ipocrisia pesciarolaia

vado a votare, ma non voto

29 dicembre, 2008

Neujahrskonzert n°70, con sorprese?

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Daniel Barenboim dirige - per la sua prima volta, ed è il 14° direttore a farlo - il più famoso concerto del mondo, che giovedi prossimo verrà trasmesso in diretta da (quasi) tutte le TV del pianeta, esclusa la RAI, che da qualche anno si è scoperta sciovinista, e continua a fare il pediluvio in Laguna, differendo alle ore 14 (proprio quando la gente o è ancora al sorbetto, o sta preparandosi a fare la prima pennichella dell’anno). Radio3 per fortuna manderà come sempre il concerto in diretta e per intero, a partire dalle 11:15.

Il sito “istituzionale” dei Wiener ci dà questo programma che prevede, come al solito, ouverture, walzer e polke del celebre Johann Strauß, più un galopp dell’omonimo padre. In TV si rivedranno anche immagini di ballo, in qualche delizioso scenario di cui Vienna è abbondantemente fornita.

Agli J.Strauß figlio-padre, quest’anno si aggiungono, con due walzer, Hellmesberger e Josef Strauß. Ma la novità assoluta 2009 è il debutto al concerto di un ospite nuovo, tale Francesco-Giuseppe Haydn, con il 4° movimento della sua Abschiedssymphonie, la n°45, a chiudere la parte ufficiale del programma.

Il sito “commerciale” dei Wiener, che non perde tempo a pubblicizzare CD e DVD del concerto, ci fornisce anche il dettaglio dei bis: la polka op.413 di J.Strauß figlio e poi i due canonici, immancabili pezzi da novanta dell’apoteosi finale:

Danubio: ormai è tradizione che siano due gli attacchi in tremolo del walzer più fischiettato al mondo. Fra l’uno e l’altro il direttore pronuncia un discorsetto più o meno di circostanza (chissà se Daniel ne farà invece uno assai serio, con riferimento alla sua Palestina, che proprio in questi giorni è di nuovo in fiamme) e poi con l’orchestra augura Buon Anno, e infine...

Radetzky, ormai divenuto un pezzo marziale da concerto per pubblico e orchestra. Aspettiamoci - prima o poi - che qualcuno degli applauditori cominci a chiedere i diritti d’interpretazione.

Gli addii di Haydn sono qui per festeggiare i 200 anni dalla morte del sommo Josephus (1809): chissà se dietro l’esecuzione ci sarà una regìa particolare, che ad esempio ci riproponga - a mo’ di sceneggiata - ciò che accadde alla prima, nel 1772, c/o Estheráz, allorquando gli orchestrali, uno dopo l’altro, spensero il lume sul leggìo e se ne andarono alla chetichella, lasciando lo stesso Haydn e il primo violino a chiudere la sinfonia, per far capire al principe Nikolaus, padrone di casa, che era ora di chiudere anche bottega, e metter fine ad una vacanza più lunga e noiosa del previsto.

Qui le statistiche del concerto: dettaglio cronologico e totali per direttore.

Prosit Neujahr! (spedito dal grande Willi, ai tempi in cui il postino della RAI era tale Giulio Marchetti)
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Il Quiz del lunedi - 16
















L’immagine qui riportata si riferisce a:

1. “Tristano e Isotta” di Wagner.

2. “Gianni Schicchi” di Puccini.

3. “Fidelio” di Beethoven.

4. “L’Oro del Reno” di Wagner.

5. “Il Trovatore” di Verdi.

(la soluzione nella prossima puntata)
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Soluzione del Quiz n°15: Il Flauto Magico (Salisburgo, Vick)


28 dicembre, 2008

Wagner 2.0


Gli ingredienti ci sono (quasi) tutti:

- smisurata immodestia
- pensiero filosofico auto-referenziale
- establishment da combattere

Mancano ancora:

- una cosa tipo Tristan-und-Isolde
- un teatro sulla collina verde di Ascoli
- un suocero abate

...ma diamo tempo al tempo!

Scopiazzamenti o telepatie?

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Questa è la conclusione dell’esposizione del Rondò finale della Sonata K296, in DO maggiore, per violino e pianoforte, composta da Mozart nel 1778 a Mannheim:








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Due anni dopo, Luigi Boccherini componeva a Madrid il Quintetto G324, in DO maggiore, titolato La Musica Notturna per le Strade di Madrid, che si chiude con la famosa Ritirata di Madrid, utilizzata poi anche nel quintetto con piano G418 e come tema con 12 variazioni nel finale di quello - famosissimo - con chitarra G453 del 1799, sempre in DO maggiore. Sulle varie versioni del brano anche Luciano Berio ci ha ricamato parecchio e bene.

