ipocrisia pesciarolaia

vado a votare, ma non voto

09 aprile, 2020

Pasqua con Bach


Prima ancora che un’occasione di (relativo) godimento estetico-spirituale, l’Oratorio di Pasqua di Johann Sebastian Bach può diventare anche un esercizio utile a combattere gli effetti nefasti della quarantena che ci viene imposta dal subdolo coronavirus. In che modo? Semplicemente andando alla scoperta delle circostanze che ne caratterizzarono la gestazione, la nascita e la successiva esistenza: ed è un viaggio che impegna la curiosità e quindi la materia grigia, il cui corretto funzionamento rischia di essere messo in pericolo in questi giorni di clausura forzata. E purtroppo sembra che la quarantena abbia già avuto effetti preoccupanti su qualche mente - forse già malata di suo - che predica riaperture e ripartenze folli fin dalla prossima settimana.

(Nb: il problema della totale ripresa produttiva non sta nelle misure di sicurezza - problematiche ma non impossibili da mettere in atto - dentro fabbriche, cantieri e uffici, dalle 8:30 alle 18:30; ma in quelle, oggi ancora praticamente irrealizzabili, fuori da quegli ambienti, prima e dopo l’orario di lavoro. O pensiamo di contingentare, come si fa per i supermercati, l’accesso a metropolitane, treni pendolari, autobus, pulmini e mezzi di trasporto in generale? Così - ma se proprio tutto va bene, e correndo comunque rischi non da poco - la gente arriverebbe in ufficio o in cantiere o in fabbrica a mezzogiorno e rientrerebbe a casa a mezzanotte... Bella ripresa! Insomma, finchè i contagi non spariscono quasi del tutto e non mettiamo in atto qualche diavoleria coreana, sarà meglio andarci piano con le fughe in avanti della premiata coppia Bonomi&Bonometti.)
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Back-to-business-Bach. In ogni testo riguardante quest’opera (libri sulle cantate, saggi, wikipedia, booklet di CD, etc.) si legge che l’Oratorio di Pasqua, BWV 249, fu in realtà un adattamento (in gergo appropriato: una parodia) di una precedente opera di Bach: la cantata profana (o secolare) Entfliehet, verschwindet, entweichet, ihr Sorgen, BWV 249a. Profana perchè composta nel 1725 per celebrare un evento mondano e non religioso: il 43° compleanno del Duca Christian von Sachsen-Weißenfels.

Il quale aveva evidentemente l’abitudine di auto-celebrarsi a quel modo, se è vero che 12 anni prima aveva ingaggiato lo stesso Bach (allora di stanza a Weimar) per festeggiare il compleanno n°31 con un’altra cantata, inneggiante alla caccia (e al... ducale cacciatore) Was mir behagt, ist nur die muntre Jagd, BWV 208, eseguita di sera, al ritorno del Duca a Weißenfels (una quarantina di Km a sud-ovest di Lipsia) dopo una battuta di caccia.  

Detto di passaggio: bei tempi, quelli dove le persone importanti e ricche si facevano perdonare i propri (magari immeritati) privilegi alimentando da mecenati la più nobile ed alta produzione artistica. Per dire, ce lo vedete oggi un Briatore a farsi comporre da Morricone una cantata per l’apertura di un Billionaire a Wuhan?

Orbene, era il venerdi 23 febbraio 1725 quando la cantata vide la luce proprio a Weißenfels, casa del Duca, nel castello Neu-Augustusburg, che domina imponente quella cittadina. Autore del testo fu Christian Friedrich Henrici, noto con il nick-name di Picander, letterato di Lipsia che fu uno dei più stretti e prolifici librettisti di Bach. Il soggetto tratta di una riunione di quattro pastori (due maschi e due femmine) che lasciano incustodite le loro greggi pur di potersi associare - con canti di gioia e di augurio - ai festeggiamenti in onore del caro Christian.  

