bipolarismi

bandiera bianca vs bandiera nera

21 ottobre, 2017

1517-2017 in musica con laVerdi


Ieri sera in Auditorium laVerdi, guidata dal suo Direttore Artistico ed Esecutivo ha commemorato il 500° anniversario della Riforma protestante con un concerto che ha havuto come filo conduttore il testo luterano Ein feste Burg ist unser Gott.

Il pezzo centrale – ma anche il pezzo forte – della serata era la Cantata BWV80 di Bach, incastonata fra l’originale luterano e la Sinfonia della riforma di Mendelssohn.

Come ha puntualmente ricostruito Raffaele Mellace nel suo monumentale tomo sulle Cantate di Bach, la BWV80 risale, forse, addirittura ai tempi di Weimar (1715); fu poi ripresa a Lipsia già (sempre... forse) nel 1724, poi arricchita ulteriormente nel periodo 1727-1731 e infine completata in tempo (1739) per il secondo centenario dell’introduzione della Riforma nella città sassone.  

Nel corso dei decenni (e dei secoli, ormai) oltre ad essere divenuta di gran lunga la più famosa delle Cantate bachiane, la BWV80 ha anche subito diversi rimaneggiamenti e/o (presunti) arricchimenti. Uno di questi riguarda la strumentazione, che nell’800 venne apocrifamente rinforzata con l’impiego di trombe e timpani, come si può notare qui:


E ciò andò di pari passo, specie nel ‘900, con il discutibile gigantismo di orchestre e cori impiegati per l’esecuzione, di cui Karl Richter fu assoluto (ma anche contestato) campione. Ecco qui invece un’esecuzione (senza coro) che ci riporta proprio ai tempi di Bach, rivelando tutta la purezza delle linee melodiche e il sublime contrappunto del grande Sebastiano. Messi in evidenza in questa interessante analisi del brano iniziale.

Seguiamo proprio la citata esecuzione olandese per scoprire il contenuto di questo autentico scrigno.

41” Il n°1 (Corale-fantasia, RE maggiore, 4/4) impegna le quattro voci S-A-T-B (solisti e coro, quando presente) più gli strumenti al completo nell’esposizione in mirabile contrappunto della prima delle quattro strofe di Luther, su una melodia che riprende, variandolo, l’originario tema luterano.

Ein feste Burg ist unser Gott,
Ein gute Wehr und Waffen;
Er hilft uns frei aus aller Not,
Die uns itzt hat betroffen.
Der alte b
öse Feind,
Mit Ernst er's jetzt meint,
Groß Macht und viel List
Sein grausam Rüstung ist,
Auf Erd ist nicht seinsgleichen.
Il nostro Dio è una fortezza sicura,
una buona difesa e buona arma;
egli ci aiuta liberandoci da ogni male
che si è abbattuto fin'ora su di noi.
L'antico e malvagio nemico
è seriamente risoluto,
grande forza e molta falsità
sono le sue orribili armi,
nessuno è come lui sulla terra.
  
6’08” Il n°2 (Aria, RE maggiore, 4/4) è un duetto (S-B) su parole (evidenziate) di Salomo Franck (autore dei testi delle cantate composte da Bach a Weimar) esposte dal Basso e contrappuntate dal Soprano con la seconda strofa del Lied luterano. L’accompagnamento è limitato ad archi e oboe. Qui si parla del Cristo come condottiero di schiere in battaglia, per la vittoria della fede. Si noti come il soprano accompagni la melodia del basso con il tema luterano. Qui si parla del Cristo come condottiero di schiere in battaglia, per la vittoria della fede. Si noti come il soprano accompagni la melodia del basso con il tema luterano.

Alles, was von Gott geboren,
Ist zum Siegen auserkoren.

Mit unsrer Macht ist nichts getan,
Wir sind gar bald verloren.
Es streit' vor uns der rechte Mann,
Den Gott selbst hat erkoren.
Wer bei Christi Blutpanier
In der Taufe Treu geschworen,
Siegt im Geiste für und für.

Fragst du, wer er ist?
Er heit Jesus Christ,
Der Herre Zebaoth,
Und ist kein andrer Gott,
Das Feld mu er behalten.
Alles, was von Gott geboren,
Ist zum Siegen auserkoren.
Tutto ciò che è nato da Dio
è destinato alla vittoria.
Niente può essere fatto con le nostre forze,
subito saremmo perduti.
Combatte per noi il Giusto,
che Dio stesso ha scelto.
Chiunque con il vessillo del sangue di Cristo
abbia giurato fedeltà al battesimo,
vince nello spirito per sempre.
Tu sai chi è lui?
Il suo nome è Gesù Cristo,
il Signore degli eserciti,
e non c'è altro Dio,
lui domina il campo di battaglia.
Tutto ciò che è nato da Dio
è destinato alla vittoria.

9’48” Il n°3 (Recitativo, SI minore, poi FA#, 4/4) è affidato al Basso (testo di Franck) che esalta il pentimento del fedele e la sua vittoria su Satana.

Erwäge doch, Kind Gottes, die so große Liebe,
Da Jesus sich
Mit seinem Blute dir verschriebe,
Wormit er dich
Zum Kriege wider Satans Heer
und wider Welt, und Sünde
Geworben hat!
Gib nicht in deiner Seele
Dem Satan und den Lastern statt!
Laß nicht dein Herz,
Den Himmel Gottes auf der Erden,
Zur Wüste werden!
Bereue deine Schuld mit Schmerz,
Dass Christi Geist mit dir sich fest verbinde!
Considera, figlio di Dio, un amore così grande, 
che Gesù stesso
ha sottoscritto con il proprio sangue
il tuo arruolamento
nella guerra contro le schiere di Satana, contro il mondo 

e contro il peccato!
Non date spazio nella vostra anima
a Satana e alla depravazione!
Non lasciate che i vostri cuori,
il Cielo di Dio sulla terra,
diventino un deserto!
Pentitevi con dolore della vostra colpa,
così che lo Spirito di Cristo aderisca con forza ad  essi!

111’37” Il n°4 (Aria, SI minore, 12/8) sempre su testo di Franck, è cantata dal Soprano (con il solo accompagnamento del continuo) che invoca il Signore Gesù perchè scenda nell’anima, scacciandovi Satana.

Komm in mein Herzenshaus,
Herr Jesu, mein Verlangen!
Treib Welt und Satan aus
Und lass dein Bild in mir erneuert prangen!
Weg, schnöder Sündengraus!
Vieni ad abitare nel mio cuore,
mio Gesù, mio desiderio!
Scaccia il mondo e Satana
e fà che la tua immagine risplenda in me rinnovata! 
Via, orribile arroganza del peccato!

14’28” Il n°5 (Corale, RE maggiore, 6/8) è cantato dalle quattro voci all'unisono (!) sul testo della terza strofa di Luther e su una variante del tema originale. Nobile l’accompagnamento dei due oboi d’amore e del taille (oboe tenore, dal suono più grave degli altri due). Ripropone il tema della lotta fra bene e male e della vittoria finale del soprannaturale sul materiale.

Und wenn die Welt voll Teufel wär
Und wollten uns verschlingen,
So fürchten wir uns nicht so sehr,
Es soll uns doch gelingen.
Der Fürst dieser Welt,
Wie saur er sich stellt,
Tut er uns doch nicht,
Das macht, er ist gericht',
Ein Wörtlein kann ihn fällen.
E se anche il mondo fosse pieno di demoni
e volesse inghiottirci,
noi non avremmo paura,
comunque otterremmo la vittoria.
Il Principe di questo mondo,
per quanto feroce possa essere,
nulla può farci,
poiché è già stato giudicato,
una sola parola lo può abbattere.

18’24” Il n°6 (Recitativo, SI minore - RE maggiore, 4/4) è affidato al Tenore (testo di Franck): ribadisce l’appello all’anima perchè resti con Cristo fino alla vittoria finale sul nemico:

So stehe dann bei Christi blutgefärbten Fahne,
O Seele, fest
Und glaube, dass dein Haupt dich nicht verlässt,
Ja, dass sein Sieg
Auch dir den Weg zu deiner Krone bahne!
Tritt freudig an den Krieg!
Wirst du nur Gottes Wort
So hören als bewahren,
So wird der Feind gezwungen auszufahren,
Dein Heiland bleibt dein Hort!
Resta accanto al vessillo del sangue di Cristo,
oh anima, con fermezza
e con la certezza che non perderai il tuo capitano, 
sì, e che la sua vittoria
aprirà la strada anche alla tua corona!
Marcia con gioia alla guerra!
Se metti in pratica la Parola di Dio
così come la ascolti,
il nemico sarà costretto a retrocedere,
il tuo Salvatore resta il tuo tesoro!

