XIV

da prevosto a leone
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10 maggio, 2025

Orchestra Sinfonica di Milano - 24-25.25 – Varga-Goerner

Dopo il lungo intervallo pasquale, riprende la stagione con questo concerto impregnato di Ungheria, ma con un intermezzo di italico romanticismo.  È ungherese il 73enne Direttore, Gilbert Varga, figlio d’arte, e ungheresi sono tre dei quattro compositori eseguiti.

Si parte con Threnos, breve brano di Sándor Veress, composto nel 1945 a pochi mesi dalla morte di Béla Bartók e a costui quindi dedicato.

La struttura del brano è tripartita: a due sezioni che presentano – nello stile del folklore popolare - altrettanti canti di lamentazione funeraria, con crescendo di dolorosa intensità seguiti da repentine e disperanti cadute di tensione, segue la parte conclusiva, che riprende temi delle due precedenti per muoversi su un lungo arco che sale e poi scende lentamente verso una rassegnata serenità.

A dispetto della sua brevità, il brano è una costruzione assai complessa, sia dal punto di vista melodico che armonico, come eloquentemente spiegato in questo dettagliato studio di Miklós Fekete dell’Università di Cluj-Napoca (scaricabile previa iscrizione al sito).

Altre caratteristiche peculiari del brano sono la sua poliritmicità e politonalità e la frequente alternanza di metro ad evocare le sconfortate lamentazioni in ricordo del defunto.

Varga dirige con gesto prevalentemente composto, con qualche cedimento ad enfasi e platealità. Ma sempre con squisito stile… austro-ungarico. Comunque, a giudicare dal tributo riservatogli dall’orchestra alla fine del concerto, si direbbe che sia piaciuto anche ai suonatori, oltre che al pubblico.

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È poi la volta di Nelson Goerner, 56enne pianista argentino, di sedersi alla tastiera per interpretare il celeberrimo Primo Concerto di Franz Liszt. (Qui alcune mie note in proposito).

Prestazione di alto livello (qualche leggera svirgolata è sempre da perdonarsi in brani come questo, che hanno passaggi invero impervi). Equilibrato impego del rubato, grandiosità delle perorazioni (gli strepitoso che costellano la partitura) e un costante ottimo amalgama con l’orchestra sono alcuni aspetti rimarchevoli della sua interpretazione. 

Accolta con entusiasmo dal pubblico discretamente folto dell’Auditorium, che Nelson ripaga con Rachmaninov (il quarto dei dieci Preludi dell’op.23, qui a 7’29”). 

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Un altro brano breve apre la seconda parte della serata, interrompendo momentaneamente il percorso tutto magiaro del concerto: è il Notturno n°1 di Giuseppe Martucci, versione orchestrata nel 1901 dal compositore dall’originale per pianoforte composto dieci anni prima.

Brano tipicamente tardoromantico, dalla struttura assai semplice (tonalità SOLb maggiore con divagazione alla sottodominante DOb) che richiama atmosfere oniriche, un po’ decadenti o nordiche, che si ritrovano in analoghi brani di Liadov, Sibelius, Grieg… ecco. 

L’orchestra davvero smagrita (per dire, 10 soli fiati: 4 legni e corni a 2) ne ha efficacemente messo in risalto le qualità delicatamente miniaturistiche.

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La serata si chiude proprio con Bartók, di cui ascoltiamo la Suite da Il mandarino meraviglioso (o miracoloso che dir si preferisca, traducendo il nativo csodálatos).

Suite che in realtà presenta buona parte della musica dell’originale Pantomima (poi trasformata in Balletto dopo l’ostracismo subito a seguito delle prime rappresentazioni del 1929) come chiarisco nella tabella in Appendice, che mostra come la Suite sia stata derivata per semplice sottrazione di tutto il movimentato (ma poi… trasfigurante) finale. Intelligente la decisione di proiettare sui due schermi che sovrastano il palco i testi (inglese e italiano) delle didascalie originali che in partitura segnalano i tratti salienti dell’azione che ispira la musica.