Bach era a Lipsia dal 1723 con l’incarico di Thomaskantor (responsabile musicale della Thomaskirche) ed aveva quindi (anche) il compito di impreziosire le festività religiose con opportuna musica di circostanza. Orbene, accontentato il Duca, a Bach restavano sì e no 40 giorni per preparare qualcosa per la Pasqua, che quell’anno cadeva il 1° Aprile. Scartata l’ipotesi di fare il classico pesce (si sarebbe come minimo giocato il posto e la carriera...) il Kantor non trovò di meglio che auto-imprestarsi la musica del compleanno ducale per farci la Cantata di Pasqua (solo anni più tardi rivista, anche nel testo, e rinominata Oratorio). Contando furbescamente sul fatto che la Cantata per il nobile Christian era stata eseguita a Weißenfels e non a Lipsia, dove era quindi sconosciuta al grande pubblico. Così, a parte i 4 recitativi (semplici per non dir banali da musicare) Bach tenne buono tutto il resto, cioè i 5 numeri cantati della 249a e forse la Sinfonia (che però potrebbe aver composto specificamente per la Pasqua, riadattando sue preesistenti composizioni dei tempi di Köthen) e chiedendo poi al suo librettista Picander (ma anche questa paternità è dubbia...) di scrivere testi adeguati alla bisogna religiosa. E il letterato (Picander o chi per lui) fece quindi ciò che appare come un controsenso: scrivere il testo sacro su una musica già composta per finalità profane.   

E tutto sommato la cosa gli riuscì discretamente (ma siamo ben distanti dalle Passioni o dall’Oratorio di Natale!) anche grazie alla relativa vicinanza fra i due scenari: entrambi aventi come sfondo dei festeggiamenti e lodi al festeggiato. Così i due pastori si travestirono da Pietro e Giovanni e le due pastorelle da Madonna e Maddalena! Ecco qui i due testi dei numeri cantati a confronto:

BWV249a
BWV249 
3. Aria a Duetto
(Damoetas, Menalcas)
Fuggite, scomparite, cedete, voi ansie,
non turbate i gioiosi sentimenti!
Risa e scherzi
riempiono i cuori,
la gioia si dipinge sui volti.
(Sylvia, Doris)
Fuggite, scomparite, cedete, voi ansie,
non turbate i gioiosi sentimenti!

5. Aria 
(Doris)
Centomila lusinghe
mi si agitano in petto.
E il piacere,
come mostrano le affettuosità,
non può zittire la lingua.

7. Aria
(Menalcas)
Cullate, o sazie pecorelle,
nel sonno
voi stesse!
Làggiù in quei vasti pascoli,
dove cresce tenera erba,
torneremo a ritrovarvi.

9. Aria
(Sylvia)
Ora vieni Flora, vieni rapida,
respira la brezza occidentale,
come i nostri ameni campi,
così che un fedele suddito
al suo soave Christian
doveri e debiti possa pagare.

11. Aria

Fortuna e salute
ti siano costantemente compagni!
Grande Duca, il tuo diletto
possa ergersi come una palma;
che mai si curva,
ma che invece punta alle nuvole!
Così in futuro, della tua continua prosperità,
possano i tuoi sudditi allietarsi con risa e scherzi.
N. 3 - DUETTO E CORO
PIETRO E GIOVANNI
Venite, affrettatevi e correte, o piedi lesti,
Verso la grotta che ha nascosto Gesù!
Risa e scherzi
Accompagnino il vostro cuore,
Poiché il nostro Salvatore è risorto.
CORO
Venite, affrettatevi e correte, o piedi lesti,
Verso la grotta che ha nascosto Gesù!

N. 5 - ARIA
MARIA, LA MADRE DI GESÙ
Oh anime, le vostre spezie
Non saranno più mirra
Perché solo
Con risplendenti corone d'alloro
Potrà placarsi il vostro struggente desiderio.

N. 7 - ARIA
PIETRO
A poco a poco il mio tormento
Non sarà altro che un sonno leggero
Gesù, attraverso il tuo sudario.
Sì, lì avrò sollievo
E le lacrime del mio dolore
Sì asciugheranno dolcemente sulle mie gote.

N. 9 - ARIA
MARIA MADDALENA
Ditemi, su ditemi,
Ditemi, dove posso trovare Gesù,
Colui che la mia anima adora!
Vieni, su vieni, abbracciami!
Che il mio cuore senza di te
È desolato e afflitto.

N. 11 - CORO

Lode e grazie
Sia per sempre, Signore, il tuo canto di lode!
L'inferno e il diavolo si sono dileguati,
Le loro porte sono state distrutte
Esultate, o lingue liberate,
affinché lo si senta fino in cielo!
Aprite, o Cieli, l'arco splendente,
Il leone di Giuda sì avvicina vittorioso!