19’47” Il n°7 (Aria, SOL maggiore, 3/4) è un duetto (A-T) con l’accompagnamento del violino e dell’oboe da caccia (in FA). Il testo, di Franck, prefigura la felicità celeste per coloro che si renderanno a Dio con fede incrollabile:

Wie selig sind doch die,
die Gott im Munde tragen,
Doch selger ist das Herz,
das ihn im Glauben trägt!
Es bleibet unbesiegt
und kann die Feinde schlagen
Und wird zuletzt gekrönt,
wenn es den Tod erlegt.
Felici coloro che hanno Dio
sulla loro bocca,
ma più felice il cuore
che conserva in lui la fede!
Resta invincibile
e può sconfiggere i suoi nemici
e nell'ora della vittoria sulla morte sarà infine incoronato.

23’55” Il n°8 (Corale, RE maggiore, 4/4) chiude in gloria la cantata con la quarta strofa di Luther e il suo tema originale:

Das Wort sie sollen lassen stahn
Und kein' Dank dazu haben.
Er ist bei uns wohl auf dem Plan
Mit seinem Geist und Gaben.
Nehmen sie uns den Leib,
Gut, Ehr, Kind und Weib,
Laß fahren dahin,
Sie habens kein' Gewinn;
Das Reich muss uns doch bleiben.
Non bisogna toccare la Parola di Dio
e non interpretarla a proprio vantaggio.
Egli è con noi secondo i suoi piani
con il suo Spirito e i suoi doni.
Se porteranno via i nostri corpi,
beni, onore, figli, moglie,
lasciamoli pure andare,
ma non avranno alcun bottino;
il Regno resterà sempre con noi.
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Jais, che ha speso 5 minuti per introdurre le tre opere in programma, ha adottato una soluzione di onesto e onorevole compromesso: intanto dimenticando trombe e timpani; e poi impiegando un organico ridotto (poco più di 20 strumenti e 30 coristi). Non avendo a disposizione la sua BAROCCA, ha invece suonato a 440 Hz (Bach avrebbe sentito il suo RE come un MIb!) e la taille, l’oboe da caccia e quelli d’amore sono stati surrogati dal moderno corno inglese e da oboi disamorati (!) Discutibile  - ma siamo ai dettagli minimi – la scelta di far suonare non solo al continuo, ma anche agli strumenti il corale conclusivo (peraltro Jais li ha tenuti a volume bassissimo, quasi a creare non più che un lontano sfondo al canto di coro e solisti).

Insomma, un mix più che accettabile, date le circostanze, e impreziosito dalla bontà delle quattro voci soliste, in primo luogo Christian Senn e Ana Maria Labin che hanno le parti oggettivamente più corpose (ma bravi anche Julia Böhme e Thomas Hobbs). Come sempre encomiabile la prestazione del Coro di Erina Gambarini, qui giustamente a ranghi assai ridotti.
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Prima della cantata il solo coro aveva introdotto il tema del concerto, cantando le quattro strofe di Luther, accompagnato ed introdotto splendidamente dall’organo di Davide Pozzi.

Simpaticamente bizzarra la scelta di Jais di far suonare in posizione eretta violini, viole e contrabbassi nella Riforma mendelssohniana (i violoncelli se la sono sfangata, date le caratteristiche ibride dello strumento... però per par-condicio avrebbero meritato di dover suonare in ginocchio!) Il Direttore potrebbe spiegare la ragione della trovata: forse una specie di attenti! per omaggiare Lutero !?)
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Se posso permettermi una chiosa personale: i suoni eterei di Bach hanno contribuito a ripristinare nelle mie orecchie un po’ di quell’equilibrio musicale che era stato rotto dalle sesquipedali esternazioni mahlerian-gattiane della sera precedente!

20 ottobre, 2017

La Resurreziona di Gatti alla Scala

 

Ieri sera Daniele Gatti ha diretto per la terza volta nel giro di pochi giorni l‘ipertrofica Auferstehungssymphonie di Gustav Mahler, che è tornata a risuonare nel Piermarini precisamente dopo 16 anni (Gergiev con i suoi del Marinski).   

No, nel titolo non c’è alcun refuso: è che Gatti ha - selon moi – esagerato un filino con la prosopopea mahleriana, ecco. Questi grandi affreschi musicali (è un vecchio titolo del 5° Canale della Filodiffusione) sono già di per sè problematici da digerire (richiedono all’ascoltatore non passivo un approccio da esercizi spirituali, con tanto di coinvolgimento razionale ed emotivo): perchè dietro le note ci sono filosofie, psicologie, idiosincrasie, velleità, ingenuità, sogni e incubi, insomma un coacervo di ingredienti che – se non dosati più che attentamente – rischiano di trasformare il grande affresco in una mappazza piuttosto dura da mandar giù.

Il primo ad avere una reazione di rigetto verso la Sinfonia, anzi precisamente verso la Totenfeier, che ne divenne in seguito il primo movimento, fu uno che di musica d’avanguardia (ai tempi) se ne intendeva parecchio ed anzi ne era un acceso fautore, a dispetto delle disavventure coniugali che ciò gli aveva procurato: parlo di tale Hans von Bülow, fanatico lisztiano e wagneriano che, ascoltando a fine settembre 1891 la Totenfeier suonatagli al pianoforte da Mahler (che fu suo vice ad Amburgo) diede letteralmente in escandescenze, esclamando: Se questa è musica, allora significa che io di musica non capisco più un accidente! Dopodichè Mahler, ironia della sorte, trasse l’ispirazione per il Finale della Sinfonia proprio dai funerali di Bülow, ascoltando il testo di Klopstock colà declamato!

Sappiamo che nella sua seconda Mahler, trasformando e arricchendo quella specie di poema sinfonico che era in origine la Totenfeier (una copia noir della contemporanea straussiana Tod und Verklärung) ha tracciato, per giustapposizione (apparentemente?) bislacca di altri 4 movimenti, un percorso che parte dalla morte dipinta come un evento senza... futuro, per poi arrivare – attraverso il riandare a fasi serene, ma anche cupe e/o grottesche, dell’esistenza terrena – fino allo spalancarsi della porta che dà sul... Paradiso! Beh, un programma velleitario per davvero, tipico del romanticismo tardo-decadente nei contenuti e ibrido nella forma (l’ostentata teatralità trasferita di peso nel mondo sinfonico): e il rischio quindi di eccedere in enfasi, retorica e kitsch è sempre dietro l’angolo.   

Ecco, la direzione di Gatti – sempre per me, ovvio – ha contribuito a far materializzare quel rischio, certo non in maniera clamorosa (per dire, Flor con laVerdi anni fa aveva fatto di peggio, ma lo stesso grande Lenny Bernstein ai suoi tempi non lesinava su gigionerie assortite...): vai a sapere se si è trattato di una scelta programmatica del Direttore (che nei recenti Meistersinger aveva invece lodevolmente adottato un approccio del tutto anti-retorico) o invece di un esito magari indesiderato, ma tant’è, questo è ciò che è arrivato alle mie orecchie. Ma anche al mio orologio, se è vero che, a fronte degli 80 minuti previsti dallo stesso Mahler come durata di riferimento, Gatti ha sforato di (minimo) 10 minuti (escludendo i più di 5 impiegati per far entrare il coro dopo la Totenfeier...)

In particolare a sembrarmi decisamente troppo sostenuti sono stati i due movimenti esterni, dove affettazione e magniloquenza degne francamente di miglior causa l’hanno fatta da padrone. Accettabile il Ländler e decisamente buona la predica di SantAntonio ai pesci, che è propriamente una parodia della serietà e come tale è stata suonata.

Le due voci coinvolte nell’avventura hanno dato il loro contributo emotivo alla sinfonia: in particolare la Christianne Stotijn con quel REb (maggiore) che attacca il Lied della rosellina, salendo dal DO (minore) del predicozzo ai pesci, primo passettino musicale che porterà alla fine al glorioso, religioso ed eroico MIb maggiore che accoglierà l’esito supremo della Resurrezione; e poi con la fede che ha messo – con la Miah Persson - in quel O glaube di parsifaliana ascendenza.

Poderoso, non solo nelle esplosioni finali, ma più ancora nel misterioso ppp all’attacco dell’Auf-er-steh’n, il Coro di Mario Casoni, sempre perfetto, nelle geniali sguaiatezze del Freischütz di queste stesse sere, come nelle retoriche perorazioni di Klopstock.    
  
Infine una nota di colore: Gatti si è portata sul leggìo – e l’ha sfogliata pagina dopo pagina – l’immensa partitura: niente di male in ciò, sia chiaro. Però io ricordo un Gatti che nel 2008 diresse alla Scala un Wozzeck e poi un intero Don Carlo a memoria, e poco tempo dopo, sempre qui, lasciò in camerino la tremenda partitura dello stravinskiano Sacre! (Domanda: scherzi dell’età... ?)