Dove, nell’introduzione, si evoca il logorio della vita moderna (copyright Cynar…) e si odono le trombe delle auto, distinguendovisi chiaramente – anche se col lugubre piglio da Walküre e non da Rheingold - il wagneriano Hedà-Hedò, effettivamente usato come clacson nei primi anni del secolo scorso. Gli ottoni, oltre al clarinetto solista che deve impersonare gli adescamenti della ragazza, sono qui chiamati ad autentiche acrobazie (incluse le repentine applicazioni e rimozioni delle sordine) con glissandi e vibrati continui. Asfissiante la caccia del Mandarino alla ragazza, costellata da seconde minori (una reminiscenza dell’Alberich del Rheingold?) che chiude la Suite con gran trambusto e fracasso (l'integrale della Pantomima chiude invece con la morte del Mandarino, tempo lento e cadenza di archi bassi e tuba). 

Gran trionfo per Varga, che ha l’ha diretta a memoria, e per l’orchestra tutta che, aizzata con… il piede dalla spalla Dellingshausen, spinge il pubblico ad un applauso ritmato per il Direttore, che ringrazia tutti e in particolare le prime parti, chiamate a difficili interventi solistici. Insomma, una bella serata di musica. 

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Appendice. Il Mandarino di Bartók.

Pantomima (Balletto)
Suite
Tempo
Azione
Allegro
Introduzione strumentale - Sipario
 

 

Il 1° malvivente rovista le sue tasche in cerca di denaro… senza successo. Non trova nulla.
Il 2° malvivente cerca nel cassetto del tavolo. Non trova nulla.
Il 3° malvivente si alza dal letto, va verso la ragazza e le ordina di affacciarsi alla finestra e di adescare i passanti, che verranno poi derubati.
Meno mosso
La ragazza si oppone. I tre malviventi ribadiscono l’ordine.
Eliminato (14 battute)
Vivo; Moderato
La ragazza si arrende e va ciondolando alla finestra.
 
Rubato
Primo adescamento. Si fa vivo un uomo.
Più mosso
Sale le scale. I malviventi si nascondono.
Comodo; Più lento
Si fa avanti un vecchio e trasandato cavaliere, con movenze comiche.
Comodo; Lento
La ragazza: hai denaro? Il vecchio cavaliere: il denaro è irrilevante. Essenziale è l’amore! Si fa sempre più invadente.
Vivace
I tre malviventi balzano fuori dal nascondiglio, afferrano il vecchio cavaliere e lo scaraventano fuori. Si volgono arrabbiati alla ragazza e la obbligano a tornare nuovamente alla finestra.
Più mosso
Secondo adescamento. La ragazza scorge ancora qualcuno. (I malviventi si nascondono.)
Sostenuto; Più mosso; Ancora più mosso
Un timido giovane si affaccia alla porta. Fatica a mascherare l’imbarazzo. La ragazza lo accarezza per incoraggiarlo e intanto gli palpa le tasche (non ha un soldo).
Allegretto
Lo tira a sé e inizia una danza dapprima quasi timida.
Più mosso
La danza si fa più agitata e appassionata.
Vivace
Ma i malviventi saltano fuori, afferrano il giovane e lo sbattono fuori. Si volgono alla ragazza: Sii dunque ragionevole. Procuraci un uomo adatto.
Sostenuto; Agitato
Terzo adescamento. Si scorge con raccapriccio sulla strada una figura poco raccomandabile. Lo si ode salire le scale. I malviventi si nascondono.
Maestoso
Il Mandarino si fa avanti. Resta come immobile sulla porta, la ragazza fugge inorridita nella parte opposta della stanza.
Non troppo vivo
Spavento generale. I tre malviventi accennano di nascosto dal loro nascondiglio alla ragazza di iniziare ad avvicinarsi un poco al Mandarino per ammaliarlo. La ragazza vince il proprio ribrezzo e grida al Mandarino:
Eliminato (41 battute)
Meno mosso
Vieni più vicino! Perché te ne stai lì così immobile a fissarmi? Il Mandarino fa due passi. La ragazza: Più vicino! Siediti sulla sedia.
Tranquillo
Il Mandarino si siede.
Vivo; Meno vivo
La ragazza è indecisa. Torna ad inorridire. Alla fine vince la sua ritrosia e inizia timidamente una danza.
(A poco a poco la danza, accompagnata da una musica adeguata, audacemente…    
Lento
… culminerà alla fine in danza selvaggiamente erotica.) Durante la danza il Mandarino guarda fissamente la ragazza in modo che il divampare della sua passione diventa percettibile.
 
