ricongiungimenti

Maurizio & Claudio

15 marzo, 2017

Alla Scala arrivano i Maestri (7). Walther(=Wagner) l’innovatore ispirato


Le esibizioni canore di Walther von Stolzing, il tamarro venuto dalla campagna in città per liberarsi dal monotono tran-tran di una vita senza problemi ma anche senza particolari emozioni, sono quattro, cui però ne va aggiunta una quinta, surrettizia ma importante. 

Orbene, come già l’apprendista (artigiano-calzolaio e cantore) David ha anticipato a Walther al momento di far la sua conoscenza in chiesa, e come poi pontificherà il Maestro Kothner leggendo la tavola che reca le Leges Tabulaturae, una Canzone di Maestro deve consistere in uno o più Bar (la struttura portante della canzone) a sua volta costituito da tre componenti: due strofe (Stollen) di testo diverso ma egual musica, più un epòdo (Abgesang) con testo e musica tassativamente diversi.

La prima esibizione di Walther è quella del Probelied (la canzone d’esame) che il nostro deve inventare lì sui due piedi ed esporre alla Gilde per accedere al titolo di Maestro. Siamo nel primo atto, chiesa di SantaCaterina e con Sixtus Beckmesser in funzione di censore. Walther canterà i due Stollen, poi l’Abgesang sarà contrappuntato e disturbato da continui interventi dei Maestri, che ormai lo hanno irrimediabilmente bocciato, travolto dalla gragnuola di segni d’errore sciorinata dal (prevenuto) censore. Ecco come si presentano il testo e la struttura musicale (numero di battute) della prima strofa: 

So rief der Lenz in den Wald,
dass laut es ihn durchhallt:

und wie in fern'ren Wellen
der Hall von dannen flieht,

von weither naht ein Schwellen,
das mächtig näher zieht.

Es schwillt und schallt,
es tönt der Wald
von holder Stimmen Gemenge;

nun laut und hell,
schon nah zur Stell',
wie wächst der Schwall!
Wie Glockenhall
ertost des Jubels Gedränge!

Der Wald,
wie bald
antwortet er dem Ruf,
der neu ihm Leben schuf:

stimmte an
das süsse Lenzeslied!
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Così ha chiamato la primavera entro la foresta,
che altamente tutta ne rintrona:


e come in onde sempre più lontane
via se ne fugge il suono,


di lontano s'appressa un ondeggiare
potente, via via più vicino.


Il quale rigonfia ed eccheggia,
e risuona la foresta
del concento delle dolci voci.


AAlta ormai e chiara,
già presso a me,
come l'onda cresce!
Come uno scampanìo,
rimbomba del giubilo il tumulto!


La foresta,
come súbita

risponde ella a quel grido,
che nuova vita le ha infuso:


è cominciato
il dolce inno della primavera!

A dispetto dell’orecchiabilità della musica, va riconosciuto che la struttura della strofa lascia un po’ a desiderare dal punto di vista della simmetria e del flusso melodico: in particolare nella seconda parte (i gruppi di 6 battute) sembra perdere scorrevolezza per sovrabbondanza di testo e note, ha una falsa cadenza su Der Wald wie bald (dopo la quale la canzone, invece di chiudere, riprende con un motivo del tutto nuovo) prima di quella effettiva (stimmte an). Insomma, sembra che Walther voglia strafare, aggiunge versi e musica che rischiano di appesantire la strofa e allungare inopinatamente il brodo.

Peggio ancora va alla seconda strofa (So rief es mir in der Brust) che ha le stesse caratteristiche (e quindi gli stessi problemi) della prima, ma con l’aggravante del maldestro preludio, causato dallo stato d’animo alterato di Walther a fronte della reazione negativa di Beckmesser alla sua prima strofa: dove il giovane fa addirittura del sarcasmo sul Merker, paragonato all’inverno che, nascosto in una siepe di rovi, cerca di rovinare il bel canto primaverile. Non è poi così strano che l’inflessibile Beckmesser ci trovi più di un errore, e pure gli altri Maestri (il solo Sachs escluso) si mostrino contrariati, poichè trovano difficoltà a seguirne la narrativa.

Così nel caotico Abgesang Walther romperà ogni argine, paragonando Beckmesser ad una civetta che aizza corvi, gazze e cornacchie (i Maestri!) contro il meraviglioso uccello (lui...) dalle ali dorate. Insomma, un esordio non proprio brillante (ma a Walther sarà sufficiente aver colpito l’immaginazione di Sachs...)