In ogni caso... sempre di Mahler si tratta – nel bene e nel male – e il pubblico che riempiva il Piermarini lo ha accolto con tripudio e ripetute ovazioni per tutti i Musikanten. Quindi una serata comunque positiva, di quelle che ti mandano a nanna facendoti dimenticare (per una notte almeno) le miserie quotidiane: renzi, vischi e boschi, per capirci... 

18 ottobre, 2017

Chung esalta Weber alla Scala


Der Freischütz è arrivato ieri alla sua terza delle otto recite alla Scala, dove è tornato dopo quasi 20 anni di latitanza. Myung-Whun Chung, lo dico subito, è l’autentico artefice del successo di questa produzione.

Come per tutti i Singspiel (dal Ratto al Flauto, al Fidelio, e giù fino alla prima Carmen) anche qui nasce il problema di quanto parlato conservare, rispetto a quanto convenga buttare nel cestino. Mi pare che la scelta di questa produzione sia sostanzialmente equilibrata, conservando ciò che è assolutamente essenziale per la comprensione della vicenda, ed eliminando il superfluo. Al proposito è condivisibile la scelta (non è un’invenzione) di Chung riguardo l’inizio del terz’atto. Weber, forse con l’intenzione di creare uno stacco dopo l’infernale Wolfsschlucht che chiude l’atto secondo, ha previsto un’Entre Act brillante che anticipa quasi letteralmente lo Jägerchor che più tardi precederà il finale. Introduzione che è seguita da un lungo parlato, dove un paio di cacciatori si scambiano banali battute di carattere meteorologico (e queste per davvero sarebbero insopportabili) ma dove poi Caspar e Max discutono animatamente sulla distribuzione fra loro e l’impiego delle sette pallottole magiche fuse la notte precedente. Questa parte del dialogo è di fondamentale importanza per comprendere poi ciò che avverrà nel finale (la schioppettata di Max verso la bianca colomba che invece il diavolo Samiel indirizza a colpire Agathe, anzi... Caspar). Bene, Chung elimina l’Entre Act e l’intero parlato che segue, attaccando l’atto con la sublime melodia del violoncello solo che introduce la cavatina di Agathe. Quindi, per rimettere le cose a posto sul piano della comprensibiltà della vicenda successiva, piazza il breve incontro fra Caspar e Max subito prima dello Jägerchor.

La direzione del Maestro coreano è assolutamente di prima classe: forse, mi verrebbe da dire, fin troppo raffinata ed elegante anche in quei non pochi momenti in cui Weber – credo intenzionalmente – carica la musica (e i cori) di accenti piuttosto sbracati e colmi di rozzezza contadina. Ma in compenso il nitore e la trasparenza del suono sono precisamente da incorniciare!

Il Coro di Casoni, appunto, dà ancora una volta una prova della sua compattezza e del suo affiatamento, creando in modo brillante ed efficace sia le atmosfere villerecce che caratterizzano la vicenda, sia quelle da tregenda che accompagnano la spaventevole scena alla Gola del lupo.

Compagnia di canto bene assortita. Su tutti la Agathe di Julia Kleiter, davvero emozionante nelle sue due prove più impegnative: l’aria del second’atto e la cavatina che apre il terzo, lungamente applaudite. Con lei il convincente Caspar di Günther Groissböck, voce corposa e penetrante, perfettamente attagliata al sinistro personaggio.

Michael König è un dignitoso Max, a cui manca forse qualche decibel per meritare l’eccellenza. La voce è bella, squillante (la parte peraltro non mi pare proibitiva) ma appunto fatica a riempire il grande spazio scaligero. Sul suo piano metterei la Äennchen di Eva Liebau, le cui due fatiche solistiche (arietta del second’atto e romanza-aria del terzo) sono state superate onorevolmente, e quindi apprezzate dal pubblico.

Gli altri quattro comprimari (la cui presenza canora in scena è abbastanza sporadica) hanno pure ben meritato. Farei una menzione per Stephen Milling, imponente ed autorevole Eremita.

Alla fine il pubblico non oceanico ha riservato meritati applausi a tutti quanti.
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L’allestimento di Matthias Hartmann è improntato al minimalismo della scenografia (di Raimund Orfeo Voigt) accompagnato dalla bizzarrìa dei costumi della coppia Susanne Bisovsky e Josef Gerger. Efficaci le luci (a parte i profilati di neon, davvero ridicoli) di Marco Filibeck.

Un misto di kitsch e goliardia che ci può anche stare, data la natura del soggetto, che per la verità potrebbe prestarsi anche ad interpretazioni più profonde o magari intellettualoidi.

In definitiva, un ritorno alla Scala (almeno per quanto mi riguarda) assai gradito. 

17 ottobre, 2017

laVerdi commemora Martin Luther


Oltre a quella sovietica, di cui si celebra il centenario, in questo ottobre 2017 ricorre nientemeno che il mezzo-millennio di un’altra rivoluzione, non meno ricca di conseguenze per l’intera umanità: la Riforma luterana: fu precisamente sabato 31 ottobre del 1517 quando Martin Luther espose sul portale della Schlosskirke di Wittenberg le sue rivoluzionarie tesi.

Ruben Jais (che non è solo il Manager dell’Orchestra, ma è anche un Direttore con i fiocchi) ha deciso di ricordare quel capitale evento con un concerto straordinario de laVerdi, programmato in copia unica per venerdi 20, ore 20:30 in Auditorium.

Per l’occasione ha scelto un percorso rettilineo che ci porterà dall’originale luterano Ein feste Burg ist unser Gott alla cantata BWV80 di Johann Sebastan Bach (che reca lo stesso titolo e riprende più volte, variandola, la linea melodica di Luther) per chiudere infine con la Reformationssinfonie di Felix Mendelssohn Bartholdy, il cui ultimo movimento (20’52”) cita precisamente la melodia del corale luterano.

Le voci impegnate nei primi due brani sono quelle del Coro di Erina Gambarini e dei quattro solisti di canto: soprano Ana Maria Labin, alto Julia Böhme, tenore Thomas Hobbs e baritono Christian Senn.

Un’occasione da non perdere: la prossima sarà fra 5 secoli!
«Ein feste Burg ist unser Gott,
Ein gute Wehr und Waffen.
Er hilft uns frei aus aller Not,
Die uns jetzt hat betroffen.
Der alt böse Feind,
Mit Ernst er's jetzt meint.
Groß Macht und viel List
Sein grausam Rüstung ist.
Auf Erd ist nicht seinsgleichen.
Mit unsrer Macht ist nichts getan,
Wir sind gar bald verloren.
Es streit't für uns der rechte Mann,
Den Gott hat selbst erkoren.
Fragst du, wer der ist?
Er heißt Jesus Christ,
Der Herr Zebaoth,
Und ist kein ander Gott.
Das Feld muß er behalten.
Und wenn die Welt voll Teufel wär
Und wollt uns gar verschlingen,
So fürchten wir uns nicht so sehr,
Es soll uns doch gelingen.
Der Fürst dieser Welt,
Wie saur er sich stellt,
Tut er uns doch nicht.
Das macht, er ist gericht't.
Ein Wörtlein kann ihn fällen.
Das Wort sie sollen lassen stahn
Und kein' Dank dazu haben.
Er ist bei uns wohl auf dem Plan
Mit seinem Geist und Gaben.
Nehmen sie den Leib,
Gut, Ehr, Kind und Weib,
Laß fahren dahin.
Sie haben's kein Gewinn.
Das Reich muß uns doch bleiben.»
«Forte rocca è il nostro Dio,
Nostra speme in Lui si fonda.
Ne sostien benigno e pio,
Nell'angoscia più profonda.
Il tristo tentator,
A noi fa guerra ognor.
Astuzia e frode
Son l'armi sue tremende,
Ma da lor Dio ne difende
È perduto immantinente,
Quei che solo in sé confida.
Per noi pugna un Uom possente,
Che Dio scelse a nostra guida.
Chi sia, domandi tu,
Egli è Cristo Gesù,
Nostro Signore.
Da Lui vigor ne viene,
La vittoria in man Ei tiene.
Se migliaia di demoni,
Ne volessero inghiottire,
Le malefiche legioni,
Non vedranci impallidire.
Con tutti i lor terror,
Si mostrin pure il cuor,
No, non ci trema.
A un detto dell'Eterno,
Fia depresso il re d'inferno.
La parola della vita,
Rispettar dénno i potenti.
Col Suo Spirto Iddio n'aita,
Noi sarem con Lui vincenti.
Se pieni di furor,
Tolgonci figli, onor
Ed ogni bene,
Ne avranno vantaggio lieve
A noi il Regno restar deve.»