Allegretto; Adagio; Valse; Allegro
La ragazza abbassa il petto verso il Mandarino. Lui comincia a fremere in febbrile eccitazione.
Più allegro
Però la ragazza rabbrividisce al suo abbraccio… vuole staccarsi da lui…
Sempre vivace; Marcatissimo
…ciò che finalmente le riesce. Comincia ora una caccia sempre più selvaggia da parte del Mandarino alla ragazza che continua a fuggire.

Sempre vivace

Il Mandarino inciampa, ma si rialza di scatto e prosegue la sua caccia ancor più selvaggiamente. Raggiunge la ragazza. Lottano l’un contro l’altra.
14 battute in più solo per la Suite, che termina qui.
Sempre vivo
I malviventi saltano fuori, bloccano il Mandarino, lo trascinano lontano dalla ragazza. Gli strappano i gioielli e il denaro. Dopo che è stato depredato, si sente dire: Cosa ce ne facciamo adesso?

Maestoso
Dobbiamo ammazzarlo, soffocarlo nel letto sotto i cuscini! Viene trascinato verso il letto e quivi gettato…  
Pesante
…ricoperto di cuscini, coperte, e di qualunque altro oggetto pesante. Uno dei malviventi gli si siede persino sopra.
Più sostenuto
Si attende qualche istante. Poi il malvivente scende dal letto. Tutti e tre si allontanano un poco. Ora dovrebbe essere soffocato!
Adagio
Improvvisamente la testa del Mandarino emerge dai cuscini, lui guarda ardentemente la ragazza. Le quattro persone inorridiscono, restano lì sconvolti.
Più mosso; Allegro molto
I malviventi riflettono. Afferrano il Mandarino, lo trascinano fuori dai cuscini e lo tengono ben stretto. Si chiedono come poterlo uccidere.
Vivacissimo
Uno dei malviventi ha un’idea, cerca una vecchia spada arrugginita e la immerge per tre volte nel corpo del mandarino.
Ritenuto; Vivo; Meno mosso
Lasciano libero il Mandarino trafitto… lui barcolla, incespica, sembra quasi crollare, ...
Lento
…improvvisamente si rimette ritto e si getta sulla ragazza.
Agitato molto: Lento
I tre malviventi glielo impediscono e lo afferrano ancora saldamente. Il Mandarino immobilizzato guarda ardentemente verso la ragazza.
Agitato
I malviventi spaventati si domandano nuovamente come potersi liberare del Mandarino.
Più mosso
Impicchiamolo!
Grave
Trascinano il Mandarino recalcitrante al centro della stanza e lo impiccano al lampadario.
Più lento e rallentando
La lampada cade a terra.
Molto moderato
Il corpo penzolante del Mandarino comincia ad illuminarsi di verde e azzurro; i suoi occhi sono fissi sulla ragazza. I tre malviventi e la ragazza guardano il Mandarino pieni di terrore. Finalmente la ragazza ha un pensiero risolutivo. Fa segno ai tre malviventi: Tirate giù il Mandarino. I tre malviventi esaudiscono la sua richiesta.
Più mosso
Il Mandarino cade al suolo e si rovescia verso la ragazza.
Vivo; meno vivo
La ragazza non gli si oppone più, entrambi si abbracciano.
Lento
L’anelito del mandarino è ormai placato, le sue ferite incominciano a sanguinare, diventa sempre più debole e muore.
 