Guarda caso, la conclusione del tema della Ritirata è praticamente la fotocopia di quel Mozart. Una semplice coincidenza?


27 dicembre, 2008

Artisti o ciarlatani?


In questi ultimi giorni un paio di avvenimenti hanno riproposto al mondo (quello piccolo, sempre più piccolo, e più piccolo ancora) dei cultori dell’arte (musicale) l’eterno dilemma: come giudicare un personaggio che si mette in mostra?

a. sarà un grande artista, come i sofisticati strumenti di marketing vorrebbero darci a bere, oppure...

b. sarà un ciarlatano di quelli che, senza avere doni naturali, men che meno ispirazione e soprattutto senza versare nemmeno una goccia di sudore, assurge nondimeno agli onori degli altari (auditorium e aule parlamentari) ???

Il primo fatto, passato quasi inosservato qui da noi, riguarda Gilbert Kaplan: per i più un ciarlatano, che ha un’unica qualità, consistente in una montagna di quattrini, con i quali si può permettere di comprare persino la New York Philharmonic, dopo essersi comprato già i Wiener Philharmoniker e la London Symphony! Per altri, fra cui un critico british, di quelli che vanno per la maggiore, è invece un sincero interprete (di un’unica composizione, peraltro) che merita lo stesso rispetto dovuto a Pappano o Thielemann (e poi: 200.000 copie di CD con le sue registrazioni non se l’è mica comprate lui). Ma, a chiarire la statura del critico, che assolve Kaplan dall’accusa di marketing-ismo, si scopre che è lo stesso che ha scritto di Karajan come di un fenomeno da baraccone (ahinoi, da che parte ci dobbiamo girare?)

Il secondo fatto ci è molto più vicino, e riguarda Giovanni Allevi, che il programmatore del concerto natalizio in Senato ha chiamato ad esibirsi di fronte ai nostri politici, neanche fosse la reincarnazione di Rossini (forse data la provenienza geografica). Apriti cielo! Il più imbufalito - in pubblico - è Uto Ughi, che evidentemente non ha digerito che a deliziare quell’aula sia stato chiamato - 10 anni fa - il suo collega-rivale Salvatore Accardo, mentre a lui non lo degnano di uno sguardo. E così ne dice di tutti i colori, anzi le suona di santa ragione, al povero Giovanni, colpevole di vendere dischi a bizzeffe e di fare audience, laddove a lui (Uto) rimane solo l’orticello (quello piccolo, sempre più piccolo, e più piccolo ancora) di cui sopra. Bisognerebbe allora chiedere al veneziano (oggi) più incazzato d’Italia, come mai, anni fa, l’Opera di Baltimora (americani beoti, per Ughi, immagino) abbia commissionato all’ignorante capelluto Allevi, invece che al divino Uto, di musicare nientemeno che i recitativi della Carmen.

Ma ancor più di Ughi, che un minimo minimo di successo e notorietà, in questo mondo di merda, li ha comunque avuti, ad essere fuori dalla grazia di dio sono tutti quei bravi ragazzi, che magari hanno studiato e sudato per anni al conservatorio, ma che adesso si ritrovano a fare il cococo programmatore basic in qualche centro servizi meccanografici, oppure la segretaria d’azienda, annegata in mezzo a protocolli, timbri e fatture: basta un giro nei blog, cercando “Allevi” per averne conferma. Furbo lui - questo pare ormai accertato - o incapaci di stare al mondo, quegli altri?

Nel merito ci sarebbe da discutere all’infinito. Certo, se si tirano in ballo Mozart e Strauss (Richard) o anche Chopin, sarà difficile che Allevi possa cavarsela al confronto. Ma se il riferimento fosse Strauss (Johann-il-walzeroso) o un qualunque Suppè, o Spohr, o anche Hummel o persino Rachmaninov, forse la partita si potrebbe riaprire, chissà...

Del resto, ciò che Ughi ha detto oggi di Allevi, lo aveva scritto Wagner, nel 1850, di Mendelssohn!
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25 dicembre, 2008

Quando la TV era una cosa seria

Non è solo in Italia che ci dobbiamo lamentare del degrado dei programmi televisivi, che all’arte - e alla musica in particolare - lasciano sempre meno spazio, o al massimo ...lo fanno pagare salato.