Bach rimise poi mano alla Cantata, rinominata Oratorio di Pasqua, in anni successivi. È del 1738 la versione definitiva del verso iniziale: Kommt, eilet und laufet, che ha rimpiazzato due precedenti formulazioni: Kommt, gehet und eilet e Kommt, fliehet und eilet. Ma altri interventi sono databili nei 10 anni successivi. Va anche detto che i quattro nomi dei personaggi biblici (Maria, Maddalena, Pietro e Giovanni) figuravano solo nelle parti manoscritte della Cantata di Pasqua del 1725, mentre sono stati poi sostituiti dalle semplici indicazioni S (soprano) A (contralto) T (tenore) e B (basso). 

La principale fonte di informazioni originali sull’opera è costituita da due faldoni predisposti da Carl Philipp Emanuel Bach e giacenti a Berlino. Vi sono raccolti rispettivamente il manoscritto della partitura (del 1738, 42 facciate) e una serie di parti (vocali e strumentali, 110 facciate) databili a partire dal febbraio 1725 (quindi fin dai giorni della Cantata ducale) per arrivare almeno fino al 1746. Sulla base di questo materiale Breitkopf&Hartel (Wilhelm Rust, 1874) ha predisposto la prima edizione della partitura dell’Oster-Oratorium. Questa è quindi la forma finale del testo dell’Oratorio.

Viceversa mai si è rinvenuto un manoscritto della 249a. Ma allora come si è stabilita la filiazione fra questa e la 249 (Cantata e poi Oratorio?) Ci ha pensato un teologo evangelico, bibliotecario e musicologo, Friedrich Smend, con una ricerca che a metà del secolo scorso ha portato, con la collaborazione dell’organista-musicologo Hermann Keller, alla ricostruzione della Cantata ducale, pubblicata nel 1943 da Bärenreiter e che possiamo ascoltare in rete dai complessi del venerabile Helmuth Rilling. Smend ha operato prevalentemente sui testi: quello della 249a, certamente di Picander (che lo incluse in edizioni a stampa delle sue opere) e quello della Cantata di Pasqua, verosimilmente (ma non del tutto certamente) dello stesso librettista, trovando analogie sufficienti a portarlo a concludere che dietro ci fosse la stessa musica, quella sopravvissuta della Cantata (poi Oratorio) di Pasqua. 

Ma Smend non si fermò qui! Torniamo a Bach: passa poco più di un anno dalla prima pasquale ed ecco che gli arriva una nuova commissione secolare: il Conte Joachim Friedrich von Flemming, signore di Hartau, Golobach, Nödelschitz e Klein-Wölkau, Generale della Cavalleria sassone, Cavaliere di SanGiovanni di Gerusalemme e comandante della Fortezza di Schievelberg (tutto qui?...) è dal 7 maggio 1724 Governatore di Lipsia e per il suo 61° compleanno commissiona a Bach... toh, una Cantata! Ma ormai il furbo Joh.Seb. in fatto di compleanni è un maestro (!) e così - possiamo proprio credere a Smend - riprende la 249a (quella di Sachsen-Weißenfels) e ne impiega i 5 numeri cantati per ricavarci la 249b per Flemming: Verjaget, zerstreuet, zerrüttet, ihr Sterne, che verrà eseguita a Lipsia Domenica 25 Agosto 1726, antivigilia del compleanno del Conte. Anche qui aiutato da quel volpone di Picander, che inventa (o anche scopiazza dalla precedente) il testo della cantata. Che peraltro nessuno si è (ancora) preso la briga di ricostruire in toto (come fatto per la 249a).
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Beh, adesso basta con (f)utili passatempi e ascoltiamo finalmente l’Oratorio di Pasqua. Io dò fiducia a Philippe Herreweghe, uno che viene dalla gloriosa tradizione fiamminga, ergo non può certo deludere!

06 aprile, 2020

La grande Pasqua russa


La Russia in questi giorni ci sta dando una mano a fronteggiare lo sbifido coronato e - salvo qualche nostro acuto malpensante che dietro questo gesto sospetta di chissà quali sinistri cavalli di troia, dai quali uscirebbero al momento opportuno i simpatici cosacchi per abbeverare i cavalli a San Pietro e soprattutto per trascinarci nel Patto di Varsavia - le siamo tutti grati per gli aiuti materiali che ci offre.

Ma, ormai sotto Pasqua, possiamo attingere - e senza pericolo di sorta - alle risorse della grande mamma russa anche per procurarci qualcosa di più immateriale rispetto ai pur necessari respiratori e mascherine.

Così chi vuol passare in casa (tanto in chiesa non può, nonostante le implorazioni del devoto felpato sal Matteo) una Veglia per tutta la notte (scelga pur lui quale notte...) può rivolgersi a Sergei Rachmaninov e ai suoi Vespri per coro a cappella (Op.37), 15 canti della tradizione russa, ma ricchi di influenze balcaniche e bizantine. 