02 marzo, 2024

Orchestra Sinfonica di Milano – Stagione 23-24.14

Per il Concerto di questa settimana tornano i due simpatici fratelli Jussen, attualmente in residenza qui, diretti da uno dei Direttori Principali Ospiti: Jaume Santonja.

È Béla Bartók ad occupare la prima parte della serata. Ecco dapprima i 15 Canti contadini ungheresi, raccolti dall’Autore fin dal 1907 durante le sue escursioni (con tanto di fonografo) nelle campagne magiare e slovacche in cerca del folklore locale. Originariamente scritti per il pianoforte solo e pubblicati nel 1918, l'Autore ne realizzò una parziale versione orchestrata nel 1933. 

Ecco l’elenco completo dei canti (qui il sommo Richter) con le date della relativa scoperta da parte dell’Autore:

Quattro antiche canzoni
    I. Rubato (1918)
   II. Andante (1914)
   III. Poco rubato (1914)
   IV. Andante (raccolto da Béla Vikár)
V. Scherzo (1918). Allegro
VI. Ballata (Tema con Variazioni). Andante (1918)
Antiche melodie di danza
   VII. Allegro (1910)
   VIII. Allegretto (1910)
   IX. Allegretto (1912)
   X. L'istesso tempo (1912)
   XI. Assai moderato (1910)
   XII. Allegretto (1907)
   XIII. Poco più vivo (1910)
   XIV. Allegro (1910)
   XV. Allegro (senza parole, per cornamusa) (1910)

La versione orchestrale comprende i numeri VI-XV (con modifiche al XII) ed esclude il XIII. Forse l’orchestrazione appesantisce un tantino la freschezza dei brani eseguiti alla tastiera, comunque sono meno di 10 minuti di sano folklore, proprio adatti ad aprire la serata.
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Ecco poi il Concerto per due pianoforti, percussioni e orchestra, dove ai due solisti alle tastiere se ne aggiungono altri due alle percussioni: Viviana Mologni e Simone Benvenuti.

Il brano è nato nel 1938 come una Sonata, quindi senza l’orchestra, aggiunta 4 anni dopo; il che ha comportato lievi modifiche rispetto all’originale nelle parti pianistiche.

Contrariamente alla tradizione di questo tipo di composizione, dove i due pianoforti sono collocati in orizzontale rispetto al proscenio e uno di fronte all’altro, con coperchi rimossi, qui le due tastiere dovrebbero essere messe in diagonale e i pianisti voltare le spalle al pubblico, come si desume dal layout previsto in partitura:

 

La macro-struttura formale è tutto sommato rispettosa della tradizione, ma con importanti e interessanti innovazioni: esaminandola nei dettagli (in Appendice riporto una sintetica guida all’ascolto del brano) si scopre che è una costruzione di autentica ingegneria musicale, nel trattamento dei temi, delle sonorità e delle tonalità, nel mirabile equilibrio dei rapporti tra le varie micro-strutture interne. 

Davvero travolgente l’esecuzione dei due simpatici fratelli, in grande sintonia con i due percussionisti della casa e con l’ex-percussionista sul podio! I due pianoforti erano disposti come di norma, affiancati e paralleli al proscenio: forse (ma è una mia ipotesi) questa disposizione  consente ai due fratelli di guardarsi negli occhi senza girare la testa… Si sono anche tenuti gli spartiti nella cassa degli strumenti, magari perché stanno per riprendere contatto con questo concerto, da loro eseguito già anni fa, e che dovranno rieseguire il 15 marzo a Colonia.