In USA non stanno meglio e il Natale è stata l’occasione per molti - oggi ormai ultrasessantenni - per ricordare con nostalgia e rimpianto gli anni ’50-’60 del secolo scorso, quando la TV nazionale, la gloriosa NBC (famosa anche per l’orchestra sinfonica affidata a Toscanini) si poteva (voleva?) permettere di commissionare un’opera e rappresentarla, trasmettendola in diretta, con strutture proprie.

E ingaggiando per questo compositori già allora famosi. Uno di costoro era Gian Carlo Menotti, che compose un gioiello di operina natalizia, Amahl and the Night Visitors, trasmessa la sera del 24 dicembre 1951, con la regia dell’autore e con l’allora poco più che ventenne Thomas Schippers sul podio. E fu ritrasmessa ogni anno, ininterrottamente, fino al 1966.

24 dicembre, 2008

크리스마스 잘 보내세요!


Buon Natale ...coreano!

In doveroso ringraziamento al maestro Chung per i 90 minuti di musica che ci ha offerto ieri sera alla Scala, con i Trepper Symphoniker e l’inossidabile coro del maestro Casoni, oltre ai volonterosi solisti.

Intanto un commento al contenuto del programma, definito “natalizio”, come da circostanza: il Vesperae de Confessore ci stava, confessiamolo subito. Ma la quarta di Mahler, può essere definita “natalizia” solo da qualcuno (e mi rifiuto di pensare sia Chung, come insinua la locandina web) che ha scambiato il “Das himmlische Leben” per un mottetto serioso, oppure pensa che i sonagli del 1° e del 4° movimento rappresentino Santa Klaus che arriva con renne e sacchi di regali. Adorno ne ha scritto cinicamente, ma lucidamente, come di un campanello birbone, mettendo in bocca a Mahler un: “Nulla di ciò che state ascoltando è vero”. (Quindi: a natale ogni scherzo vale?)

Ciò detto, lasciamo perdere per ora le ricorrenze e raccontiamo qualcosa su una serata che ha un pochino risollevato il traballante prestigio di un’orchestra che spesso - negli ultimi tempi - ha lasciato non poco a desiderare.

Il K339 di Mozart meriterebbe più pubblicità ed esecuzioni. È il regalo d’addio di Wolfgang alla Salzburg del 1780, e a quell’insopportabile (per lui) e possessivo Hieronymus von Colloredo. Una serie di 6 cammei (meno di 5 minuti cadauno) dove si (più che) intravede ciò che sta per arrivare. Chung si affida al coro, che è una sicurezza, tenendo l’orchestra sempre al guinzaglio. I solisti, che del resto hanno parti relativamente modeste, salvo qualche contrappunto più o meno severo (Confitebor) danno semplicemente man forte a Casoni (che neanche ne avrebbe bisogno). Eccezione fa Kate Royal, che ha tutta la prima parte del n°5 sulle spalle, e qualche altro intervento fugace (Beatus Vir e Magnificat) per mettersi in mostra, in attesa di... Mahler. Esecuzione comunque da teatrone, robusta, molto diversa da altre - anche incise - più raccolte e baroccheggianti, con vocine sottili, ed emissioni di testa.

Poi, la quarta mahleriana. Altro che Natale, qui è tutta una Parodie: dall’incipit haydn-schubertiano, all’anticipando (la quinta) dei funebri squilli di trombetta, al violino da strada, dis-cordato un tono sopra, che Mahler stesso, in una nota poi espunta, chiamava “l’amico Hein” cioè la morte, nientemeno! E poi il terzo movimento, che contiene un’esplicita citazione di Verdi che poi comparirà nei Kindertotenlieder, altro che Natale! Per tacere dei cupi intermezzi in MI minore del finale. Certo, tutto poi finisce col plateale e scolastico MI maggiore - canonica tonalità di pace, tranquillità ed estasi - sotto la bacchetta autorevole di Santa Cecilia: solo che questo miele celeste, troppo dolciastro, se preso sul serio rischierebbe di essere stomachevole... Non per nulla, il tutto viene dal Wunderhorn, una raccolta di stornelli, poesiacce da strada, canti disperati di gente dall’esistenza subumana, inferni terreni e paradisi posticci (proprio alla lavazza) dove si divertono insieme, precursori dei nostri bonolis-laurenti, il pescatore volante San Pietro ed Erode, il macellaio. Il Sant’Uffizio aveva al tempo cose più importanti di cui occuparsi, altrimenti Arnim e Brentano se la sarebbero vista brutta, a pubblicare cose come “Der Himmel hängt voll Geigen“.