16 ottobre, 2017

Il Tristan (di serie A-2) del Regio


Ieri pomeriggio il Regio torinese ha ospitato la quarta delle sette recite di Tristan und Isolde (il Teatro impiega, chissà perchè, il titolo italiano, che a me ricorda sempre la dissacrante parafrasi pippa su auto d’epoca, evabbè...)

Tristan è fuor di dubbio la prova più sfidante per un Direttore d’orchestra, quindi rendo subito omaggio alla prestazione del mio illustre concittadino, la cui prova d’esordio di martedi scorso è stata peraltro unanimemente apprezzata, almeno così deduco da ciò che si legge su carta e pixel.

Poi faccio i complimenti ai grafici della mood-design.it per la fulminante intuizione che li ha portati a ideare lo sfondo per la pubblicità dell’opera:


La silhouette della coppa del filtro d’amore disegnata dai profili dei due amanti!

Ma allora: perchè un Tristan di serie A-2

È una mia personale valutazione. Che applico automaticamente, a prescindere, proprio senza-se-e-senza-ma, a tutte quelle produzioni (non sono poche nè infrequenti, anche in presenza di nomi celebri, come vedremo) che per fare uno sconto sostanzioso soprattutto al tenore (e/o pensando di fare un gradito sconto al pubblico!) tagliano il 25% (322 battute!) del duetto del second’atto (su altri tagli e taglietti riesco a transigere...) Con ciò non solo cassando più di 10 minuti di grande musica, il che è già un delitto, ma anche eliminando una parte del testo che è indispensabile (certo, per chi segue anche la trama e quindi le parole, non per chi, con la scusa del crucco, si limita ad ascoltare passivamente la musica e magari non vede l’ora che finisca...) per comprendere tutte le implicazioni psicologiche della vicenda. È proprio in quei 10 minuti, dalle domande di Isolde e dalle risposte di Tristan, che noi scopriamo finalmente le ragioni, gli antecedenti e i retroscena di tutto ciò che è passato fra i due nel primo atto, e che allora non riuscivamo a spiegarci! Senza questa porzione del testo (5 interventi di Tristan e 4 di Isolde) l’intera trama resta nella più totale incomprensibilità. Ecco perchè l’integrità di questa parte dell’opera è per me condizione necessaria (non sufficiente, s’intende) perchè si possa catalogare la produzione fra quelle di serie A. (Dopodichè, anche la serie A-2 è ricca di buone squadre e di partite interessanti, per carità...)

Riporto in coda al post (la traduzione è del sommo Guido Manacorda) l’intero testo della seconda scena dell’atto II, con l’evidenza in giallo della parte proditoriamente tagliata: ognuno giudichi da sè dell’enormità del misfatto.

Purtroppo, come detto, lo scandalo si ripete spesso e volentieri, e da lunga pezza (nel ‘900 questo taglio, insieme ad altri, diventò quasi uno standard, e persino per tenori di indiscussa fama, come Lauritz Melchior e Max Lorenz): qui ecco ben cinque testimonianze, le prime proprio con Melchior e Lorenz, le altre relativamente recenti, con protagonisti anche illustri (il minutaggio si riferisce all’inizio del taglio):

- 1937 Melchior-Flagstad (a 1h36’43”)

- 1951 Lorenz-Grob (a 3’55”)

- 1981 Vickers-Norman (a 18’49”)

- 1993 Kollo-Jones (a 18’22”)

- 1996 West-Behrens (a 21’43”).

Ecco invece cosa ci ha lasciato Wagner e cosa ci è stato negato al Regio:

- 1995 Jerusalem-Meier (da 4’01” a 13’11”)

- 2004 Treleaven-Urmana (da 20’12” a 30’09”)

- 2013 Smith-Urmana (da 17’44” a 27’33”).

Infine: lo stesso Seiffert, con la Theorin, nel 2015 (da 21’00” a 31’42”).

Peccato davvero per il Regio! E mi spiace anche per l’autorevole Giorgio Pestelli, che sul giornale torinese ha minimizzato la cosa, definendola piccolo taglio! Più ancora mi spiace per Noseda, che pur non essendo (su questo potrei giurare) il mandante del misfatto, tuttavia - ai miei occhi - viene trascinato anche lui in serie A-2 con il resto della compagnia... 
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L’allestimento di Guth (già ampiamente conosciuto, perchè presentato anni fa a Zurigo) non contribuisce, a mio avviso, a sollevare le sorti della produzione. Lo spettacolo è ovviamente di alto livello (e ci mancherebbe, con ciò che costano le parcelle dei registi) ma ha il difetto (anche questo abbastanza tipico del Regietheater) di presentarci, invece del significante (l’originale) uno dei suoi tanti possibili significati: invece dell’archetipo, in sostanza, ci viene presentato un particolare tipo, col che si compie esattamente il percorso inverso rispetto a quello – faticosissimo, e geniale per davvero – compiuto dall’Autore, che ci ha messo l’anima per sublimare la prosaica realtà di rapporti e sentimenti umani (anche e proprio quelli da lui vissuti presso i Wesendonck) onde distillarne il soggetto di un’opera d’arte che si libra ben al di sopra di quella prosaica realtà.  

Al proposito ecco come lo stesso Wagner presentava la sua impresa: Poichè in tutta la mia esistenza non ho mai accolto nella sua perfezione la felicità dell’amore, voglio elevare a questo, che è il più bello di tutti i sogni, un monumento, un dramma in cui il desiderio d’amore sia pienamente soddisfatto. E il dramma è proprio un monumento all’amore, mentre Guth impiega testo e musica di Wagner per presentarci una delle tante tresche borghesi che fanno notizia su rotocalchi e riviste di pettegolezzo. Nobbuono...

Il regista medesimo ci indica un parallelo fra il soggetto del dramma e vicende e personaggi del periodo trascorso da Wagner a Zurigo. Sarebbe stato meglio non farlo, perchè suggerirci di vedere Tristan in Richard, Isolde in Mathilde, Marke in Otto è operazione tanto facile quanto penalizzante per il soggetto. Penalizzante perchè il parallelo fra i personaggi dell’archetipo e le persone del tipo è sbilenco e si porta dietro stupide contraddizioni: perchè tutti noi sappiamo bene che Richard amò una Mathilde già felicemente sposata, e con prole, a Otto (che la rimise incinta per la quinta volta dopo che l’opera era venuta alla luce!); mentre il testo che ascoltiamo ci presenta un Tristan che si innamora di un’Isolde nubile, ed anzi la porta quasi di forza a sposare un Marke vecchio vedovo senza prole, rincoglionito e presumibilmente impotente: uno scenario un filino diverso, vero?

E comunque, anche dimenticando (per chi lo conosce e può comprenderne le contraddizioni) il riferimento biografico a Wagner, l’ambientazione di Guth si porta dietro altri problemi: il soggetto vive sulla insanabile contraddizione fra le pulsioni sconfinate degli animi umani - di cui il mare (negli atti esterni) e la natura romantica (corni) e decadente (giardini fioriti) in quello centrale rappresentano l’allegoria - e la claustrofobia immateriale della quale quegli stessi animi soffrono a causa delle prosaiche regole della cosiddetta convivenza civile (rappresentata dalla fiaccola perennemente accesa sulla porta della dimora di Isolde). Dall’allestimento di Guth invece lo spettatore trae l’impressione (fallace!) che tutti i problemi esistenziali dei protagonisti nascano precisamente dal chiuso ambiente materiale che li circonda e li sequestra quasi fosse una prigione...


Siccome nell’opera non c’è praticamente azione (tutto gira attorno alla psiche dei due protagonisti) la sua messinscena è sempre problematica e probabilmente l’approccio meno disturbante sarebbe quello tipo-Wieland, per intenderci: scene praticamente spoglie, con richiami stilizzati all’ambiente esterno, per concentrare tutta l‘attenzione del pubblico sul dramma interno che si svolge davanti ai suoi occhi e dentro le sue orecchie. Insomma, poco teatro e tanta introspezione. Invece Guth vuol fare tantissimo (troppo!) teatro, inventando azione dove non c’è, e così ecco che siamo continuamente distratti dal seguire i contenuti profondi del dramma dal perenne turbinare di ambienti (camere da letto, da pranzo, da riunione, serre e quant’altro) nei quali i protagonisti si devono trasferire di volta in volta.

Quanto alla parte attoriale, Guth è un maestro e i due protagonisti si muovono precisamente come da copione. Peccato però che – nell’intento di strafare – il nostro scada nel triviale e nell’offensivo: mi riferisco alle figure di Kurwenal e del pastore (un po’ anche a quella di Melot) ridotte a macchiette da avanspettacolo (altro che teatro!) Il culmine si raggiunge appunto nel terz’atto dove lo scudiero di Tristan e il pastore ci vengono presentati come due avvinazzati. Il primo poi arriva a disturbare insopportabilmente il mirabile assolo del corno inglese: seduto per terra al proscenio, fa il tiro a segno cercando di lanciare sassolini dentro un suo stivale collocato proprio sopra la buca d’orchestra: siccome 9 volte su 10 fa cilecca, ecco che il rumore del mancato bersaglio (oltre alla stupidità di quei gesti) rovina irrimediabilmente la straordinaria atmosfera creata dalle note di Wagner. 