Successo clamoroso per tutti e così i due tulipani ci hanno offerto uno dei loro bis prediletti.
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Si torna, per così dire, alla campagna, con la pastorale Seconda Sinfonia di Brahms. Santonja ha tenuto, nell’iniziale Allegro non troppo, un tempo eccessivamente sostenuto (ma parlo ovviamente dei miei gusti personali). Così, arrivato alla fine dell’esposizione (questa è proprio una battuta velenosa, ha ha…) ha riguadagnato il tempo perduto… tirando diritto!

Assai bene invece il resto, con le deliziose melodie dell’Adagio non troppo e dell’Allegretto grazioso. Trascinante il conclusivo Allegro con spirito, chiuso trionfalmente dall’abbagliante carica degli ottoni!

Ormai in Auditorium gli applausi ritmati sono una consuetudine, che si è puntualmente ripetuta anche ieri.
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Appendice. Il Concerto di Bartók.

Seguiamo il Concerto in questa registrazione mexicana.

Primo movimento. Forma sonata. Tema introduttivo + 3 temi principali, il secondo ripreso in chiusura dell’Esposizione. Sviluppo in tre sezioni. Ricapitolazione dei tre temi e Coda.  
   
1’20” Introduzione (Assai lento). Rullo di timpani e poi entrano i due pianoforti a canone a distanza di tritono (Tema introduttivo).
2’09” Primo schianto.
2’43” Secondo schianto. Cadenza dei due solisti.
3’45” Terzo schianto a piena orchestra. (Un poco più mosso). Transizione (Poco a poco accelerando e sempre più agitato).
4’28” Otto colpi di timpano introducono l’Allegro molto, con l’esposizione del Primo tema. Dialogo pianoforti-orchestra con scambio di ruoli (fra tema e accompagnamento).
4’42” Transizione sul Tema introduttivo.
5’11” Primo Tema ripreso da archi e fiati.
5’24” Transizione.
5’46” Secondo tema (Un poco più tranquillo).
6’19” Transizione.
6’33” Terzo tema (Più tranquillo, poco a poco stringendo).
6’46” (Più mosso).
7’33” Ripresa del Secondo tema. (Meno mosso, tranquillo).
8’05” Transizione e chiusura dell’esposizione.

8’30” Inizio della prima delle tre sezioni dello sviluppo (Tempo I non troppo vivo).
9’02” Seconda sezione dello sviluppo (poco più lento).
9’25” Terza sezione dello sviluppo.
10’07” Transizione (Un poco tranquillo).

10’30” Inizio della ricapitolazione (Un poco maestoso). Primo Tema.
11’08” (Tranquillo). Secondo Tema. (Rallentando).
12’34” (Vivo). Terzo Tema.

14’15” Coda.

Secondo movimento. (Musica notturna). Macro-struttura A-B-A’ con diverse sottosezioni.

14’57” Sezione A. (Lento, ma non troppo). Introduzione con piatti e due tamburini.
15’21” Languido tema (notturno) nei pianoforti, sempre accompagnati dalle percussioni e con brevi interventi dei fiati.

17’13” Sezione B-1. (Un poco più andante). Piano-2 con note lunghe (minime) accompagnato da Piano-1 con quintine di semicrome. Il tempo accelera.
18’09” (Agitato). Climax (xilofono). Calmandosi.
18’20” Sezione B-2. (A tempo). Clustars nei pianoforti a canone, con pedale di controfagotto, corni e archi.
18’51” Sezione B-3. (Poco rubato). Veloci scale cromatiche nei pianoforti, progressivamente diradantesi.

19’25” Sezione A’. (Tempo I). Piano-2 riprende il tema notturno dalla Sezione-A. Piano-1 accompagna con svolazzi di biscrome (dalla Sezione B-3) poi con glissando ascendenti-discendenti.
20’12” (Un poco mosso). Il tema notturno è riproposto in forma inversa, poi (20’36”) condensato in due battute di accordi.

20'54" Coda. (Più andante). Tornano le quintine dalla Sezione B-1. 
21'03" (Tempo I). Su un tappeto dei fiati e i rintocchi dello xilofono, i pianoforti si congedano con quattro accordi che sfumano dal forte al piano.