Chung, con Adorno, sembra capire tutta la sincera ipocrisia che ci sta sotto, e pare volercela spiegare, sia nell’impostazione generale dell’interpretazione, sempre contenuta e di profilo basso (tranne le - famose - irruzioni) ed anche nei particolari, battuta per battuta, semplicemente applicando nel modo più stretto le notazioni dell’autore (che di motivi per essere ottimista su natura, dio, paradiso, felicità... ne aveva invero pochini; e non parliamo poi di Gesù bambino!) Il terzo movimento ne è stato esempio lampante, con tutti quei tranquillo, cantabile, con espressione crescente, morendo, espressivo, poco crescendo, ritardando, dolente, cantando, scorrevole, appassionato, che compaiono nelle sole prime due sezioni (106 delle 353 battute) e che Chung ha sottolineato con quasi pedante fedeltà. Così come ha fatto poi sparare tutte le cartucce disponibili nel Vorwärts della coda (che anticipa il MI maggiore dell’epilogo) durante il quale la Royal ha potuto fare il suo slalom fra i leggìi, per prendere posizione, senza tema di disturbare il suono.

Così ne è uscita una quarta asciutta, quasi antipatica... vera, in sostanza. E quindi, caso mai - in Italia - più adatta al 2 Novembre.

L’orchestra si è ben portata, con i soliti alti e bassi dei corni (che poi qui è quasi sempre uno solo, anche se per i tutti ce n’erano 5, invece dei 4 previsti in partitura): passaggi puliti e davvero mahleriani, alternati a inciampi e sbavature evidenti. Accoglienza festosa e lunga alla fine, con applauditi speciali i legni e strumentini (oboe su tutti, davvero perfetto) e - meritatamente, data la parte di spicco - l’arpa. E poi i due primi violini, impeccabili soprattutto nell’ostico secondo tempo.

Una menzione la faccio personalmente all’addetto ai sonagli: per suonarli gli basta dare qualche pugnetto dall’alto in basso all’altro pugno che “impugna” il bizzarro strumento - una cosa a metà fra un ananas e un grappolone di datteri. Molta più fatica la deve fare a riporre lo strumento con somma cautela - un’arte davvero! - onde evitare che emetta suoni a sproposito.

La Royal ha una voce ben impostata, ma poco udibile nel registro basso. Nel lied ha sparato/gridato un pò troppo un paio di SOL, ma in complesso se l’è ben cavata. Questione di gusti: a qualcuno qui magari piace di più una vocina leggera, che si addica allo scenario da paradiso infantile (anni fa Bernstein fece cantare questa parte, proprio alla Scala, da un ragazzino, con esiti interessanti).

Insomma: nonostante tutto va bene così. Perchè - visto che siamo in tema di parodie - poteva andare anche così... oppure così (questo qui però non presentatelo al maestro Chung, mi raccomando!) per cui...
...buon Natale!
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22 dicembre, 2008

Effetti della crisi?

Crisi, futuro incerto, sacrifici, Brunetta e Bondi in gara a chi taglia meglio... c’è poco da stare allegri.

Non saprei dire se ci sia relazione causa-effetto, ma di questi tempi si moltiplicano iniziative benemerite da parte del mondo dell’opera e della musica, che cerca in tutti i modi di avvicinarsi alla cittadinanza.

L’ultima in ordine di cronaca è di ieri e viene da Genova, dove il Carlo Felice - cui si affianca il genovese purosangue, trapiantato a Dresda, Fabio Luisi - invita tutti ad un concerto gratuito il 28 dicembre, con programma a dir poco sontuoso.

Il Quiz del lunedi - 15













L’immagine qui riportata si riferisce a:

1. “Gli Ugonotti” di Meyerbeer.

2. “I Lombardi alla Prima Crociata” di Verdi.

3. “I Maestri Cantori di Norimberga” di Wagner.

4. “Il Flauto Magico” di Mozart.

5. “I Pescatori di Perle” di Bizet.

(la soluzione nella prossima puntata)
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Soluzione del Quiz n°14: Un Ballo in Maschera (Barcellona, Bieito)

21 dicembre, 2008

Giovanni Allevi: senatore a vita?

Via, non esageriamo. Nessun musicista ancora lo è stato: barbarie della politica, o marginalità della musica?

Certo, se oggi dovessimo fare un nome, pochi avrebbero dubbi su Claudio Abbado.

Il simpatico Allevi, intanto, ha messo un mattoncino, deliziando i nostri politici col concertino di Natale in Senato. Si potrà discutere all’infinito, ma nel panorama - davvero imbarbarito - della musica di oggi, c’è molto, ma molto, di peggio.