ricongiungimenti

Maurizio & Claudio

11 gennaio, 2018

Per la prima volta un Pipistrello svolazzerà nel Piermarini (1)


Il prossimo venerdi (19) alla Scala andrà in scena - per la prima volta in assoluto, dal lontano 1874! – Die Fledermaus, operina-operetta-singspiel-divertissement-vaudeville, o come la si voglia definire, del papà (o figlio, ecco) del Walzer, Johann Strauß jr. Come (troppo...) spesso accade, uno dei protagonisti, forse il principale, dello spettacolo, il venerabile Zubin Mehta, ha dato forfait causa convalescenza da un’operazione alla spalla e così Pereira ha dovuto ripiegare sul (comunque) solido Cornelius Meister, che speriamo non faccia rimpiangere troppo il grande assente.

Si usa normalmente attribuire alla straussiana(-bavarese) Rosenkavalier la qualifica e l’onore di opera rappresentante, al più alto grado, uno spaccato della società e della vita viennesi a cavallo fra ‘800 e ‘900. Beh, forse sarebbe il caso di rettificare, almeno in parte, questo giudizio. E non certo perchè lo straußiano(-viennese) Fledermaus possa pretendere di competere artisticamente, esteticamente e musicalmente con il capolavoro  del grande Richard (il solito Hanslick ne scrisse come di musichetta...) ma perchè dipinge e mette alla berlina, con dissacrante e cinica parodia, la corruzione dei costumi della civiltà viennese dei tempi del Re del Walzer, mentre il Rosenkavalier, se letto e osservato bene e da vicino, nella lettera come nello spirito, di quella società presenta e ricorda (e rimpiange, semmai) le remote, sane ed eroiche origini settecentesche.

Il Cavaliere si chiuderà infatti sull’apertura delle porte di un nuovo mondo (Sophie & Octavian) fatto di sincerità e di libertà di scelte e sulla stipula di un nuovo, più moderno patto sociale (Marie-Theres’ & Faninal). Nessuna morale seria, in senso stretto, si può invece cavare dal Pipistrello, dove alla fine della storia (quintessenza di amoralità e di penuria di sani principii) tutto sembra tornare alla normalità e quindi... al preesistente degrado di una società senza ideali e perciò senza futuro. Una società che invece di interrogarsi sulle cause di eventi come il crack della borsa viennese del 1873, seguito alle ubriacature finanziarie dell’Esposizione Universale, e la contemporanea epidemia di colera, sperava di dimenticare tutte le sue disgrazie ballando il walzer e brindando a champagne!    

Nel Fledermaus non c’è un solo, ma proprio neanche mezzo, personaggio cui attribuire caratteri positivi: dal primo all’ultimo, sono tutti gente arida, ipocrita, approfittatrice, priva di scrupoli e di morale. Vediamo: Eisenstein è un ricco ereditiere (volgarmente: mangiapaneatradimento) dedito a intrallazzi e a tradire la moglie. La quale (Rosalinde) ha contratto un matrimonio di pura convenienza, così quando il marito se ne va... in galera lei trova il tempo (sotto apparenti profferte di fedeltà) di ripagarlo ipocritamente della stessa moneta con tale Alfred, tenore e maestro di canto del travestito Orlofsky, che è un classico rampollo di boiardo russo, verosimilmente un affamatore di contadini. La servetta di Rosalinde (Adele) sa benissimo come sfruttare la situazione in quella famiglia di spregevoli padroni (e poi a casa del russo) e si fa i cazzi propri inventando fandonie in quantità industriale. Il mefistofelico dottor Falke è degno sodale di intrallazzi e di avventure di Eisenstein, che non esita a sputtanare – preparandogli un gran trappolone - in risposta all’esser stato da lui sputtanato tempo addietro, quando fu esposto al pubblico ludibrio, bardato appunto da pipistrello. Frank è un direttore di carcere dalla deontologia degna di un camaleonte. Blind (un nome, una certezza!) un azzeccagarbugli da strapazzo. E fermiamoci pure qui, per pietà degli altri minori.

Ne combinano ovviamente di cotte e di crude, meriterebbero tutti, per come si comportano, di finire in galera, e invece... dalla mattinata trascorsa nei locali della galera riemergono tutti ipocritamente purificati e riabilitati dai loro peccati, pronti a riprendere seduta stante la loro normale quanto spregevole esistenza, dopo un bel brindisi a champagne. Insomma, una storia assai poco edificante, di cui la brillantezza della musica e le scenette esilaranti finiscono, invece che per mascherare, per accentuare al contrario tutta la carica negativa.
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La Scala pare volersi distinguere per approccio politically-correct, e così, decidendo di rispettare la volontà dell’Autore riguardo al principe Orlofsky (mezzosoprano en-travesti) revoca lo status alla cantante, presentandocela come Princesse Orlofskaya, roba da bigottismo davvero degno di miglior causa...