Terzo movimento. Forma ibrida di Rondo-Sonata.

21’43” (Allegro non troppo). Dopo poche battute introduttive di pianoforti, legni e archi è lo xilofono ad esporre il Primo tema. Ripreso poi (21’57”) dai pianoforti.
22’08” Transizione.
22’21” Secondo tema, poi variato (22’32”) con un’accelerazione (Più mosso) e un improvviso schianto.  
23’01” Transizione.
23’12” (Tempo I). Terzo tema nei pianoforti, poi progressivamente Stringendo… Più mosso.

23’39” (Tempo I). Qu si può posizionare lo Sviluppo (in termini di forma-sonata) con la ripresa del Primo tema in tromba e tromboni, interrotto da improvvisa fermata. Questo lungo sviluppo – con lo xilofono assai in evidenza - si basa su una sapiente rielaborazione di spezzoni del Primo tema, che viene riproposto quasi integralmente (25’10”) prima di passare alla Ricapitolazione.  

25’25” (Più mosso). Ricapitolazione innescata sul Primo tema dagli archi accompagnati dall’impertinente xilofono. Si arriva ad un climax (Tempo I, 25’36”) che prelude al ritorno del Secondo tema (25’44”) in una variante che ricorda (ciclicamente) l’Introduzione del Concerto. Il tema è poi ripetuto (25’53”) nella sua forma originale.
26’02” Transizione.
26’17” Ritorno del Terzo tema, assai variato. Accelerazione dei pianoforti (Sempre strigendo).
26’59” (Tempo I). Riecco il Primo tema, pure variato, poi ripreso (27’13”) con ennesima variante.

27’26” Coda. Il suono va progressivamente sfumando, fino agli ultimi sommessi tocchi di piatti e tamburini. Silenzio.

14 maggio, 2022

laVerdi 21-22. Concerto 29


Il penultimo concerto della stagione (inserito nella prestigiosa rassegna Milano Musica) vede il gradito ritorno in Auditorium di Stanislav Kochanovsky (un russo sfuggito chissà come dalle grinfie del CoPaSir!!!) che dirige un programma est-europeo del ‘900. 

I primi due brani sono di Witold Lutosławski. Ecco la Musique funébre, per soli archi (da 44 a 66, divisi in 4 parti di violini e 2 parti di viole, celli e bassi) composta a partire dal 1954, 10° anniversario della scomparsa di Béla Bartók (protagonista della seconda parte del concerto) e terminata nel 1958.

Composizione davvero singolare per concezione e realizzazione, che si può ben definire di alta ingegneria combinatoria, in particolare per la struttura dei due movimenti esterni dei quattro in cui si articola.
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Esploriamola a volo d’uccello in questa interpretazione di Daniele Gatti con la ONF. Il Prologo (1’15”) si fonda sull’impiego di serie dodecafoniche ottenute per trasposizione, inversione e retrogradazione di due serie di base (S1 e S2, le prime entrate a canone dei due violoncelli) costruite alternando tritoni (a partire da FA-SI e SI-FA rispettivamente) seguiti da una seconda minore discendente (a); l’inversione delle due serie dà luogo a serie che alternano tritoni a seconde minori ascendenti (b):

Altre serie sono poi costruite a partire dalle restanti 10 note della scala cromatica. Possiamo interpretare (almeno io così mi sento di fare) il tritono come elemento di negatività (la morte, in effetti, e per di più crudele, come quella di Bartók) e la seconda minore come evocazione del lamento per quella morte.

La sequenza di entrate successive, dopo l’apertura dei due primi violoncelli, vede l’entrata delle prime viole, e via via dei violini e infine dei contrabbassi, che si aggiungono proprio a preparare il culmine di questa prima parte (3’19”) dove il tritono FA-Si viene reiterato pesantemente, poi sempre decrescendo con l’abbandono degli archi alti che lasciano solo celli e bassi (4’45”) a chiudere sommessamente sul FA.