Passiamo ora alla canzone che Walther inventa – prendendo spunto da un sogno appena fatto - il mattino successivo, alla presenza e dietro le rassicuranti esortazioni di Sachs. Sarà (variata!) quella della gara finale (Preislied) ed è composta da due Bar (un terzo, Walther lo inventerà in seguito, in presenza di Eva) perfettamente identici nella musica. Ecco qua la prima strofa:

Morgenlich leuchtend in rosigem Schein,

von Blüt und Duft
geschwellt die Luft,


voll aller Wonnen,
nie ersonnen,


ein Garten lud mich ein,
Gast ihm zu sein.
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Luminoso nel roseo chiaror della mattina,

del profumo dei fiori
l'aria impregnata,


pieno di tutte le voluttà
mai sognate,


un giardino m'invitava
ospitalmente ad entrare.

Come si nota, è una strofa assai regolare e all’ascolto presenta solo una piccola forzatura sul penultimo verso (la terzina sul mich). Chiude sul DO di impianto.

La seconda strofa (Wonnig entragend dem seligen Raum) ha la stessa struttura in versi della prima, mentre muta significativamente (anche se assai sottilmente) sul piano musicale: infatti alla settima delle 12 battute (Prangen dem Verlangen) un FA# al posto del LA produce la modulazione da DO a SOL maggiore, nella cui tonalità la strofa si chiude. Sachs lo fa prontamente notare a Walther, esortandolo a trovare un degno figlio a tali genitori (le due strofe, appunto) e così l’Abgesang torna, a partire dal SOL come dominante, a DO maggiore, dove viene esposto il bellissimo tema dell’amore:

Sei euch vertraut,
welch' hehres Wunder mir geschehn:
an meiner Seite stand ein Weib,
so hold und schön ich nie gesehn:


gleich einer Braut
umfasste sie sanft meinen Leib;


mit Augen winkend,
die Hand wies blinkend,


was ich verlangend begehrt,
die Frucht so hold und wert
vom Lebensbaum.
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Vi sia confidato,
quale alto prodigio m'è avvenuto:
al mio fianco stava una donna,
così dolce e bella, giammai avevo vista:


simile a sposa,
soavemente mi cinse la persona;


con gli occhi accennando,
la mano luminosa indicava


quel che io struggendomi bramavo:
il frutto così dolce e nobile
dell'albero della vita.

Beh, qui un pedante potrebbe obiettare (e Sachs non manca di farlo, bonariamente) sulla chiusa un poco affrettata, ma certo (sarà per la presenza del Maestro) rispetto al Probelied i progressi – almeno in fatto di proporzioni formali - sono evidenti. E vengono subito confermati dal nuovo Bar (Abendlich glühend in himmlischer Pracht) che Walther sciorina senza esitazioni e... tutto d’un fiato, in perfetta identità musicale (salvo minori differenze di orchestrazione) con il precedente!

Acquisita dimestichezza con il Bar, Walther la sfoggia (dopo che abbiamo assistito al siparietto con Beckmesser) all’innamorata, venuta da Sachs per problemi di... calzature. Questa nuova componente (Weilten die Sterne im lieblichen Tanz?) che completa la terna ispirata al sogno mattutino, ha la stessa identica struttura delle precedenti, anche qui con varianti solo di orchestrazione.

Arriviamo quindi alla quarta esibizione del nostro cavaliere, quella più importante e decisiva, alla tenzone canora e in presenza della moltitudine del popolo di Norimberga. Sappiamo come il povero Beckmesser abbia appena miseramente fallito la sua, bistrattando oltre ogni limite soprattutto il testo, trascritto da Sachs, del Lied di Walther. E poi lo stesso Sachs ha adeguatamente preparato il popolo ad accogliere come un eroe il cavaliere venuto dalla campagna. E poco prima – nel grande quintetto - lo aveva addirittura informalmente nominato Maestro in una cerimonia privata in casa sua (il battesimo del Lied del suo sogno!) testimoni Eva, Magdalene e David. Insomma, la gara è pure... truccata e il nostro ormai sa di avere campo libero. E allora che ti fa? Fa il gradasso! E si prende – rispetto alla pulizia formale del canto mattutino - un sacco di libertà, come del resto è nella sua natura di giovane ribelle e presuntuoso, natura che qui riemerge proprio come il giorno precedente, in occasione della prova in chiesa.

Cominciamo con il testo: Walther qui canterà un solo Bar, ma vi mescola versi dei tre Bar inventati al mattino a casa di Sachs: il primo Stollen è una variante ampliata di quello del primo Bar; il secondo Stollen attacca come il primo del secondo Bar, ma poi ne modifica profondamente e ne amplia il testo; lo stesso dicasi per l’Abgesang, che si basa sull’incipit di quello del terzo Bar, per poi modificarlo ed ampliarlo considerevolmente. Dal punto di vista letterario è interessante notare come le variazioni e soprattutto le tre nuove conclusioni (dei due Stollen e dell’Abgesang) introducano i concetti di Religione ed Arte che giocano un ruolo di primo piano nell’opera (e, non dimentichiamolo, nella prospettiva esistenziale-estetica di Wagner, che sembra far proprio il sogno di Walther!): il primo Stollen chiude con l’immagine di Eva in Paradiso; il secondo con quella della Musa del Parnaso; e l’Abgesang presenta la mirabile sintesi delle due figure: Parnaso e Paradiso!