Il culmine della parodia si raggiunge quando il pastore cerca di fregarsi una bottiglia di birra di Kurwenal, e questi gliela strappa di mano proprio mentre canta: lass die Frage (!!!) Insomma, alla fine il succo dell’operazione di Guth si può così sintetizzare, con un parallelo enologico: dalla purezza della grappa distillata siamo regrediti alla sgradevole poltiglia della vinaccia! 
___ 
Torno ai suoni, per ribadire il positivo giudizio sulla lettura di Gianandrea Noseda. Lettura quasi cameristica e per questo assai apprezzabile. Come il risalto dato a tanti minimi dettagli, altrettanti tocchi di cesello a modellare quella straordinaria scultura in note che ha letteralmente cambiato il corso della storia della musica.

L’Orchestra ha risposto bene, compreso il complesso di fiati posto dietro le quinte; peccato solo per quella falsa partenza del corno proprio al suo attacco nel Preludio dell’atto terzo, che ha un po’ compromesso la resa di quel mirabile momento... Il coro dei maschi di Claudio Fenoglio ha fatto il suo dovere, a fronte di un impegno non proibitivo, limitato al primo atto.

Vengo alle voci. Peter Seiffert (sul quale avevo letto giudizi assai poco lusinghieri dopo la prima) mi è parso abbastanza a posto e ha tenuto più che degnamente anche il massacrante terzo atto. Mi risulta quindi ancor più incomprensibile la ragione del famigerato taglio del second’atto.

Ricarda Merbeth ha voce molto potente negli acuti (dove peraltro tende un filino a... sbracare, virando all’urlo) mentre purtroppo centro e gravi sono assai poco udibili. Un’Isolde comunque più che dignitosa.

Meglio di lei – per me, ovvio – la Michelle Breedt: certo la parte di Brangäne non è confrontabile con quella della protagonista, tuttavia questa veterana e specialista del ruolo ha ancora una volta convinto, in particolare nei suoi due notturni interventi del second’atto.

Ottimo davvero il Kurwenal di Martin Gantner, voce penetrante e benissimo impostata: peccato che il regista lo abbia costretto a fare... lo scemo del villaggio.

Il Marke di Steven Humes non ha demeritato, anche se il suo è un canto piuttosto monocorde e poco espressivo. Inoltre – sempre a mio personale giudizio - a quel ruolo si addicono meglio le caratteristiche di un basso profondo (tipo Inquisitore, ecco) piuttosto che quelle di un basso-baritono.

Ian Vacik ha fatto il minimo sindacale come Melot, ed è difficile pretendere di più. Stesso discorso per il pastore Joshua Sanders e il timoniere Franco Rizzo. Patrick Reiter, il marinaio cui è affidato l’ingrato compito di aprire lo spettacolo, ha un po’ sofferto la collocazione fisica, per me eccessivamente lontana dalla sala: dove il suo canto arrivava appena appena; comunque se l’è cavata anche lui discretamente.
___
Che dire, tirando le somme? Un Tristan che non passerà certo alla storia (forse nessuno lo pretendeva) e del quale personalmente mi accontento, ecco. Un’ultima nota sul pubblico: teatro abbastanza (ma non totalmente) affollato all’inizio e pubblico ulteriormente smagritosi nei due intervalli. Ahinoi, a dimostrazione che siamo ancora e sempre lontani da un livello accettabile di... scolarizzazione musicale.
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ZWEITE SZENE
Tristan und Isolde
SCENA SECONDA
Tristano e Isolda
TRISTAN
(stürzt herein)
Isolde! Geliebte!
TRISTANO
(entra precipitosamente)
Isolda! Cara!
ISOLDE
(ihm entgegenspringend)
Tristan! Geliebter!
ISOLDA
(balzandogli incontro)
Tristano! Caro!
(Stürmische Umarmungen beider, unter denen sie in den Vordergrund gelangen)
(Impetuosi amplessi, durante i quali essi raggiungono il proscenio)
ISOLDE
Bist du mein?
ISOLDA
Sei tu mio?
TRISTAN
Hab ich dich wieder?
TRISTANO
Ti ho nuovamente?
ISOLDE
Darf ich dich fassen?
ISOLDA
Ti posso abbracciare?
TRISTAN
Kann ich mir trauen?
TRISTANO
Posso credere a me stesso?
ISOLDE
Endlich! Endlich!
ISOLDA
Finalmente! Finalmente!
TRISTAN
An meiner Brust!
TRISTANO
Al mio cuore!
ISOLDE
Fühl ich dich wirklich?
ISOLDA
Veramente ti sento?
TRISTAN
Seh' ich dich selber?
TRISTANO
Proprio ti vedo?
ISOLDE
Dies deine Augen?
ISOLDA
Sono questi i tuoi occhi?
TRISTAN
Dies dein Mund?
TRISTANO
Questa la tua bocca?
ISOLDE
Hier deine Hand?
ISOLDA
Qui la tua mano?
TRISTAN
Hier dein Herz?
TRISTANO
Qui il tuo cuore?
ISOLDE
Bin ich's? Bist du's?
Halt ich dich fest?
ISOLDA
Sono proprio io? Sei proprio tu?
Ti tengo stretto?
TRISTAN
Bin ich's? Bist du's?
Ist es kein Trug?
TRISTANO
Sono proprio io? Sei proprio tu?
Non è un inganno?
BEIDE
Ist es kein Traum?
O Wonne der Seele,
o süsse, hehrste,
kühnste, schönste,
seligste Lust!
AMBEDUE
Non è un sogno?
O delizia dell'anima,
o dolce, nobilissima,
arditissima, bellissima,
beatissima gioia!
TRISTAN
Ohne Gleiche!
TRISTANO
Senza pari!
ISOLDE
Überreiche!
ISOLDA
Traboccante!
TRISTAN
Überselig!
TRISTANO
Sovrumana!
ISOLDE
Ewig!
ISOLDA
Eterna!
TRISTAN
Ewig!
TRISTANO
Eterna!
ISOLDE
Ungeahnte,
nie gekannte!
ISOLDA
Non presentita,
mai conosciuta!
TRISTAN
Überschwenglich
hoch erhabne!
TRISTANO
Sconfinata,
alta, sublime!
ISOLDE
Freudejauchzen!
ISOLDA
Ebrezza di gioia!
TRISTAN
Lustentzücken!
TRISTANO
Estasi di piacere!
ISOLDE
Himmelhöchstes
Weltentrücken!
Mein! Tristan mein!
Mein und dein!
Ewig, ewig ein!
ISOLDA
Altissimo celeste
rapimento dal mondo!
Mio! Tristano mio!
Mio e tuo!
Eternamente, eternamente uno!
TRISTAN
Himmelhöchstes
Weltentrücken!
Mein! Isolde mein!
Mein und dein!
Ewig, ewig ein!
TRISTANO
Altissimo celeste
rapimento dal mondo!
Mio! Isolda mio!
Mio e tuo!
Eternamente, eternamente uno!
ISOLDE
Wie lange fern!
Wie fern so lang!
ISOLDA
Quanto tempo lontani!
Come lontani per tanto tempo!
TRISTAN
Wie weit so nah!
So nah wie weit!
TRISTANO
Così lontani [essendo] così vicini!
Così vicini [eppure] così lontani!
ISOLDE
O Freundesfeindin,
böse Ferne!
Träger Zeiten
zögernde Länge!
ISOLDA
O nemica degli amici
maligna lontananza!
Di pigri tempi
indugiante lentezza!
TRISTAN
O Weit' und Nähe!
Hart entzweite!
Holde Nähe!
Öde Weite!
TRISTANO

