riconoscimenti

a Trump premio Nobel per l'incapace
Visualizzazione post con etichetta misha kiria. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta misha kiria. Mostra tutti i post

19 agosto, 2025

ROF-2025 live. Italiana.

La mia seconda tappa al ROF-46 (nella gloriosa bomboniera del Teatro Rossini, ieri piacevolmente affollata) è dedicata all’opera che fece scoprire il Gioachino al mondo intero: L’italiana in Algeri, alla sesta riproposta nel cartellone del ROF.

Lo spettacolo inizia verso le 19:45 sul sagrato del teatro dove la folla degli spettatori accoglie con stupore e incredulità l’arrivo, in una nuvola di fumo, di un leggendario VW Caravelle del 1950 dal quale scendono le quattro Drag Queens di professione (Calypso Fox, Ivana Vamp, Elecktra Bionic, Maruska Starr) subito placcate dai gendarmi del buzzurro Mustafà, che le trascinano nel serraglio sul palcoscenico, dove animeranno l’intero spettacolo. Sul mitico Bulli se ne andranno via gli italiani alla fine della serata.

Poi, sulla scena si presenterà anche una quinta Drag, che chiamerò con il nome d’arte di Baryela Dançelona che sarà l’incontrastata protagonista della serata.

Il cui nuovo allestimento è affidato a Rosetta Cucchi, alla terza esperienza al ROF, dopo Adina e Otello (con esiti contrastanti). Qui lei scatena la sua proverbiale vena femminista estendendo il range anche a tutto il variegato mondo LGBTQ+, scelta tanto di grande attualità, quanto assai poco attinente al soggetto di Angelo Anelli, tutto concentrato, appunto, sulle problematiche strettamente femministe. A meno di non considerare LGBTQ+ i (labili) riferimenti del testo alla categoria eunuchi, oggi (per fortuna?) merce assai rara e quindi priva di palcoscenici per rivendicazioni socio-politico-economiche.

Tuttavia, L’Italiana è opera talmente fuori dagli schemi da sopportare (ed anzi valorizzandosi da) interpretazioni ardite, sia pur incoerenti, come questa della Cucchi: insomma, è difficile dissacrare un soggetto così distante da ogni sacralità… e così quello che ne esce, per merito della Rosetta e del suo team (scene di Tiziano Santi, fantastici costumi di Claudia Pernigotti, luci di Daniele Naldi e video di Nicolas Boni) è uno spettacolo strepitoso e coinvolgente, pieno di trovate intriganti, coloratissimo e che non lascia un minuto di respiro allo spettatore.   

___
Dmitry Korchak (mi) ha confermato la buona impressione suscitata dopo l’ascolto per radio della prima con un approccio, appunto, rossiniano, tutto verve, brillantezza e leggerezza, coniugate, come forse sa fare solo chi è stato (ed è tuttora) sull’altro lato della barricata, con grande attenzione al supporto e alla valorizzazione delle voci. Applauditissima poi esecuzione della Sinfonia, ed eccellente la prestazione dell’Orchestra del Comunale bolognese (tornata in una normale buca, dopo l’esperienza in una specie di scaffale open-air – immagino assai dura - della Zelmira) e agguerrito anche il Coro del Ventidio Basso diretto da Pasquale Veleno (anch’esso piuttosto strapazzato dalla regìa di Bieito della stessa Zelmira).

Della decana Daniela si conosceva tutto e qui, calata nel bizzarro ruolo di Drag-en-travesti ha potuto finalmente anche divertirsi, mostrando insospettate doti di grande attrice da cabaret (o da avanspettacolo di alto livello). Il mestiere le permette di superare ogni difficoltà (da incorniciare per profondità il Pensa alla Patria) e così lei può davvero festeggiare i 30 anni di ROF che si porta sulle spalle con un trionfo che ha già il sapore di un dovuto riconoscimento alla carriera.

Vittoriana De Amicis, nei panni della povera Elvira, moglie ormai sull’orlo dello sfratto impostole dal marito, ha pienamente convinto sul piano musicale: la sua voce acuta e penetrante le ha permesso di svettare su tutti anche nei concertati più… rumorosi (Nella testa ho un campanello…) ed è meritatissimo il calore con cui il pubblico l’ha accolta.

Giorgi Manoshvili (Mustafà) ha un vocione che perfettamente si addice al tragicomico personaggio, cosa che emerge fin dall’iniziale Delle donne l’arroganza. Ed anche la presenza scenica è di gran disinvoltura ed efficacia.

Presenza che forse manca un poco al Lindoro di Josh Lovell, che però si fa ampiamente perdonare nel canto, con la sua bella voce chiara e squillante fin dall’iniziale, celebre cavatina in MIb Languir per una bella, poi accompagnata dal corno (Contenta quest’alma) dove il tenorino tocca con disinvoltura il DO sovracuto. E così continuerà per il resto della recita.

Misha Kiria, esordiente a Pesaro, devo dire che (mi) ha piacevolmente impressionato, per la bella voce baritonale chiara e tornita e l’espressività mostrata nel caratterizzare il tronfio Taddeo, anche lui gabbato da Isabella come il Bey. Lo vedevo per la prima volta e mi ha ricordato, in voce e presenza scenica, un certo Ambrogio Maestri… speriamo che ne segua le orme!

Gli altri due protagonisti, la brava Andrea Niño come Zulma e Gurgen Baveyan nei panni del finto feroce Haly, hanno degnamente completato il cast.

Alla fine, il pubblico ha accomunato l’intera compagnia in un cumulativo trionfo.