ricongiungimenti

Maurizio & Claudio

27 giugno, 2018

Pirati sbarcano al Piermarini


È in arrivo alla Scala l’opera che proprio qui, nel lontano 1827, lanciò un giovane catanese di belle speranze, tale Vincenzo Bellini, nel gran mondo del melodramma: era la sua terza fatica, dopo DiMaioAdelson&Salvini e Bianca&Gernando. Opera che non si rappresenta al Piermarini da più di 60 anni (fu nel maggio 1958 con un cast - per quei tempi - stellare: Corelli, Callas e Bastianini).

Il soggetto, mutuato da un lavoro francese, a sua volta ripreso dall’originale albionico (storie del pirata Bertram) si muove in uno scenario pseudo-storico: la Sicilia del 1200 (quella, per intenderci, dei Vespri...) contesa fra gli Angiò (che avevano scacciato gli Svevi di Manfredi) e gli Aragonesi. Ma questo scenario resta del tutto sullo sfondo, essendo il libretto incentrato sulla vicenda sentimentale che coinvolge il classico triangolo tenore-soprano-baritono. Vicenda della quale l’opera presenta soltanto il tragico epilogo (tutti e tre i vertici del triangolo passano, più o meno, a miglior vita) che matura in soli due giorni separati da una notte. Per meglio orientare lo spettatore, che potrebbe capire ben poco della trama dalla semplice lettura dei versi cantati, il librettista Felice Romani li corredò di un Avvertimento, premesso in calce al testo dell’opera (pag.4) in cui vengono presentati gli antefatti (pseudo-)storici, oltre che sentimentali dell’azione.

Azione che non scarseggia di sicuro, a cominciare da un mezzo-naufragio cui assiste sgomento il coro (si anticipa qui l’incipit di Otello); il puro caso - che determina il 90% di ciò che avviene nei libretti dei melodrammi - fa sì che lo sconfitto Gualtiero approdi precisamente a casa del suo acerrimo rivale, Ernesto. Chissà come, in quella casa c’è anche la sua amata, Imogene. Che lui crede ancora illibata, e invece scopre che si è venduta proprio ad Ernesto (sotto ricatto, per la verità). Così se la prende pure con la poverina, che ancora lo ama, ma il suo assurdo atteggiamento comincia a far maturare in lei i segni della pazzia che la coglierà alla fine. Sbollita l’ira verso la donna, Gualtiero le propone di fuggire con lui, ma Imogene, per amore del figlio e rispetto del (pur non amato) consorte, rifiuta.

Così, dopo la scena del trionfo decretato per il vincitore Ernesto, ecco l’inevitabile scontro fra i due rivali, che vede soccombere il duca padrone di casa e che costa a Gualtiero una condanna a morte. La bella Imogene, perso il marito e in procinto di perdere pure l’amante, dà fuori di matto. E qui finisce, con la sua celebre aria (Col sorriso d’innocenza) l’opera come la si vedrà nei prossimi giorni.

Ma in realtà esiste un finale originario, la scena 13ma ed ultima del second’atto (vedi pag.34 del testo citato). Dopo le prime trionfali esecuzioni scaligere, Bellini si convinse ad espungerla, e così essa sparì dalle successive edizioni del libretto e dello spartito: da allora in poi l’opera termina appunto con la Scena XII e la delirante esternazione di Imogene chiusa dal verso D’orrore morrò (accompagnato dal coro femminile) seguito da 8 battute orchestrali in FA maggiore, a dir poco travolgenti, che invariabilmente portano il pubblico al delirio, lasciandolo però del tutto ignorante di come la vicenda si chiuda.

Ignoranza scongiurata invece nel finale originario, dove alla scena suddetta seguiva quella del suicidio di Gualtiero (che pure i compagni pirati erano arrivati per liberare, aprendogli quindi la prospettiva di godersi finalmente la sua - pur usata - Imogene) e il tracollo di lei fra le braccia delle sue dame. Di certo una conclusione più compiuta del dramma, ma che - dopo la spettacolare aria della protagonista - appare quasi un passo indietro, una debolezza proprio dal punto di vista musicale (e così dovette apparire allo stesso Bellini). Di tanto in tanto il finale originario viene riproposto, come in questa edizione del 2003, protagonisti Nelly Miricioiu e Stefano Secco con l’orchestra del Concertgebouw diretta da Giuliano Carella: eccolo qui, a partire dalla chiusa dell’aria di Imogene (Oh sole! Ti vela di tenebre oscure...) accolta da fragorosi applausi (sui quali normalmente cala il sipario) che tuttavia si devono spegnere per far posto (a 2’28”) ad altri 3 minuti scarsi di musica, francamente discutibili. 

Appuntamento a venerdi 29, ore 20, su Radio3, per la trasmissione in diretta della prima.

1 commento:

Unknown ha detto...

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