O lontananza e vicinanza!
Duramente separate!
Grata vicinanza!
Desolata lontananza!
ISOLDE
Im Dunkel du,
im Lichte ich!
ISOLDA
Tu all'oscuro,
io alla luce!
TRISTAN
Das Licht! Das Licht!
O dieses Licht,
wie lang verlosch es nicht!
Die Sonne sank,
der Tag verging,
doch seinen Neid
erstickt' er nicht:
sein scheuchend Zeichen
zündet er an,
und steckt's an der Liebsten Türe,
dass nicht ich zu ihr führe.
TRISTANO
La luce! La luce!
O questa luce,
per quanto tempo non si è spenta!
Tramontato era il sole
e scomparso il giorno;
pure la propria invidia
egli non soffocava:
il suo segnale che allontana
egli accende;
e lo infigge presso la porta dell'amata,
perché io non possa recarmi da lei.
ISOLDE
Doch der Liebsten Hand
löschte das Licht;
wes die Magd sich wehrte,
scheut' ich mich nicht:
in Frau Minnes Macht und Schutz
bot ich dem Tage Trutz!
ISOLDA
Ma la mano dell'amica
ha spento la luce;
di quello che l'ancella non osò
non ebbi io paura:
nella potenza e nella protezione di monna Minne
io lanciai al giorno la mia sfida.
TRISTAN
Dem Tage! dem Tage!
dem tückischen Tage,
dem härtesten Feinde
Hass und Klage!
Wie du das Licht,
o könnt' ich die Leuchte,
der Liebe Leiden zu rächen,
dem frechen Tage verlöschen!
Gibt's eine Not,
gibt's eine Pein,
die er nicht weckt
mit seinem Schein?
Selbst in der Nacht
dämmernder Pracht
hegt ihn Liebchen am Haus,
streckt mir drohend ihn aus!
TRISTANO
Al giorno! Al giorno!
Al frodolento giorno,
al più crudele dei nemici
odio ed accusa!
Come tu la luce,
oh potess'io la fiaccola,
per vendicare i dolori dell'amore,
al prepotente giorno spegnere!
C'è un'angoscia,
c'è una pena,
ch'egli non susciti
con la sua luce?
Anche della notte
nella magnificenza crepuscolare,
la mia piccola lo mantiene nella sua casa,
lo protende minacciosamente contro di me!
ISOLDE
Hegt ihn die Liebste
am eignen Haus,
im eignen Herzen
hell und kraus,
hegt' ihn trotzig
einst mein Trauter:
Tristan, - der mich betrog!
War's nicht der Tag,
der aus ihm log,
als er nach Irland
werbend zog,
für Marke mich zu frein,
dem Tod die Treue zu weihn.
ISOLDA
Se la tua amica lo mantiene
nella propria dimora,
nel suo cuore,
chiaro, fiammeggiante
lo mantenne spavaldamente
un giorno il mio amico:
Tristano,... che m'ingannò!
Non fu il giorno
che in lui mentì,
quand'egli in Irlanda
andò quale messo di nozze,
per sposarmi a re Marco,
e la sua fedele consacrare alla morte?
TRISTAN
Der Tag! Der Tag,
der dich umgliss,
dahin, wo sie
der Sonne glich,
in höchster Ehren
Glanz und Licht
Isolde mir entrückt'!
Was mir das Auge
so entzückt',
mein Herze tief
zur Erde drückt':
in lichten Tages Schein
wie war Isolde mein?
TRISTANO
Il giorno! Il giorno
che intorno t'irraggiò,
e colà, dove ella
rassomigliò al sole,
di altissimi onori
nella luce e nello splendore,
Isolda a me rapì!
Quel che a me l'occhio
così estasiava,
il mio cuore profondamente
a terra abbatteva:
nella chiara luce del giorno,
come poteva Isolda essere mia?
ISOLDE
War sie nicht dein,
die dich erkor?
Was log der böse
Tag dir vor,
dass, die für dich beschieden,
die Traute du verrietest?
ISOLDA
Non fu ella tua
colei che ti scelse?
Quale menzogna il maligno
giorno ti mentì,
perché, colei che era a te destinata,
la tua amata, tu avessi a tradire?
TRISTAN
Was dich umgliss
mit hehrster Pracht,
der Ehre Glanz,
des Ruhmes Macht,
an sie mein Herz zu hangen,
hielt mich der Wahn gefangen.
Die mit des Schimmers
hellstem Schein
mir Haupt und Scheitel
licht beschien,
der Welten-Ehren
Tages-Sonne,
mit ihrer Strahlen
eitler Wonne,
durch Haupt und Scheitel
drang mir ein,
bis in des Herzens
tiefsten Schrein.
Was dort in keuscher Nacht
dunkel verschlossen wacht',
was ohne Wiss' und Wahn
ich dämmernd dort empfahn:
ein Bild, das meine Augen
zu schaun sich nicht getrauten,
von des Tages Schein betroffen
lag mir's da schimmernd offen.
Was mir so rühmlich
schien und hehr,
das rühmt ich hell
vor allem Heer;
vor allem Volke
pries ich laut
der Erde schönste
Königsbraut.
Dem Neid, den mir
der Tag erweckt';
dem Eifer, den
mein Glücke schreckt';
der Missgunst, die mir Ehren
und Ruhm begann zu schweren:
denen bot ich Trotz,
und treu beschloss,
um Ehr' und Ruhm zu wahren,
nach Irland ich zu fahren.
TRISTANO
Come intorno ti irraggiarono
con nobile magnificenza
lo splendore dell'onore,
e la potenza della gloria;
di stringermi ad essi col mio cuore,
m'irretì il mio delirio.
La stella, che del suo splendore
con la più lucente fiamma,
a me capo e fronte
chiaramente illuminava -
degli onori mondani
il sole del giorno -
dei suoi raggi
con la vana delizia
attraversando e capo e fronte,
penetrò in me
del cuore
fin nella più profonda lacuna.
Quel che, colà in casta notte
chiuso all'oscuro vegliava,
quel che, senza saperlo e senza sognarlo
in quella lacuna crepuscolare avevo accolto:
un'immagine, che i miei occhi
non si fidavano di contemplare,
colpita dai raggi del giorno
mi apparve aperta nel suo splendore.
Quel che a me così glorioso
appariva ed augusto,
io lo vantai apertamente
davanti a tutte le schiere;
davanti a tutto il popolo
ad alta voce celebrai
come la più bella della terra,
la fidanzata regale.
All'invidia, che contro di me
il giorno aveva suscitato,
alla gelosia, che
la mia fortuna aveva atterrito,
al disfavore, che al mio onore
ed alla mia fama cominciava a portar danno:
a tutti io lanciai la mia sfida,
e fedelmente decisi,
per conservare il mio onore e la mia gloria,
di recarmi in Irlanda.
ISOLDE
O eitler Tagesknecht!
Getäuscht von ihm,
der dich getäuscht,
wie musst' ich liebend
um dich leiden,
den, in des Tages
falschem Prangen,
von seines Gleissens
Trug befangen,
dort wo ihn Liebe
heiss umfasste,
im tiefsten Herzen
hell ich hasste.
Ach, in des Herzens Grunde,
wie schmerzte tief die Wunde!
Den dort ich heimlich barg,
wie dünkt' er mich so arg,
wenn in des Tages Scheine
der treu gehegte eine
der Liebe Blicken schwand,
als Feind nur vor mir stand!
Das als Verräter
dich mir wies,
dem Licht des Tages
wollt' ich entfliehn,
dorthin in die Nacht
dich mit mir ziehn,
wo der Täuschung Ende
mein Herz mir verhiess;
wo des Trugs geahnter
Wahn zerrinne;
dort dir zu trinken
ew'ge Minne,
mit mir dich im Verein
wollt' ich dem Tode weihn.
ISOLDA
O vano servo del giorno!
Da quello illuso
che t'illudeva,
quanto dovetti io amando
per te soffrire!
Colui, del giorno
nella falsa magnificenza,
e del suo splendore
dall'inganno preso,
colà, dove l'amore
ardentemente l'aveva accolto,
dal più profondo del cuore
apertamente odiai.
Ah! nel profondo del cuore,
come profondo mi straziava la ferita!
Colui che colà segretamente avevo celato,
come mi sembrò odioso,
quando, nella luce del giorno,
egli solo fedelmente amato,
sparve agli sguardi d'amore
e davanti a me stette, nemico!
Quella luce che traditore
mi ti mostrava,
a quella luce del giorno
volli sfuggire;
e laggiù in quella notte
te con me trarre,
dove la fine dell'illusione
il mio cuore mi prometteva;
dove dell'inganno il presagito
errore si sperdesse;
per libare a te colà
eterno amore,
te insieme con me
volli io consacrare alla morte.
TRISTAN
In deiner Hand
den süssen Tod,
als ich ihn erkannt,
den sie mir bot;
als mir die Ahnung
hehr und gewiss
zeigte, was mir
die Sühne verhiess:
da erdämmerte mild
erhabner Macht
im Busen mir die Nacht;
mein Tag war da vollbracht.
TRISTANO
Nella tua mano
la dolce morte
quand'io la riconobbi
ch'ella m'offriva;
quando un presentimento
nobile, certo,
mostrò quel che a me
la riconciliazione prometteva,
allora sorse, come un dolce crepuscolo
di sublime potenza,
nel mio cuore la notte;
fu il mio giorno consumato.
ISOLDE
Doch ach, dich täuschte
der falsche Trank,
dass dir von neuem
die Nacht versank:
dem einzig am Tode lag,
den gab er wieder dem Tag!
ISOLDA
Pure, ahimè, t'illuse
il perfido filtro,
così che a te nuovamente
s'affondò la notte:
colui, che solo pensava alla morte,
il filtro donò nuovamente al giorno!
TRISTAN
O Heil dem Tranke!
Heil seinem Saft!
Heil seines Zaubers
hehrer Kraft!
Durch des Todes Tor,
wo er mir floss,
weit und offen
er mir erschloss,
darin ich sonst nur träumend gewacht,
das Wunderreich der Nacht.
Von dem Bild in des Herzens
bergendem Schrein
scheucht er des Tages
täuschenden Schein,
dass nachtsichtig mein Auge
wahr es zu sehen tauge.
TRISTANO
Oh! benedetto quel filtro!
Benedetto il suo succo!
Benedetto della sua magia
il nobile potere!
Attraverso la porta della morte,
là dove per me fu versato,
ampio ed aperto
esso mi schiuse
quello che io non avevo visto che in sogno:
il reame meraviglioso della morte.
Dall'immagine, del cuore
nel celeste scrigno [racchiusa],
esso cacciò del giorno
l'ingannevole luce,
affinché il mio occhio veggente nella notte
valesse a contemplarla nella sua realtà.
ISOLDE
Doch es rächte sich
der verscheuchte Tag;
mit deinen Sünden
Rat's er pflag;
was dir gezeigt
die dämmernde Nacht,
an des Taggestirnes
Königsmacht
musstest du's übergeben,
um einsam
in öder Pracht
schimmernd dort zu leben.
Wie ertrug ich's nur?
Wie ertrag ich's noch?
ISOLDA
Pure si vendicò
il giorno cacciato;
coi tuoi peccati
egli prese consiglio;
quel che ti aveva mostrato
la notte crepuscolare,
alla della costellazione del giorno
regale potenza,
dovesti consegnare:
per solitario,
in deserta magnificenza
e splendidamente vivere in essa.
Come l'ho mai potuto sopportare?
Come lo sopporto ancora?
TRISTAN
O nun waren wir
Nachtgeweihte!
Der tückische Tag,
der Neidbereite,
trennen konnt uns sein Trug,
doch nicht mehr täuschen sein Lug!
Seine eitle Pracht,
seinen prahlenden Schein
verlacht, wem die Nacht
den Blick geweiht:
seines flackernden Lichtes
flüchtige Blitze
blenden uns nicht mehr.
Wer des Todes Nacht
liebend erschaut,
wem sie ihr tief
Geheimnis vertraut:
des Tages Lügen,
Ruhm und Ehr',
Macht und Gewinn,
so schimmernd hehr,
wie eitler Staub der Sonnen
sind sie vor dem zersponnen!
In des Tages eitlem Wähnen
bleibt ihm ein einzig Sehnen -
das Sehnen hin
zur heil'gen Nacht,
wo urewig,
einzig wahr
Liebeswonne ihm lacht!
TRISTANO
Oh eravamo ormai
consacrati alla notte!
Il frodolento giorno,
pronto all'invidia,
ci poteva separare col suo inganno,
ma non più illudere con la sua menzogna!
La sua vana magnificenza,
il suo vanitoso bagliore
deride, colui al quale la notte
ha consacrato la vista!
Della sua luce vacillante
i lampi fuggitivi
non ci abbagliano più.
Chi la notte della morte
ha visto in amore;
colui al quale ella il suo profondo
segreto ha affidato,
le menzogne del giorno,
la gloria e l'onore,
la potenza e la ricchezza,
per quanto splendidi e nobili,
come vana polvere solare
davanti a lui si sono dissipati!
Nella vana illusione del giorno
rimane a colui una sola aspirazione...
l'aspirazione laggiù,
verso la sacra notte,
dove dall'eternità,
unico vero,
a lui sorride la voluttà d'amore!
(Tristan zieht Isolde sanft zur Seite auf eine Blumenbank nieder, senkt sich vor ihr auf die Knie und schmiegt sein Haupt in ihren Arm)
(Tristano trae Isolda dolcemente al suo fianco su d'un sedile fiorito, le si inginocchia davanti, e poggia il capo tra le sue braccia)
BEIDE
O sink hernieder,
Nacht der Liebe,
gib Vergessen,
dass ich lebe;
nimm mich auf
in deinen Schoss,
löse von
der Welt mich los!
AMBEDUE
Oh scendi quaggiù,
notte d'amore;
dona l'oblio
che io viva;
accoglimi
nel tuo seno;
scioglimi
via dal mondo!
TRISTAN
Verloschen nun
die letzte Leuchte;
TRISTANO
Spente ormai
le ultime luci;
ISOLDE
was wir dachten,
was uns deuchte;
ISOLDA
quel che noi pensammo,
quel che a noi parve;
TRISTAN
all Gedenken -
TRISTANO
ogni ricordo...
ISOLDE
all Gemahnen -
ISOLDA
ogni sovvenire,...
BEIDE
heil'ger Dämm'rung
hehres Ahnen
löscht des Wähnens Graus
welterlösend aus.
AMBEDUE
di un sacro crepuscolo
l'augusto presagio
l'orrore dell'illusione scioglie,
liberando dal mondo.
ISOLDE
Barg im Busen
uns sich die Sonne,
leuchten lachend
Sterne der Wonne.
ISOLDA
[Da poi che] s'è nascosto in cuore
a noi il sole,
splendono ridendo
stelle di voluttà.
TRISTAN
Von deinem Zauber
sanft umsponnen,
vor deinen Augen
süss zerronnen;
TRISTANO
Dal tuo incanto
lievemente circonfuso,
davanti ai tuoi occhi
dolcemente perduto;
ISOLDE
Herz an Herz dir,
Mund an Mund;
ISOLDA
il mio cuore sul tuo,
sulla tua la mia bocca;
TRISTAN
eines Atems
ein'ger Bund; -
TRISTANO
di un solo respiro
unico vincolo;...
BEIDE
bricht mein Blick sich
wonn'-erblindet,
erbleicht die Welt
mit ihrem Blenden:
AMBEDUE
si smarrisce il mio sguardo
abbagliato dalla voluttà,
impallidisce il mondo
col suo barbaglio.
ISOLDE
die uns der Tag
trügend erhellt,
ISOLDA
Quel mondo, che il giorno
ingannevolmente illumina,
TRISTAN
zu täuschendem Wahn
entgegengestellt,
TRISTANO
per mentita illusione
a noi contrapposto,
BEIDE
selbst dann
bin ich die Welt:
Wonne-hehrstes Weben,
Liebe-heiligstes Leben,
Niewiedererwachens
wahnlos
hold bewusster Wunsch.
AMBEDUE
io stesso, dunque,
sono quel mondo:
sacra trama di voluttà
santa vita di passione
del mai più svegliarsi
vigile,
dolce, consapevole volere.
(Tristan und Isolde versinken wie in gänzliche Entrücktheit, in der sie, Haupt an Haupt auf die Blumenbank zurückgelehnt, verweilen)
(Tristano ed Isolda si perdono nella plenitudine dell'estasi, indugiando, abbandonati sul sedile fiorito, capo appoggiato a capo)
BRANGÄNES STIMME
(von der Zinne her)
Einsam wachend
in der Nacht,
wem der Traum
der Liebe lacht,
hab der einen
Ruf in acht,
die den Schläfern
Schlimmes ahnt,
bange zum
Erwachen mahnt.
Habet acht!
Habet acht!
Bald entweicht die Nacht.
VOCE DI BRANGANIA
(dalla terrazza merlata)
Solitaria vigilante
nella notte;
colui, al quale il sogno
dell'amore sorride,
presti di una sola
al grido attenzione;
di colei che ai dormienti
presagisce il periglio,
ed ansiosamente al
risveglio li chiama.
Attenti!
Attenti!
Presto cede la notte.
 
