ipocrisia pesciarolaia

vado a votare, ma non voto

28 febbraio, 2008

Onorificenze




Anna Netrebko riceve da Putin il titolo di “Artista del Popolo” della Russia.




La grande soprano (qualche malignazzo insinua che si faccia “aiutare” più del dovuto dall’elettronica...) aspetta il primo figlio e da luglio sospenderà - temporaneamente - l’attività (canterò solo per mio figlio, ha giustamente affermato).


In Russia siamo proprio sotto elezioni e zar-Vladimir ovviamente non perde occasioni di pubblicità.

Le cronache parlano di una Netrebko “meravigliosamente arrossita” di fronte al riconoscimento.

Certo, a suo tempo il grande Petrolini, ricevendo una “patacca” dal regime, ebbe la presenza di spirito di rispondere: “Me ne fregio”... (altra personalità, ammettiamolo)

26 febbraio, 2008

Poche idee (e confuse?)

Nel giro di pochi giorni la Salome è andata in scena a Londra (Royal Opera House) e al Regio di Torino.

Lassù David McVicar, qui da noi Robert Carsen, due registi dalla fantasia sbrigliata e dalle idee innovative (leggasi: inventare di sana pianta l’ambientazione di un’opera famosa, usando le di lei collaudate parole e musica per garantire il successo alla propria idea sconvolgente).

La Salome - quella originale - di Strauss è ambientata (toh, che strano!) nel palazzo di Erode, ai tempi di Erode. Ma i registi moderni non possono certo abbassarsi a tanta ovvietà (dove finirebbe la loro inventiva?) E allora si scervellano per tirar fuori ambientazioni quali soltanto delle menti sopraffine e fuori dal comune potrebbero inventarsi.

Quindi uno si immagina che McVicar e Carsen ci stupiscano con due invenzioni personalissime ed uniche al mondo.

Vediamo. McVicar ci porta in una specie di casa-bordello, anni ’30-‘40, con ragazze seminude, un culturista, raccolto in strada, nudo completamente, e con annessi accessori di sesso - e cesso. Da parte sua, Carsen ambienta il tutto in una specie di casinò lasvegasiano, con gente che pensa solo ai soldi e, matematico - al sesso.

La Salome ha una notevole componente erotica, veniamo così a sapere, noi poveri pirla che non ci avevamo ancora fatto caso...

Oh, ma quale varietà di idee e di trovate!

Naturalmente, sulle locandine, ci sono i regolamentari avvisi ai naviganti (quelli che si appendono tipicamente fuori dai sex-shops...)
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Una luce nel buio?

A quest’ora la New York Philharmonic di Lorin Maazel avrà già dato il suo concerto a Pyongyang (Dvorak, Wagner, Gershwin). In USA, e non solo, c’è stata accesa polemica riguardo l’opportunità del concerto: da una parte si è sostenuto come fosse un controproducente regalo fatto al più spietato dittatore forse mai apparso al mondo (il famigerato Kim Il Jong) e dall’altra si è sostenuto che, in fin dei conti, la NYPO potrebbe essere un ambasciatore dell’occidente e il suo viaggio in NKorea contribuire alla da tutti auspicata distensione.

Nella foto notturna satellitare si scorge in basso la SKorea, illuminatissima, in alto la moderatamente illuminata Cina, in mezzo la NKorea, al buio-pesto: nulla meglio di questa immagine rende l’idea dell’arretratezza e, davvero, dell’oscurità (materiale ed esistenziale) in cui vivono più di 23 milioni di esseri umani.

La speranza è che la musica (possiamo dire: la nostra musica?) possa accendere almeno una piccola luce in quella disgraziata parte del mondo.

21 febbraio, 2008

Parsifal di Bayreuth 2008 (con Daniele Gatti)

Ecco la locandina completa, pubblicata oggi sul sito Festspiele.

Sono confermati gli interpreti principali, di cui si aveva da un po’ avuto sentore.

13 febbraio, 2008

Wozzeck... chi era costui?

A 5 giorni dalla prima alla Scala, in Internet ci sono 80 posti disponibili. 100 per il 22, 200 per domenica 24! 65, 90, 120 e 70 per le restanti quattro rappresentazioni.

Desolante?