In rete ce n’è una mezza dozzina di esecuzioni (cercare Rachmaninov Vespers...) e davvero ci si può passare un’intera notte, senza tema di addormentarsi. Oppure addormentarsi ritrovandosi in sogno in Paradiso!

Perchè è musica che da sola, anche ignorando il significato dei testi cantati, ti solleva ad astronomiche distanze dalle miserie terrestri; se poi si vuol anche decifrare ciò che viene cantato, ci viene in soccorso il benemerito Teatro Sociale di Como che un anno fa, in occasione di un concerto proprio sotto Pasqua, ha pubblicato alcune brevi note illustrative dell’opera e - soprattutto - la traduzione italiana dei testi.

Quindi buona veglia e... vade retro, virus!

05 aprile, 2020

Infusi contro il virus


Mia nonna Maria, classe 1888 (Mahler sfornava la prima delle sue sinfonie e Strauss era alle prese con Tod-und-Verklärung... due musicisti dei quali lei nemmeno conobbe l’esistenza) veniva da una famiglia di contadini della media Valtrompia. A soli 28 anni rimase vedova (nonno Gherardo era partito soldato nella WWI, e non tornò più a casa nè vivo, nè morto, le sue ossa saranno a marcire da qualche parte laggiù, sul Carso, chissà dove). Così la sua giovinezza fu sacrificata a dare all’unica figlia (mia madre, che potè godersi suo padre per pochi mesi, e quando ancora era in fasce...) una buona educazione e un diploma di maestra elementare. Poi l’accompagnò all’altare, a sposare un compaesano, baldo tenente pilota della Regia Aeronautica (mio padre, che si fece tre anni di WWII per poi rifugiarsi, dopo Cassibile, fra i partigiani, e campato fino a 103 anni suonati!) Per comprensibili ragioni, la nonna abitò - fino alla sua morte, a 90 anni - in famiglia con noi, ad occuparsi stoicamente di tutte le faccende domestiche, compresa quella di tenere a bada i nipotini piccoli, sottoscritto e sorellina, mentre la figlia era a tener lezioni a scuola e il genero si occupava di garantire l’erogazione di corrente elettrica ai paesi di quelle valli. Io, nipote primogenito di ava vedova, come recitava la Legge sulla coscrizione obbligatoria ancora in vigore nei primi anni ’60, grazie a lei mi risparmiai pure la seccatura il privilegio della... naja! 

Orbene, la nonna, depositaria delle sane tradizioni contadine, non mancava mai di coltivare, nell’orticello di casa, fra pomodori, fagiolini e cetrioli, anche diverse erbe aromatiche o para-medicamentose. Una di queste ultime, dalle quali lei ricavava infusi quanto mai preziosi per combattere i classici malanni di stagione, era la malva.


Ecco, questa storiella vagamente strappalacrime introduce l’argomento antivirus del giorno: l’ultimo Lied (e ultima composizione completata) di Richard Strauss: Malven.

Questo Lied per soprano e pianoforte fu messo in bella copia da Strauss a Montreux nel novembre del 1948 (il manoscritto reca la data del 23, un martedi) e fu composto a ridosso dei quattro postumamente pubblicati come Vier letzte Lieder, venuti alla luce fra il 6 maggio e il 20 settembre di quell’anno, in una specie di staffetta compiuta da Strauss fra Montreux e Pontresina. Gli addetti ai lavori ci informano che Strauss scovò quasi per caso il testo da musicare sul settimanale Die Weltwoche (o sul quotidiano Zürcher Zeitung, non è ben chiaro) che aveva pubblicato questa poesia, parte della collana Neue Gedichte, della letterata-giornalista-scrittrice svizzera Bettina (Betty) Wehrli-Knobel, divenuta abbastanza famosa per le sue posizioni femministe.

Strauss compose il Lied pensando ad una ben precisa persona, alla quale era da una vita legato per motivi artistico-professionali (ma forse anche qualcosa di più...): la famosa cantante boema, poi trapiantata in USA, Maria Jeritza, che aveva nel corso degli anni interpretato alcuni ruoli straussiani di assoluto primo piano. Sulla seconda e ultima facciata scritta (delle 4 totali) del manoscritto del Lied Strauss vergò la dedica: Der geliebten Maria dieser letzte Rose! (Quest’ultima rosa all’amata Maria!) Alla quale inviò il manoscritto, che l’amata Maria si tenne gelosamente, rifiutando di mostrarlo a chicchessia (disse a Zubin Mehta, ai tempi in cui il maestro indiano era Direttore della NYPO che, lei viva, nessuno avrebbe avuto accesso a quei fogli...) In compenso però cercò reiteratamente di trovare un compratore al quale rifilarlo in cambio di somme evidentemente esorbitanti, se è vero come è vero che nessuno si mostrò interessato all’acquisto.