Segue poi (5’09”) Metamorfosi, che parte da sordi pizzicati per poi (6’13”) evolvere in un continuo e lento crescendo melodico. La serie del Prologo viene ancora trasformata, la melodia culmina in volate di semicrome, che portano (10’07”) al breve...

Apogeo, solo 12 battute in fff dove l’intera compagine suona soltanto pesanti accordi di 12 note, tenuti e poi ribattuti. Un progressivo aumentare della lunghezza delle note (semicrome, crome, terzine di semiminime, semiminime, minima e breve) introduce (10’57”)...

l’Epilogo, che vede il ritorno in primo piano (11’31”) delle serie del Prologo, con il tritono SI-FA in posizione preponderante.

La chiusura (15’05”) è ancora riservata, come l’apertura del brano, al primo violoncello, che ripercorre spezzoni sempre più minuscoli delle ultime 4 note dell’inversione della seconda serie, che degrada di un semitono da quella fondamentale: MIb-LA-SIb-MI / LA-SIb-MI / SIb-MI / SIb / MI:

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Che dire? Musica che non è proprio delle più digeribili... Tuttavia, se diretta e suonata come si deve merita di essere apprezzata, come ha fatto il pubblico abbastanza folto non lesinando lunghi applausi a Direttore e musicisti, con il violoncello di Tobia Scarpolini sugli scudi.
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Ancora di Lutoslawsky ecco un brano vocale, Chantefleurs et Chantefables per soprano e piccola orchestra. Si tratta di un ciclo di 9 canzoni per bambini, scelte fra gli 80 testi surrealisti di Robert Desnos e composte fra il 1989 e il 1991:

1.   La Belle-de-Nuit

2.   La Sauterelle

3.   La Véronique

4.   L'Eglantine, l'aubépine et la glycine

5.   La Tortue

6.   La Rose

7.   L'Alligator

8.   L'Angélique

9.   Le Papillon

Ad interpretarle è il soprano Łucja Szablewska-Borzykowska, connazionale del compositore e al suo esordio qui in Auditorium. Musica atonale e canto che si avvicina allo Sprechgesang (tipo Pierrot lunaire...) La bionda Lucja sfoggia una bella voce lirica con la quale illustra tutte le sfumature di questi canti. L’Orchestra sottolinea discretamente la voce, salvo scatenarsi proprio nell’ultimo brano: l’invasione delle farfalle! 

E così - come premio - il Papillon ci viene bissato!
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Come detto, si chiude con Béla Bartók e il suo Divertimento per archi, commissionato dal, e dedicato al, mecenate della musica Paul Sacher e alla sua Orchestra di Basilea, che tenne a battesimo il brano l’11 giugno del 1940. Brano composto di getto in una villa di Sacher sulle Alpi svizzere nell’estate del ’39, quando Bartók ormai si stava rassegnando ad andarsene in esilio negli USA, abbandonando dolorosamente la sua amata Ungheria, sempre più risucchiata nell’orbita nazista.

Tre movimenti che richiamano, come spesso in Bartók, ritmi e melodie popolari, con chiare inflessioni modali, ma sono costruiti su forme classiche, dal settecentesco Concerto grosso all’ottocentesca forma-sonata.
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Ecco come li interpreta il compatriota di Bartók Eugene Ormandy. Si parte (9”) con un Allegro non troppo, che ha struttura di forma-sonata... con qualche libertà. Il primo motivo (in atmosfera di FA maggiore, con caratteristico accompagnamento di triplette) si sviluppa su 13 battute, poi viene ripreso (35”) per altre 11 battute. Cui segue un rallentamento che introduce (1’07”) un secondo motivo (Un po’ più tranquillo) - un passaggio tipico del Concerto grosso, con dialogo fra le prime parti (il concertino) e il pieno orchestrale - che parte in LA e si chiude su un unisono di FA. Il quale prepara il terreno al secondo tema (1’47”) assai lezioso, in ambientazione di RE minore (relativa del FA del primo tema) e sempre con dialogo soli-tutti. Lo sviluppo (3’09”) vede classicamente protagonisti i due gruppi tematici, con passaggi a canone più mossi alternati a prese di respiro; e porta poi (5’40”) alla ripresa: il primo tema viene riproposto, anzichè sul FA, sul SOL e sul DO, mentre è il secondo (6’31”) ad accodarsi al FA minore. Una coda (7’49”) basata su una rielaborazione (Più tranquillo, poi Sempre più lento) del primo motivo porta ad una sommessa conclusione.

