

Lo sviluppo del tema comporta una modulazione al SI (quasi un richiamo della foresta della forma-sonata…) ma è cosa effimera, e subito si torna al SOL e poi, passando fugacemente dalla sottodominante DO, si torna a casa, attraverso quartine discendenti in semicroma. Tocca ai violini primi la ripresa del tema principale in MI maggiore, che dopo la seconda esposizione sfocia in una cadenza (passando sul LA e sul SOL) da cui si arriva alla chiusa, dove ancora i violini primi esalano in pianissimo il tema, con due increspature sulla mediante prima dell'accordo finale di MI. La struttura di questo movimento era quindi assai semplice: A-B-A, ma quanti piccoli dettagli la impreziosiscono!

Segue un Tempo di Valse, strutturato in realtà come un classico scherzo+trio. In chiave ci sono 3 diesis invece di 4, ma la tonalità della prima sezione (con ritornello) è DO# minore. Il tema è esposto inizialmente dai violini primi:
Si inerpica di un'ottava dalla dominante, sfiora la sesta e scende sulla tonica, dove riposa per 4 battute e poi si ripete, anche nei violini secondi. Viene ancora ripetuto due volte, un'ottava più in alto. Dopo il ritornello ecco la seconda sezione (anch'essa col da-capo) che giustifica i tre accidenti in chiave, essendo in LA maggiore. È la prima cellula del tema iniziale che viene elaborata e ripetuta più volte fino a sfociare sulla tonica LA e da qui chiudere in DO# per il ritornello. Eseguito il quale, dal LA si modula quasi alla chetichella sul DO# per la terza sezione, dove si riprende il tema principale, che chiude su due accordi (dominante-tonica) in fortissimo di DO# minore. Ecco ora il Trio, che per enarmonia modula a REb maggiore, su un tema che degrada due volte per un'ottava, prima dalla mediante, poi dalla tonica:


Tema ripetuto un'ottava più in alto (anche questa sembra una costante del brano) prima di modulare brevemente a MI maggiore per poi tornare sul REb, per il da-capo. Dopo del quale una transizione di 8 battute (ripetute) ci porta verso la tonalità di DO minore, dove udiamo un frammento del primo tema. Da qui altra modulazione a LAb che diventa dominante del REb con cui il tema del Trio viene ripreso e riesposto due volte, su due ottave diverse. Si torna quindi all'inizio e si ripetono, senza ritornelli, le tre sezioni dello scherzo, che stavolta però chiude – sorprendentemente – in DO# maggiore.

Il terzo movimento è propriamente lo Scherzo, 2/4 in FA maggiore. il tema iniziale è esposto da violoncelli e violini primi, a canone:
Anche qui abbiamo l'immancabile processo consistente nel riprendere il tema un'ottava più in alto. Poi il movimento procede quasi come un moto perpetuo, con veloci quartine in sedicesimo, fino ad una prima stasi (le semicrome – che ricordano il finale della quarta beethoveniana - diventano crome e poi semiminime) dove compare nei violini secondi un tema dolce, che sale a piccoli balzi dalla sopratonica alla sottodominante, e viene anch'esso ribadito all'ottava superiore dai violini primi (proprio una manìa, questa!):
Lo sviluppo di questo tema porta ad una modulazione a LA minore, tonalità nella quale viene esposto ora il tema iniziale, che introduce un passaggio in LA maggiore che porta alla reiterazione del tema in questa tonalità e poi in altre ascendenti, fino al ritorno a casa, al FA maggiore. Da qui in pratica si ricapitola tutto quanto esposto in precedenza, fino alla chiusa, fortissimo, in FA.

Abbiamo ora il Larghetto, in LA maggiore, il cui tema non può nascondere una chiara ascendenza con quello del Trio del terzo movimento:
Il tema viene sviluppato con diverse modulazioni, fino alla chiusa in pianissimo, con il LA dei violini primi in armonico.

Il Finale è un Allegro vivace, che attacca in FA# minore, con un tema di danza, questa volta esposto già sull'ottava alta, come quella della ripetizione:
Un secondo motivo dal metro giambico appare poco dopo, sempre in FA# minore:
Dopo la riesposizione del primo tema si passa a MI maggiore con l'entrata di un terzo motivo di danza:
Che ha uno sviluppo vorticoso di semicrome che poi si placa, portando ad un intermezzo languido in cui viene riesposto il tema del Larghetto, qui in SI maggiore. In questa tonalità torna il tema principale, seguito dal secondo motivo giambico, ancora in FA# minore e poi dal terzo, in MI maggiore. Quest'ultimo si sviluppa in una lunga serie di semicrome, poi sfuma lentamente per lasciar posto al ritorno del tema principale del primo movimento (Moderato) della serenata, che cadenza come a chiudere in pianissimo, ripetendo le ultime 3 misure del movimento iniziale. Invece, sull'ultima, riattacca (Presto) il primo tema del Finale, che chiude in gloria con un triplice accordo perfetto di MI maggiore.
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Ceccato chiama sul palco non più di 30 professori, per dare proprio l'impronta cameristica al brano. Esecuzione impeccabile, accolta da grandi applausi e dai complimenti – a gesti e a parole - che lo stesso Maestro fa ai ragazzi, guidati da Luca Santaniello.
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L'Op.44 è in 4 movimenti e si apre con un Moderato, quasi marcia, in RE minore, dove pare di sentire e vedere una banda di Giannizzeri in parata:
La prima sezione del tema è in RE minore, mentre la seconda sfocia nella relativa FA maggiore. Dopo la prima esposizione in forte, il tutto viene ripetuto una prima volta in piano, poi una seconda ancora forte, con strumentazione più ricca. La parte centrale del movimento è in FA maggiore, caratterizzata da melodie per terze di classico stampo boemo e da veloci semicrome:

Una transizione di cui sono protagonisti i corni porta poi ancora al tema iniziale, sempre in RE minore, che però subito modula a ripetizione (LA, SOL, FA, MIb, RE, DO, SIb, SOL, FA) fino a tornare al RE, dove troviamo una cadenza che pare di musica spagnolo-gitana, sulla dominante LA, che ci guida poi alla chiusura in RE maggiore.

Adesso abbiamo un Menuetto, 3/4 in FA maggiore. Richiama una tipica danza boema, la Sousedská, ma qui pare proprio di ascoltare Brahms, in particolare la Seconda sinfonia, che aveva visto la luce da pochissimo, quando Dvorak componeva questa serenata:
Il tema del Minuetto, che si caratterizza poi per la presenza di una scala discendente (4 semicrome che si appoggiano ad una semiminima) che torna incessantemente, viene ripetuto altre due volte, prima che i clarinetti, con veloci quartine di semicrome, armonizzate per terze, introducano il Trio in SIb, sul ritmo della Furiant, altra danza ceca:
Qui oboi, clarinetti e fagotti sono chiamati a grandi virtuosismi, con continue volate di crome, sottolineate da larghi accompagnamenti dei corni. Chiuso il Trio, si passa alla riesposizione del tema principale del minuetto, in FA maggiore. La figura della scala discendente di 4 semicrome si ripete qui da svariate altezze, fino alla chiusa in pianissimo.

Segue l'Andante con moto, 3/4 in LA maggiore (i clarinetti prendono lo strumento adeguato, posando quello in SIb). È un movimento praticamente monotematico, introdotto dai clarinetti (dominante-tonica) e dagli oboi (tonica-dominante) poi esposto ancora dai clarinetti, salita dominante-tonica e quindi discesa di un'ottava, con risalita plagale alla quarta e appoggio sulla mediante:
Il tema è riesposto dal primo oboe, ma ben presto sarà un motivo, semplice quanto penetrante, a prendere il centro dell'attenzione. È il primo clarinetto a presentarlo per la prima volta, ma poi lo sentiremo nell'oboe, anche nel fagotto, ma soprattutto nel corno:


Si muove fra mediante (e sopratonica), sesta e dominante, prima in maggiore, poi in minore. A me ricorda irresistibilmente l'accompagnamento di una sezione dell'aria di Tatiana dell'Onegin (in realtà si tratta di pura e semplice coincidenza, chè il primo atto dell'opera di Ciajkovski e la serenata di Dvorak furono composti praticamente nelle stesse settimane…) È comunque questo motivo che prende decisamente il sopravvento, sottoposto a un complesso trattamento e variamente contrappuntato. E dopo un breve ritorno del tema iniziale, è ancora lui a condurre il movimento alla delicata conclusione. 
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Il Finale è un Allegro molto, una specie di Rondò, che si apre subito con l'introduzione del tema principale:


Tema ripreso e variato nei suoi diversi ritorni, che verso la fine lasciano posto ad un ritorno del tema giannizzero che aveva aperto la serenata, in RE minore. Ma poi si torna al maggiore e si vola verso la conclusione. Davvero strepitosa la cadenza finale dei tre corni, prima dell'accordo conclusivo di RE maggiore:
Insomma, un pezzo che definirei quasi un gioiello. Peccato sia eseguito così di rado!
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Ceccato lascia a casa il controfagotto (è un optional) e al suo posto rinforza gli archi, aggiungendo due violoncelli. La prestazione dei verdiani è eccezionale, in effetti devono suonare tutti come fossero dei solisti. E quindi tutti indistintamente meritano una lode, cosa che il pubblico non ha mancato di fare.

Dopo l'intervallo, l'inflazionata Sinfonia Dal nuovo mondo. Qui francamente Ceccato mi è parso voler persino strafare, esagerando un po' con il mettere in eccessiva evidenza dettagli che converrebbe lasciare più in background, come semplice accompagnamento. Poi, più che dirigere, ha mimato la sinfonia, con atteggiamenti magari simpatici, ma un po' troppo gigioneschi. Però l'orchestra ha suonato splendidamente, senza una sbavatura, e il trionfo finale è stato completo.

Fra un paio di settimane il 5° concerto, con un Ciajkovski leggero e Shostakovich.
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