 
ISOLDE
(leise)
Lausch, Geliebter!
ISOLDA
(sommessamente)
Odi, mio caro!
TRISTAN
(ebenso)
Lass mich sterben!
TRISTANO
(c.s.)
Lasciami morire!
ISOLDE
(allmählich sich ein wenig erhebend)
Neid'sche Wache!
ISOLDA
(lentamente di poco sollevandosi)
Invidiosa vigilia!
TRISTAN
(zurückgelehnt bleibend)
Nie erwachen!
TRISTANO
(rimanendo supino)
Mai più svegliarsi!
ISOLDE
Doch der Tag
muss Tristan wecken?
ISOLDA
Eppure il giorno
dovrà svegliare Tristano?
TRISTAN
(ein wenig das Haupt erhebend)
Lass den Tag
dem Tode weichen!
TRISTANO
(sollevando un poco il capo)
Lascia che il giorno
ceda alla morte!
ISOLDE
Tag und Tod,
mit gleichen Streichen,
sollten unsre
Lieb' erreichen?
ISOLDA
Giorno e morte
con gli stessi colpi,
dovrebbero il nostro
amore colpire?
TRISTAN
(sich mehr aufrichtend)
Unsre Liebe?
Tristans Liebe?
Dein' und mein',
Isoldes Liebe?
Welches Todes Streichen
könnte je sie weichen?
Stünd' er vor mir,
der mächt'ge Tod,
wie er mir Leib
und Leben bedroht,
die ich so willig
der Liebe lasse,
wie wäre seinen Streichen
die Liebe selbst zu erreichen?
(immer inniger mit dem Haupt
sich an Isolde schmiegend)