Il centrale Adagio (9’02”) apre con l’esposizione di una cellula di tre note nei violini secondi, poi nei primi su un accompagnamento degli altri archi che passa da un ostinato serpeggiamento ad una certa increspatura (10’07”) proprio su una melodia (mahleriana?) nei primi violini. Dopo un breve rallentamento ecco un fortissimo RE acuto che introduce (11’02”) un’irruzione delle viole, che poi passano il testimone a violini primi, fino al sopraggiungere di un passaggio (12’34”) caratterizzato da instabilità agogica: ecco un‘alternanza di sostenuto, lento e agitato, ed un progressivo crescendo che culmina a 13’45”, seguito da un decrescendo. Ancora il dialogo fra soli e tutti (14’28”) e poi ecco (15’17”) il ritorno della cellula primigenia, fino (16’59”) ad un autentico grido di dolore prima della mesta chiusura.

Il terzo movimento (17’25”) è un Rondo in Allegro assai. Anche qui torna spesso e volentieri l’alternanza soli-tutti del Concerto grosso. Dopo 13 battute introduttive che stabiliscono il ritmo, ecco (17’35”) esposto il tema del Rondo, una derivazione di quello del movimento iniziale, quindi dalle chiare connotazioni della musica popolare magiara. Seguito (17’45”) da un controsoggetto dl carattere diatonico (MIb maggiore) che dopo un breve ponte a canone, sfocia (18’13”) in un perentorio unisono di FA# e prepara l’ingresso (18’26”) di una nuova sezione bipartita: un tema che peraltro riprende tratti del primo, seguito (18’45”) da un controsoggetto. Il primo tema si ripresenta a 18’52” per chiudersi su un nuovo unisono che introduce (19’13”) una sezione occupata da una fuga, il cui soggetto è presentato anche in inversione. Il tempo rallenta e a 20’03” (Più lento) abbiamo un assolo del primo violino chiuso da una classica cadenza virtuosistica. A 20’51” ecco 7 battute introduttive e poi riappare il tema principale, immancabilmente variato sia nel soggetto che nel controsoggetto. Un crescendo, con ritorno del dialogo soli-tutti, ci porta (21’43”, Meno mosso) ad una sezione che ripropone, sempre in nuove forme, i motivi del Rondo. A 22’34” (Più mosso) ecco un sottofondo di terzine di violini secondi e viole che supportano la ricomparsa del tema principale, che viene sottoposto ad un vorticoso sviluppo, che poi va progressivamente calmandosi fino a... fermarsi completamente su una battuta di pausa. Adesso (23’43”, Grazioso) abbiamo un intermezzo tutto in pizzicato, dal sapore di una polka leziosa e ...settecentesca, chiuso (24’08”) col ritorno all’arco per un accordo che dà il la alla stretta conclusiva (Vivace, poi Vivacissimo e ancora Stringendo) basata sul tema principale ostinatamente reiterato. A 24’36” ecco un ritorno (per 12 battute) al Tempo I per un’ultima leziosa comparsa nei soli del tema del Rondò. Cui seguono (24’42”) le 4 battute di esilarante chiusura.
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Un brano davvero geniale e ispirato, che Kochanovsky ci porge con la consueta compostezza di gesto, mentre - inutile aggiungerlo - l’Orchestra, capitanata da Luca Santaniello, ci mette... il resto. Grande successo per tutti.