Acquisto che si materializzò dopo la dipartita dell’amata Maria, che ci lasciò nel 1982 (il giorno prima che Zoff alzasse al cielo la terza Coppa del Mondo azzurra) e che rese possibile la diffusione (sia pur controllata...) dell’opera nel vasto mondo. La prima esecuzione del Lied ebbe per protagonista Kiri Te Kanawa (accompagnata da Martin Katz al pianoforte) ed ebbe luogo a New York - incastonata all’interno del programma di un concerto della NYPO diretto da Mehta - giovedi 10 gennaio 1985. Possiamo ascoltare la registrazione di quella prima su youtube: all’inizio si può distintamente udire la voce di Mehta che presenta al pubblico l’eccezionale evento, raccontando della gran fretta con la quale esso venne organizzato e chiedendo ai presenti di applaudire Frederick R. Koch (la cui fondazione filantropica aveva appena da un mese acquistato il manoscritto originale ad un’asta di Sotheby, esecutore testamentario della Jeritza) e Christian Strauss (nipote del compositore) che avevano, con le rispettive formali autorizzazioni, reso possibile quella performance ed erano lì ad assistervi.   
___
Riassunta la cronaca della nascita e... resurrezione di Malven, vediamo di osservarlo (ed ascoltarlo, ovviamente) più da vicino. Cominciando dal testo, che Strauss modificò non sostanzialmente, come si può osservare dalla seguente tabella (in giallo due versi omessi da Strauss):

testo originale di Knobel
testo di Strauss
testo di Strauss (italiano)
Aus Rosen, Phlox und
Zinienflor,
Ragen im Garten
Malven empor,
duftlos und ohne
des Purpurs Glut,
wie eine Hand,
die müde ruht,
wie ein verweintes,
blasses Gesicht
unter dem gold’nen
himmlischen Licht.
Und dann verwehen
leis sie im Wind,
zärtliche Blüten,
Sommers Gesind.
Aus Rosen, Phlox
Zinienflor
ragen im Garten
Malven empor,
duftlos und ohne
des Purpurs Glut,
[wie eine Hand,
die müde ruht,]
wie ein verweintes
blasses Gesicht
unter dem gold’nen
himmlischen Licht.
Und dann verwehen
leise leise im Wind
zärtliche Blüten
Sommers Gesind......
Sommers Gesind.....
Fra rose, floghi
zinnie
si ergono nel giardino
malve all’insù,
inodori e senza
la luminosità della porpora,
[come una mano,
che stanca riposa,]
come un lacrimoso
pallido volto
sotto la dorata
celestiale luce.
Esse poi disperdono
sommesse sommesse nel vento
teneri fiori
estiva servitù......
estiva servitù.....

È innegabile che si tratti di un testo, per così dire, vicino a quello di almeno due dei quattro che Strauss aveva appena finito di mettere in musica (Frühling e September); anzi, appare come una cerniera fra i due segnalati (il che darebbe ragione a Rihm-Thielemann che - ne riferisco più sotto - lo hanno collocato proprio fra quei due): non è più la Natura esplosiva della Primavera, ma nemmeno quella ormai intristita dell’Autunno; è quella dell’Estate che dolcemente, senza quasi dar nell’occhio, si lascia cullare beatamente e... disinteressatamente.

Diverso è però il discorso sul piano musicale: qui la distanza fra Malven e i quattro è abbastanza evidente, quasi che dapprima Strauss, allo scopo di produrre ancora musica destinata al vasto pubblico, con i letzte avesse raschiato il fondo del barile della materia prima nella quale aveva nuotato nella sua primavera e nella sua estate; ma poi, e solo due mesi dopo, si fosse sentito moralmente obbligato - prima di chiudere bottega - a creare qualcosa di più complesso, anche difficile, persino ricercato, qualcosa però da condividere solo in privato, con qualcuno (l’amata Maria...) che fosse in grado di capirlo ed apprezzarlo. 