Stürb ich nun ihr,
der so gern ich sterbe,
wie könnte die Liebe
mit mir sterben,
die ewig lebende
mit mir enden?
Doch, stürbe nie seine Liebe,
wie stürbe dann Tristan
seiner Liebe?
TRISTANO
(sollevandosi maggiormente)
Il nostro amore?
L'amore di Tristano?
Il tuo e il mio?
L'amore d'Isolda?
Quale colpo di morte
potrebbe mai vincerlo?
Stesse avanti a me
la morte potente,
a me persona
e vita minacciando,
che così volentieri
ad amore io sacrifico;
come sarebbe ai suoi colpi
l'amore stesso raggiungibile?
(sempre più intimo, col capo
stretto alla persona d'Isolda)

Morissi anche io d'amore,
onde così volentieri io muoio,
come potrebbe l'amore
con me morire,
l'eterno vivente
con me finire?
Ma, se l'amore di lui non potrà mai morire,
come potrebbe mai Tristano morire
al suo amore?
ISOLDE
Doch unsre Liebe,
heisst sie nicht Tristan
und - Isolde?
Dies süsse Wörtlein: und,
was es bindet,
der Liebe Bund,
wenn Tristan stürb,
zerstört' es nicht der Tod?
ISOLDA
Ma il nostro amore
non si chiama Tristano
e... Isolda?
Questa dolce paroletta: e
quel ch'essa congiunge,
questo vincolo d'amore,
se Tristano morisse,
non verrebbe distrutto dalla morte?
TRISTAN
Was stürbe dem Tod,
als was uns stört,
was Tristan wehrt,
Isolde immer zu lieben,
ewig ihr nur zu leben?
TRISTANO
Che cosa soccomberebbe alla morte,
se non quel che ci disturba,
se non quel che impedisce a Tristano
di amare sempre Isolda,
e di vivere eternamente per lei?
ISOLDE
Doch dieses Wörtlein: und, -
wär' es zerstört,
wie anders als
mit Isoldes eignem Leben
wär' Tristan der Tod gegeben?
ISOLDA
Pure se questa paroletta: e,...
fosse annientata;
come altrimenti che
con la vita stessa d'Isolda,
potrebbe essere data la morte a Tristano?
(Tristan zieht, mit bedeutungsvoller Gebärde, Isolde sanft an sich)
(Tristano, con gesto pieno d'amore, attira Isolda dolcemente a sé)
TRISTAN
So starben wir,
um ungetrennt,
ewig einig
ohne End',
ohn' Erwachen,
ohn' Erbangen,
namenlos
in Lieb' umfangen,
ganz uns selbst gegeben,
der Liebe nur zu leben!
TRISTANO
Così siamo morti:
per inseparati,
eternamente congiunti,
senza fine,
senza risveglio,
senza sospetto,
ineffabilmente
presi in amore,
a noi soli intenti,
vivere d'amore!
ISOLDE
(wie in sinnender Entrücktheit
zu ihm aufblickend)

So stürben wir,
um ungetrennt, -
ISOLDA
(guardandolo come
in estasi pensosa)

Così noi moriremmo:
per inseparati,...
TRISTAN
ewig einig
ohne End', -
TRISTANO
eternamente congiunti,
senza fine,...
ISOLDE
ohn' Erwachen, -
ISOLDA
senza risveglio,...
TRISTAN
ohn' Erbangen, -
TRISTANO
senza sospetto,...
BEIDE
namenlos
in Lieb' umfangen,
ganz uns selbst gegeben,
der Liebe nur zu leben!
AMBEDUE
ineffabilmente
presi in amore,
a noi soli intenti,
vivere solo all'amore!
(Isolde neigt wie überwältigt das Haupt an seine Brust)
(Isolda come sopraffatta china il capo sopra il suo petto)
BRANGÄNES STIMME
(wie vorher)
Habet acht!
Habet acht!
Schon weicht dem Tag die Nacht.
VOCE DI BRANGANIA
(come prima)
Attenti!
Attenti!
Già cede al giorno la notte.
TRISTAN
(lächelnd zu Isolde geneigt)
Soll ich lauschen?
TRISTANO
(chino su Isolda, e sorridente)
Debbo prestare ascolto?
ISOLDE
(schwärmerisch zu Tristan aufblickend)
Lass mich sterben!
ISOLDA
(guardando Tristano con passione)
Lasciami morire!
TRISTAN
Muss ich wachen?
TRISTANO
Debbo vegliare?
ISOLDE
Nie erwachen!
ISOLDA
Mai più svegliarsi!
TRISTAN
Soll der Tag
noch Tristan wecken?
TRISTANO
Dovrà il giorno
ancora svegliare Tristano?
ISOLDE
Lass den Tag
dem Tode weichen!
ISOLDA
Lascia che il giorno
ceda alla morte!
TRISTAN
Des Tages Dräuen
nun trotzten wir so?
TRISTANO
La minaccia del giorno
così noi sfideremmo?
ISOLDE
(mit wachsender Begeisterung)
Seinem Trug ewig zu fliehn!
ISOLDA
(con crescente esaltazione)
Alla sua frode per sempre fuggire!
TRISTAN
Sein dämmernder Schein
verscheuchte uns nie?
TRISTANO
Il bagliore del suo crepuscolo
non ci caccerebbe mai più?
ISOLDE
(mit grosser Gebärde
ganz sich erhebend)

Ewig währ uns die Nacht!
ISOLDA
(alzandosi del tutto
con gesto solenne)

Che la notte duri eterna per noi!
(Tristan folgt ihr, sie umfangen sich in schwärmerischer Begeisterung)
(Tristano la segue: essi si abbracciano con appassionata esaltazione)
BEIDE
O ew'ge Nacht,
süsse Nacht!
Hehr erhabne
Liebesnacht!
Wen du umfangen,
wem du gelacht,
wie wär' ohne Bangen
aus dir er je erwacht?
Nun banne das Bangen,
holder Tod,
sehnend verlangter
Liebestod!
In deinen Armen,
dir geweiht,
urheilig Erwarmen,
von Erwachens Not befreit!
Wie sie fassen,
wie sie lassen,
diese Wonne,
Fern der Sonne,
fern der Tage
Trennungsklage!
Ohne Wähnen
sanftes Sehnen;
ohne Bangen
süss Verlangen;
ohne Wehen
hehr Vergehen;
ohne Schmachten
hold Umnachten;
ohne Meiden,
ohne Scheiden,
traut allein,
ewig heim,
in ungemessnen Räumen
übersel'ges Träumen.
AMBEDUE
O notte eterna,
dolce notte!
Augusta, sublime
notte d'amore!
Colui che tu hai stretto,
colui al quale hai sorriso,
come senza timore
si sveglierebbe mai da te?
Bandisci dunque il timore,
o dolce morte,
o ardentemente invocata
morte d'amore!
Nelle tue braccia,
a te sacri,
[quale] ardore santo ed antico,
libero dall'angoscia del risveglio!
Come comprenderla,
come lasciarla,
questa voluttà,
lontana dal sole,
lontana dal giornaliero
dolore della separazione!
Senza illusione
mite aspirare;
senza timore
dolce desiderare;
senza dolore
alto disciogliersi;
senza languire,
grato annottare;
senza distacco,
senza separazione,
caramente soli,
ad un focolare eterno,
in interminati spazi,
sovrumano sognare:
TRISTAN
Tristan du,
ich Isolde,
nicht mehr Tristan!
TRISTANO
Tu Tristano,
io Isolda,
non più Tristano.
ISOLDE
Du Isolde,
Tristan ich,
nicht mehr Isolde!
ISOLDA
Tu Isolda,
io Tristano,
non più Isolda!
BEIDE
Ohne Nennen,
ohne Trennen,
neu Erkennen,
neu Entbrennen;
endlos ewig,
ein-bewusst:
heiss erglühter Brust
höchste Liebeslust!
(Sie bleiben in verzückter Stellung)
AMBEDUE
Senza chiamarsi,
senza separarsi,
nuovo riconoscere,
nuovo ardere;
senza fine eternamente,
intimamente consci:
cuore ardente come la fiamma,
suprema voluttà d'amore!
(Rimangono in atto estatico)