Eppure ci sono Gatti-Flimm, Herlitzius, il “signor Wagner” Wottrich, oltre al giovane Nigl, viennese purosangue, nel ruolo del protagonista.

Nel frattempo si annuncia un’attempata Violetta a rimpiazzare l’Andrea... chissà che - per via del nome - non faccia cassetta almeno lei.

05 febbraio, 2008

Viva la trasparenza

Ormai troppo spesso capita, grazie ai geniali registi di opera, di assistere a spettacoli dove - meno male! - si ascoltano ancora parole e musica delle opere e dei drammi musicali, ma dove si vedono - al posto degli ambienti che tali parole e musica hanno ispirato, o devono giustificare e/o spiegare - scene, costumi e ambientazioni esistenziali del tutto inventate e spesso addirittura antipodiche rispetto a ciò che musica e parole ci raccontano.

Complimenti quindi a chi, invece, non fa l’ipocrita, nè pensa a guadagnarsi quattrini ingannando gli spettatori, propinando loro dei falsi Mozart o Wagner.

Ecco un bell’esempio: il wagneriano Fliegende Holländer fatto a rock! Ri-arrangiato per chitarre elettriche, sassofoni, batteria, etc. E cantato da vere pop-star.

Con piena coerenza e correttezza, la locandina reca una scritta che - invece - i vari registi Eurotrash si guardano bene dall’esporre sulle proprie: nach Richard Wagner.

04 febbraio, 2008

Gigionerie e gigioni

A.C.Douglas, wagner-talebano d’America, se la prende con Lorin Maazel reo, a suo dire, di aver strapazzato il primo e terzo atto della Walküre, trasmessa sabato 2 febbraio dal MET.

Piccola parentesi nostrana: oltre a problemi nello smaltire le immondizie, in Italia facciamo fatica anche ad usare la ICT - Information & Communication Technology - visto che Radio3 non è riuscita a irradiare quasi l’intero primo atto. (chissà, forse per risparmiarci il magone di sentire quel pessimo Wagner?)

Ciò che Douglas rimprovera a Maazel è di non avere nel suo sangue il “gene wagnerita”, un cromosoma sempre più raro da trovare.

Senza bisogno di addentrarsi in ricerche biologiche, basta - per prendere in castagna il Lorin - confrontare ciò che lui ha fatto suonare ai valorosi orchestrali del MET con ciò che Wagner avrebbe inteso fargli suonare.

L’esempio che Douglas porta è assolutamente pertinente: ascoltando da Maazel quelle 24 battute, in cui il tema della Giustificazione viene riproposto, in forma smisuratamente ampliata nel tempo (dopo le parole Denn einer nur freie die Braut, der freier als ich, der Gott!) e senza conoscere nei dettagli la partitura, si dedurrebbe che Wagner abbia infilato, fra le tre sezioni della frase, due misure di pausa, o due coroncine puntate sulle barrette verticali a cavallo delle misure. Ma basta dare un’occhiata alla partitura per non trovar traccia alcuna di pause o corone puntate: semplicemente mancano segni di legatura, quindi ci deve essere solo il “respiro” fra una nota e la successiva.

Direte: chi se ne frega? L’effetto era straordinario. Può darsi, come straordinaria potrebbe essere la resa della frase fatta suonare a sassofoni e chitarra elettrica... solo che non sarebbe più Wagner.

Un’altra perla di Lorin, che abbiamo fatto appena appena in tempo a sentire in diretta, è la chiusa del primo atto. Siamo in 4/4 wuthend (furioso) e dopo il vortice tumultuoso, che sale in SOL maggiore come in un irrefrenabile orgasmo, c’è la repentina chiusa in fff su tre misure: le prime due - piene - in LA, l’ultima con solo due semiminime LA-SOL, un’autentica sincope che ben richiama il tema della frustrazione-schiavitù. Orbene, Maazel suona l’ultima misura come se il LA fosse una minima, con ciò distruggendo in pieno la drammaticità dell’effetto, oltre che tutte le implicazioni psicologiche-esistenziali che esso si porta dietro.

Io, senza tirare in ballo il gene, la chiamo semplicemente: gigioneria. Che affligge spesso quei maestri che - avendo magari calcato il torrido podio dell’Orchestergraben - credono di essere dio, e quindi di potersi permettere qualunque libertà (purtroppo successe anche al povero Sinopoli).