La struttura del Lied (qui il manoscritto) è assai semplice: è un Allegretto in 2/4 tonalità di impianto MIb maggiore, costituito da due interventi del pianoforte, quasi identici, alternati ai due della voce, di proporzioni asimmetriche, corrispondenti rispettivamente ai primi 10 e ai restanti 5 versi del testo. Al proposito si osservi la tabella sottostante, che ho costruito rielaborando il contenuto di una dettagliata analisi del brano fatta da John M. Kissler (nelle colonne delle battute le cifre tra parentesi (1 - 2) rappresentano rispettivamente il primo e il secondo quarto, cioè mezza battuta):

da battuta
a battuta
tonalità
contenuto

0(2)
5(2)
6(2)
9
10

11(2)
17
19(2)
21
23
28(2)
32
32(2)
38

42(2)
46(2)
47(2)
50
51

54
56
58
61

70(2)

5(1)
6(1)
8
9
11(1)

16
19(1)
20
22
28(1)
31
32(1)
37
42(1)

46(1)
47(1)
49
50
53

55
57
60
70(1)

72

MIb M
FA M
MIB M
DO m
MIb M

MIb M
DOb M
MIb M
RE m
LA m
MIb M
DO m
SOL m
MIb M

MIb M
FA M
MIb M
DO m
MIb M

MIb M
DOb M
LA m
MIb M

MIb M

Introduzione





a
Aus Rosen, Phlox
Zinienflor
a
ragen im Garten
Malven empor, duftlos und
ohne des Purpurs Glut,
wie
ein verweintes blasses Gesicht
unter dem gold’nen himmlischen Licht.

Interludio
a
a
a


Und dann verwehen
leise
leise im Wind zärt-
-liche Blüten Sommers Gesind. Sommers Gesind.

Cadenza

Sparite le lunghe e sbudellanti melodie dei Vier letzte, si fa posto a frasi dall’andamento più nervoso, quasi impressionista, soprattutto nell’accompagnamento del pianoforte, ma anche nella voce, i cui due interventi (il primo più lungo e il secondo più breve) comportano anche un’incessante ambiguità tonale (come testimoniato in particolare dal percorso assai contorto del primo intervento) con marcate e anche scabre divagazioni (non certo compiute modulazioni) dal MIb maggiore di impianto, introducendovi anche un inquietante tritono (LA-MIb). Più lineari, dal punto di vista della tonalità, gli interventi dello strumento: si lascia infatti il MIb maggiore solo per due digressioni a FA maggiore e alla relativa DO minore.  
___
Mentre nel 1985 a NY Kiri Te Kanawa aveva dovuto studiare in fretta e furia il Lied direttamente sulla copia del manoscritto, qualche anno dopo potè cantarlo avendo a disposizione per prepararlo lo spartito della Boosey e un accompagnatore d’eccezione; ed ecco il risultato: qui con Georg Solti nel 1990 a ManchesterUna differenza fra le due esecuzioni che balza subito all’orecchio è la durata: a NY 3’33”, a Manchester circa 30” in meno. Difficile dire quanto questa maggior speditezza sia derivata da una decisione esclusiva dell’interprete o anche dell’accompagnatore (a NY è probabile che anche Mehta ci avesse messo lo zampino...) Sta di fatto che anche altre interpreti (Norman, Karg, Damrau) hanno seguito il secondo approccio. 

Recentemente (2013) il compositore tedesco Wolfgang Rihm ha orchestrato il Lied, che è stato di fatto incorporato (come secondo, dopo Frühling) nella collana Vier lezte Lieder (cresciuta così a... Fünf letzte Lieder) presentata il 14 aprile 2014 a Salzburg da Christian Thielemann (voce di Hanja Harteros) con la Staatskapelle Dresden. Qualche mese dopo gli stessi interpreti hanno ripetuto il concerto a... casa loro:  Malven è a 18’30” di questa registrazione dell’11 giugno 2014precisamente il giorno del 150° compleanno del compositore.
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Si può fare testamento una sola volta. Così pare avesse confidato Strauss a Clemens Krauss alludendo al RE bemolle con il quale aveva chiuso Capriccio, l’8 agosto 1941, nella sua sontuosa villa di Garmisch. Chissà se pensava a Wagner e a Götterdämmerung... sta di fatto che di testamenti ne stese altri; gli ultimi tre, del 1948, nell'esilio de-nazificante in Svizzera, in queste tonalità:

- Beim Schlafengehen (4/8): REb
- September (20/9): RE 
- Malven (23/11): MIb 

Cioè un risalire cromaticamente dalla chiusura di Götterdämmerung all’apertura di Rheingold: musicalmente, il ritorno al big-bang...