Altra curiosità nel cast riguarda l’interprete dell’avvinazzato carceriere Frosch, figura tradizionalmente affidata a personaggi da avanspettacolo. In origine la Scala aveva scelto nientedopodomanichè Nino Frassica, poi ha ripiegato su Paolo Rossi, come dire... dalla padella nella brace.

Da ultimo non si può non ricordare la faccenda dei balletti che precedono la chiusura dell’Atto secondo. Strauß ha previsto una lunga e cosmopolita sequenza di danze, in omaggio agli invitati stranieri di Orlofsky (Vienna aveva ospitato per l'appunto l’Esposizione Universale): peccato che si tratti – stranamente – di musica di ispirazione miserella, come si può constatare qui, in una registrazione completa dei balletti eseguita da Karajan nel 1960: Spagna, Scozia (1’22”), Russia (2’19”), Bohème (3’43”), Ungheria (5’11”, che riprende la czarda cantata poco prima da Rosalinde). E così Harnoncourt si limita a presentare le sole ultime due danze (da 1h41’28” a 1h44’55”). Ecco che allora, già dai tempi delle prime recite, si preferì l’adozione di musiche, diciamo più... trascinanti, quali le polke tipo Trisch-Trasch o Unter Donner und Blitz (qui appunto quest’ultima, adottata dal sommo Karl Böhmche peraltro fa cantare il diciottenne Orlofsky al venerabile Windgassen... - da 1h32‘33“ a 1h35‘56“).

Altre volte si è esagerato, chiamando in scena personaggi tanto famosi quanto... alieni: già nel 1884, per il compleanno dell’Autore, furono invitati cantanti che avevano rese celebri altre operette. Poi l’idea di trasformare la festa del second’atto in una passerella per celebrità del momento fu raccolta da Heinrich (Cohn) Conried, Direttore del MET, che nel febbraio del 1905 fece intervenire le più famose voci del teatro newyorkese, fra le quali Enrico Caruso (nel quartetto del Rigoletto), Antonio Scotti (Falstaff), Maria de Macchi (Semiramide) e fece eseguire poi brani dal Faust e altri pezzi di Grieg e Delibes (e per l’occasione raddoppiò il prezzo dei biglietti...) Nel 1960 Karajan diresse a sua volta un’edizione comprendente il gala del second’atto, con interventi di numerosi e famosi cantanti dell’epoca: Renata Tebaldi, Fernando Corena, Birgit Nilsson, Teresa Berganza, Joan Sutherland, Jussi Björling, Leontyne Price, Giulietta Simionato, Ettore Bastianini, Ljuba Welitsch. 

Più recentemente, in questa recita del 1977 a Londra, diretta manco a farlo apposta da Zubin Mehta, al posto dei 5 balletti originali vengono inseriti (da 1h31’00” a 2h01’53”) addirittura 30 minuti di vero e proprio spettacolo-nello-spettacolo, dove assistiamo (1h31’40”) alla Explosions-Polka; poi (1h34’35”) a Prey che canta il Lagunen-Walzer da Eine nacht in Venedig; quindi (1h38’20”) ad un’esibizione di Barenboim (in Chopin) e poi di Stern (in Mendelssohn, 1h48’55”) prima della chiusura (1h56’05”) con il famoso Frühlingsstimmen. Nell’atto di apertura, con un certo sprezzo del buongusto (cosa non infrequente nello humor albionico...) ci tocca pure di ascoltare (27’26”) l’Addio di Wotan!

Sei anni dopo la cosa si è ripetuta, sempre con Dame Kiri e Hermann Prey (che si ripete in Wotan a 34’08”) diretti dal Topone, ma con ospiti in parte diversi: dopo la polka (1h39’25”) Prey canta (1h42’02”) un brano dallo Zigeunerbaron, quindi ecco (1h45’53”) il famoso (in UK) duo di travestiti George Logan (come Evadne Hinge, al piano) e Patrick Fyffe (come Hilda Bracket); e infine (1h52’18”) il celebre Charles Aznavour.

Nel 1990, sempre a Londra, ci fu un gala dedicato alla Sutherland, con Pavarotti e Horne. Beh, vedremo alla Scala con che cosa ci sorprenderanno.
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(1. continua

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