Chi è il più grande interprete wagneriano di oggi? Christian Thielemann, risponderanno in molti, se non proprio tutti. Bene, anche lui gigioneggia, e come! Un paio di esempi:

Meistersinger a Vienna, di recente, il famoso Wacht auf! Fra Wacht e auf il Christian si ferma per 2,5 secondi! In partitura? Nulla, solo e sempre mancanza di segni di legatura. Effetto? A dire di taluni: straordinario. Credo sarebbe piaciuto moltissimo anche a tale Adolf Schicklgruber da Braunau am Inn.

Bayreuth 2007, chiusa del Götterdämmerung: prima delle ultime 7 misure (la redenzione) Wagner, al solito, si limita ad omettere segni di legatura, ma non scrive alcuna pausa, nè corona puntata. Thielemann invece fa una pausa di una minima. Problemi? Quisquilie? No no, solo il travisamento del significato del Ring! La pausa implica: fine di un mondo, punto; adesso comincia un altro mondo (redenzione). Ah davvero? E allora perchè Wagner accompagna la redenzione con: Oro del Reno, Walhall, maledizione dell’Amore, Rheintöchter, schiavitù e anello? E perchè a guidare il nuovo mondo restano le tre ninfe e Alberich? Ah, quella pausa...

Morale: quando la smetteranno i kapellmeister di imbrattare le partiture?

28 gennaio, 2008

L’ultima di Calixto

La bizzarra moda di rappresentare il (presunto) significato, e non il significante, che sta alla base del cosiddetto Regietheater, ha trovato negli ultimi anni un nuovo campione in Calixto Bieito.

Costui - come altri sedicenti artisti - magari avrà anche delle idee originali in testa, quali: la disumanità del capitalismo, la perdita di valori nella nostra società, l’incomunicabilità fra gli uomini, la mercificazione del sesso, e altri simili arditi filosofeggiamenti. Orbene, invece di prendersi la briga, come ci si dovrebbe aspettare da un artista, di scrivere piéces teatrali sui suoi soggetti, magari musicandole egli stesso, o facendole musicare da qualcuno... e poi cercare di rappresentarle da qualche parte, cosa fa un tipo alla Bieito?

Si propone come regista di drammi wagneriani (o di opere mozartiane o verdiane) calati nella nostra moderna società. Con ciò ottiene alcuni interessanti (per lui) risultati:

1. non fa alcuna fatica a scrivere parole, nè musica: li trova già bell’e pronti;
2. non ha alcun problema di promozione della sua immagine, poichè utilizza quella di artisti e di opere collaudati da decenni, se non da secoli di successi in tutti i teatri del mondo;
3. più il pubblico fischia le sue regie, meglio per lui! È il miglior modo per farsi pubblicità ed essere scritturato da teatri la cui importanza è inversamente proporzionale alla preparazione e alla serietà dei rispettivi sovrintendenti.

L’ultima? Una performance a Stoccarda, dove si rappresenta uno spaccato dell’infernale società capitalistica moderna: un manager che ha perso il posto, che vede intorno a sè soltanto disumanità ed arrivismo e che si riduce disperato a cospargersi di benzina, minacciando di darsi fuoco; un gommone che trasporta clandestini, guidato a frustate da un manager in carriera; una donna-oggetto, che vede ogni sua sensibilità soffocata da una famiglia di benpensanti e diventa ossessionata dal far del bene a qualcuno; manager e impiegati di aziende concorrenti che si abbandonano ad orgiastici festini - con conigliette (che escono come cagnolini da una cuccia) e champagne - distruggendo frigoriferi e lavatrici (i prodotti del capitale, già, perchè c’è anche il consumismo!) Il lato davvero debole, quasi incomprensibile, di questa straordinaria opera d’arte è il lieto fine che la conclude, col povero manager disoccupato che trova nella donna pia amore, pace, pietà e tutti i valori positivi!

L’opera, chiederete... Ma perchè, non basta quanto sopra?

E invece sì, c’è anche l’opera: il Fliegende Holländer di Wagner.