Ma le conseguenze più importanti e macroscopiche di queste deviazioni nel testo sono ovviamente quelle che ricadono sulla musica, che acquista nuove (e magari... eterodosse) caratteristiche, legate all’allungamento del testo, che scombina le mirabili proporzioni originarie; e a sia pur momentanee modulazioni, che fanno deragliare la melodia dai sicuri binari della tonalità d’impianto (sempre DO) e dalla sua dominante SOL.

Il primo Stollen (Morgenlich leuchtend in rosigem Schein) ripercorre quasi pedestremente (testo e musica) i primi 6 versi dell’originale (fino a ein Garten lud mich ein); ma poi, invece di chiudere sul settimo e sulla tonica, e approfittando del fatto che i Maestri non seguono più il testo consegnato da Sachs a Kothner, aggiunge altri 7 versi e ciò comporta anche una forzata e quasi innaturale ripresa del discorso melodico (qui tutto e sempre in DO) che è certo di gran spessore, ma che appare anche piuttosto sovrabbondante, ripetitivo e molto... teatrale. E i Maestri infatti reagiscono in modo perplesso: riconoscendo la dignità e il valore del canto, ma rilevando anche il mancato rispetto delle famigerate regole. Quanto al pubblico, ad esso basta il confronto impietoso con i disastri di Beckmesser per garantire il suo apprezzamento.

Ancora più pesanti gli interventi di Walther sul secondo Stollen (Abendlich dämmernd umschloss mich die Nacht). Qui lui non solo modifica assai l’intero testo (sempre portandolo da 7 a 13 versi) ma introduce ardite modulazioni nella musica: invece di chiudere sulla dominante SOL, ecco che si imbarca (dort unter einem Lorbeerbaum) in una frase che vira bruscamente a SI maggiore! E subito dopo (ich schaut’ im wachen Dichtertraum) da SI maggiore modula ancora inopinatamente (su Dichtertraum) a RE maggiore! Da qui torna al DO di partenza (mich netzend mit dem edlen Nass) e sembrerebbe poi chiudere (Weib) sulla dominante, ma senza modularvi: quindi non è la chiusura prevista, cui si deve arrivare appunto sulla scala di SOL, passando dal FA#: ed ecco che allora il SOL di Weib viene sporcato da un DO#, creando un’atmosfera sospesa, dalla quale ripartono testo e canto (die Muse der Parnass!) per raggiungere il SOL, modulandovi come da copione. Insomma: un percorso tortuoso ed accidentato, che i Maestri battezzano come ardito e singolare, pur riconoscendone la cantabilità. Per il pubblico, piacevolmente sorpreso: di bene in meglio... e già canticchia la melodia!

L’Abgesang viene pure ristrutturato (da 11 a 15 versi) e la parte musicale viene semplicemente ampliata, con qualche ridondanza e ripetizione, ma restando sempre entro la tonalità di DO. La frase musicale che ne caratterizza la parte finale viene poi ripresa dal coro con un gran crescendo, a decretare il trionfo di Walther(=Wagner!)

Che dire? Il ragazzo è evidentemente esuberante e, quando non è indirizzato e monitorato da vicino da un maestro (come Sachs...) tende facilmente a partire per la tangente, perdendo il senso delle proporzioni e delle simmetrie, anche se la sua inventiva crea sempre motivi accattivanti e di facile presa sui... non esperti.   

Ma ora, dopo che abbiamo osservato e giudicato le diverse prestazioni del Walther cantore (ormai promosso a Maestro) torniamo proprio all’inizio, o quasi, della storia, cioè a quando lo Junker ancora non aveva cominciato ad esibirsi come Singer. È il momento in cui, di fronte ai Maestri riuniti in SantaCaterina, deve assolvere alcune burocratiche formalità, prima di sottoporsi alla prova: gli vengono chieste le generalità, la provenienza famigliare e geografica e attestazioni di onorabilità. A queste risponde, tagliando corto, il Maestro Pogner, che garantisce per Walther. Dopodichè al giovane aspirante è richiesto di esporre il suo curriculum: gli studi che ha fatto, gli insegnanti che lo hanno introdotto all’arte poetico-musicale e i relativi insegnamenti ricevuti. (Sappiamo che il curriculum di Walther è desolatamente vuoto...)

Walther risponde raccontando di letture di antichi poeti, morti e sepolti (il suo omonimo von der Vogelweide) e di maestri di canto... pennuti, abitanti di boschi e foreste! Beh, lui non ha altri meriti da vantare, ma a noi ciò che preme osservare è come lui li presenta. E qui ecco una clamorosa sorpresa: senza nemmeno rendersene conto, lui risponde cantando su una perfetta Barform!

Nel primo Stollen (tutto il Bar è in RE maggiore, 9/8) viene ricordato il libro di poesie di Vogelweide, letto e riletto nelle lunghe notti invernali:

Am stillen Herd in Winterszeit,
wann Burg und Hof mir eingeschneit,

wie einst der Lenz so lieblich lacht',
und wie er bald wohl neu erwacht,

ein altes Buch, vom Ahn' vermacht,
gab das mir oft zu lesen:

Herr Walther von der Vogelweid',
der ist mein Meister gewesen.
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D'inverno, al tranquillo focolare,
quando la neve copriva castello e cortile,

come soave un giorno abbia riso primavera,
e come presto ella nuovamente si ridesti,

un vecchio libro, eredità degli avi,
spesso m'offerse a leggere:

Sire Walther von der Vogelweide
è stato il mio Maestro.

Come si vede, si tratta di una strofa ben proporzionata, come versi e battute musicali.

Nel secondo Stollen – Wan dann die Flur, di struttura perfettamente identica, con due piccolissime varianti virtuosistiche, e che pure chiude sulla tonica RE - Walther spiega come d’estate il canto degli uccelli del bosco abbia materializzato la poesia contenuta in quel libro, e qui Kunz Vogelgesang fa rilevare ai colleghi come Walther abbia già messo insieme due graziose strofe.

Nell’Abgesang, assai articolato e con divagazioni tonali e ritmiche, Walther si impegna ad applicare queste sue esperienze alla creazione di un Canto di Maestro:

Was Winternacht,
was Waldespracht,
was Buch und Hain mich wiesen,

was Dichtersanges Wundermacht
mir heimlich wollt' erschliessen;

was Rosses Schritt
beim Waffenritt,
was Reihentanz
bei heitrem Schanz
mir sinnend gab zu lauschen:

gilt es des Lebens höchsten Preis
um Sang mir einzutauschen,
zu eig'nem Wort und eigner Weis'
will einig mir es fliessen,

als Meistersang, ob den ich weiss,
euch Meistern sich ergiessen.
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Quel che la notte d'inverno,
quel che la magnificenza della foresta,
quel che libro e selva mi insegnarono,

quel che la miracolosa potenza del canto poetico
a me segretamente dischiuse;

quel che il passo del destriero
nella cavalcata d'armi,
quel che la danza in cerchio
nel gioco sereno,
a me meditabondo dette ad ascoltare:

poi che si tratta il più alto premio della mia vita
di conquistarmi col canto,
con propria parola e propria melodia,
voglio che armonicamente mi fluisca,

e come Canto di Maestro, così com'io sappia,
si espanda innanzi a voi Maestri.

L’epòdo parte modulando alla sottodominante SOL maggiore, poi (su erschliessen) vira a SI minore (relativa del RE di impianto del Bar) e contemporaneamente (sull’accenno alla cavalcata) troviamo una battuta in ritmo appropriato – croma puntata, semicroma, croma – prima del ritorno (mit sinnend) al RE maggiore. Ecco poi una pausa (lauschen) ancora sulla sottodominante SOL praticamente a metà del brano (13 battute) quindi una ripresa del RE maggiore, dove troviamo una frase musicale che compare anche nelle strofe (il che è vietato, come pontificherà Kothner, dalle regole della Tabulatura).
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C’è una morale in tutto ciò? Wagner ci vuol convincere che l’Arte è presente in Walther come risorsa naturale (quella stessa che obbliga l’uccellino a cantare a primavera, come Sachs ci ha poeticamente ricordato nel suo monologo del second’atto...): dopodichè le regole dovranno semplicemente favorire la libera espressione dell’Artista, mai conculcarla o soffocarla.

In realtà qui Wagner ci sta narcisisticamente parlando di sè: non si autodefiniva forse come l’Artista ispirato che compone la sua musica quasi sotto dettatura di una forza superiore? Interpretando a suo modo le regole codificate e non esitando a violarle in nome della sua missione di redentore dell’Arte? Missione che si manifesterà ancora con il Ring (“Ora, se lo vorrete, avremo un’Arte”, dirà quel giovedi 17 agosto 1876 al termine del primo ciclo a Bayreuth) ed avrà la sua apoteosi con Parsifal e la redenzione al redentore... 
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Bene, da domani si parte, e che... Gatti ce la mandi buona!

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