Ma, a supportare adeguatamente il capolavoro di Bieito, potevano andar benissimo anche Tannhäuser o Lohengrin, statene pur certi. Il Ring invece lo hanno già interpretato a loro modo altri registi più famosi, e il Calixto dovrà aspettare... però chissà che i prossimi Leiter di Bayreuth non ci facciano un pensierino.

17 gennaio, 2008

Cominciamo a pensare al Parsifal di Gatti a Bayreuth

Il 25 luglio 2008 Daniele Gatti inaugurerà il 97° Festspiele, dirigendo la rappresentazione n°. 2395 (includendo 12 concerti) dell’intera storia del Festspielhaus.

Daniele è il 26° direttore (il terzo italiano, dopo Toscanini e Sinopoli) a cimentarsi con Parsifal a Bayreuth. Questi i suoi illustri predecessori:

1. Hermann Levi
2. Franz Fischer
3. Felix Mottl
4. Anton Seidl
5. Karl Muck
6. Michael Balling
7. Franz Beidler
8. Siegfried Wagner
9. Willibald Kaehler
10. Arturo Toscanini
11. Richard Strauss
12. Franz von Hoeßlin
13. Wilhelm Furtwängler
14. Hans Knappertsbusch
15. Clemens Krauß
16. André Cluytens
17. Pierre Boulez
18. Horst Stein
19. Eugen Jochum
20. James Levine
21. Daniel Barenboim
22. Giuseppe Sinopoli
23. Christoph Eschenbach
24. Christian Thielemann
25. Adam Fischer

Fino ad oggi sono 490 le rappresentazioni di Parsifal nel Festspielhaus; Gatti porterà il totale a 496. Il dramma sacro è il più rappresentato a Bayreuth, davanti a Meistersinger con 283 (che saliranno quest’anno a 289).

Il sito ufficiale di Bayreuth non ha ancora annunciato il cast, ma solo i nomi dei 5 “principali responsabili”: direttore, regista (Stefan Herheim), scenografo (Heike Scheele), costumista (Gesine Völlm) e drammaturgo (Alexander Meier-Dörzenbach).

C’è però in web un “indizio” non da poco: il giorno 5 settembre (praticamente una settimana dopo l’ultima rappresentazione del 28 agosto, che chiuderà il Festival) il Parsifal è in programma - in forma di concerto - nella Frauenkirche di Dresda. Si tratta di una manifestazione esplicitamente organizzata in collaborazione con il Festspiele, per cui è lecito pensare che i protagonisti - a parte orchestra e coro, che sono ovviamente quelli del luogo (Staatskapelle) - siano gli stessi che hanno recitato a Bayreuth. E quindi, dalla locandina della Frauenkirche possiamo “insinuare” chi siano i cantanti che delizieranno gli spettatori del Festspielhaus (e gli ascoltatori via etere) sotto la bacchetta del Daniele. Ecco qua:

Christopher Ventris, Parsifal
Mihoko Fujimura, Kundry
Kwangchul Youn, Gurnemanz
Detlef Roth, Amfortas

Roth è anche nel cast della rappresentazione - sempre in forma di concerto - che Gatti dirige fra pochi giorni (19, 21 e 23 in radio) a Santa Cecilia e che ci darà modo di intuire “di che pasta sarà” il Parsifal del nostro beniamino.

14 gennaio, 2008

Aggiornamento: Il Ring come se l’era immaginato Wagner

Wilhelm Keitel si sta dando da fare per mettere in piedi il suo rivoluzionario Ring di settembre, e sostiene di aver già prenotazioni per il 50% dei biglietti disponibili.

Tutto il baraccone (che verrà dato alle fiamme al termine del più realistico Götterdämmerung mai inscenato) verrà a costare circa 10M€, per 2000 posti e 5 serate (4 per il Ring + Bruckner per la religiosa benedizione delle ceneri).

Il luogo è stato individuato, poco a sud di Speyer, precisamente ad Altrhein, su un’ansa del fiume che parrebbe essere rimasta esattamente come era nel 1875, poichè “isolata” da una scorciatoia che fa passare il traffico fluviale più a est.


















Non mancano naturalmente i detrattori: fra questi Jürgen Flimm, che evidentemente preferisce Bayreuth e Salzburg, dove poter esibire il suo Regietheater.