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Maurizio & Claudio

27 ottobre, 2015

Wozzeck torna alla Scala: 3. Metodi di analisi tematica


Poche opere come Wozzeck hanno suscitato l’interesse di musicologi ed analisti. A cominciare da Willi Reich, intimo di Berg, che già nel 1927 pubblicò una Guida all’opera. Per finire con i più (relativamente) recenti lavori di Perle, Schmalfeldt, Hall, Morell, Nagel, Jarman e Forte… tanto per citarne alcuni.

Che fra musica e matematica esistano intime connessioni lo aveva già scoperto tale Pitagora e le relazioni fra i suoni sono ormai da secoli rappresentate da numeri, rapporti, frazioni, radici dodicesime di 2 e così via. L’impiego sempre crescente, nella musica occidentale, della scala cromatica (cioè di tutte le 12 note della tastiera) ha portato ad un indebolimento della tonalità, fino al totale rifiuto di essa da parte dalla Seconda Scuola di Vienna (Schönberg, Berg, Webern): si è arrivati quindi alla atonalità e poi alla serialità. La mancanza di centri di gravitazione tonale ha reso assai complicata, oltre che la comprensione da parte del nostro orecchio (abituato da secoli alla tonalità) anche l’analisi musicale delle composizioni. Mentre con la musica tonale i contenuti di temi, motivi, incisi sono in gran parte afferrabili ad orecchio (caso mai si ricorrerà a strumenti e metodi tipo Schenker per sviscerare l’intima struttura del discorso musicale) con l’atonalità l’impresa diventa assai ardua anche per orecchi ad essa allenati.

A proposito di allenamento, la teoria darwiniana di Schönberg secondo cui i pronipotini della gente del suo tempo (cioè noi e i nostri figli) avrebbero tranquillamente canticchiato e fischiettato motivi atonali mi pare proprio – ad un secolo ormai di distanza – aver fatto ampiamente cilecca: insomma, la tonalità sembra proprio dura da estirpare dal nostro DNA.

Lo prova il fatto che per costruire strumenti e metodi di analisi musicale di composizioni atonali si è dovuti ricorrere alla matematica. Uno dei campioni di questa disciplina è stato l’americano Allen Forte (recentemente scomparso) inventore di un metodo di analisi musicale mutuato dalle teorie matematiche sugli insiemi, metodo che consiste nel catalogare successioni elementari di suoni e poi censire quelle presenti in un brano musicale al fine di individuarne eventuali ricorrenze (e quindi relazioni) all’interno del brano medesimo. Insomma, uno strumento para-scientifico che aiuta l’analista nel procurarsi informazioni sulla struttura tematica di un brano o di un’intera opera.  

È chiaro che se si parla di strumenti matematici con i quali effettuare elaborazioni sulle note, allora queste non potranno più essere chiamate DO-RE-MI-FA… né A-B-C-D… ma invece: 0-1-2-3-4-5-6-7-8-9-10-11, dove 0 è la nota base, 1 la nota un semitono sopra… fino a 11, la nota 11 semitoni sopra quella base (esempio: se DO è la nota base, valore 0, allora MI diventa 4, SOL diventa 7 e SI diventa 11).  

Però per semplificarsi la vita ecco che il metodo prevede alcune convenzioni che già fanno arricciare il naso. Ad esempio, la nota che sta un’ottava sopra quella base, che dovrebbe rappresentarsi con 12, invece assume il valore 0 e così via per i successivi valori 13, 14, etc.: insomma tutti gli insiemi di note comprendono solo valori fra 0 e 11, non di più (cioè si opera sempre all’interno di una sola ottava). Quindi il metodo considera equivalenti, ad esempio, l’intervallo di seconda (0-2) e quello di nona (0-14). Ma noi sappiamo – dalla vecchia e cara musica tonale – che un intervallo di nona ha sull’orecchio un effetto straordinariamente diverso da uno di seconda!

Forte ha poi elencato una lista (successivamente ampliata) di 220 insiemi elementari di note a cui ricondurre, attraverso operazioni di riduzione (trasposizione ed inversione) qualunque successione (o accordo) di note: a ciascuno di essi ha associato un attributo di 6 cifre, ciascuna rappresentante il numero di ricorrenze di ciascun intervallo contenuto nell’insieme (intervalli compresi fra 1 e 6 semitoni, dal DO al FA#, che rappresentano anche – per complemento a 12, inversione - i restanti 6 tipi di intervalli presenti nella scala cromatica). Questo attributo viene impiegato per stabilire la somiglianza o la parentela fra insiemi di note, e quindi scoprire relazioni tematiche nel brano analizzato. Bene, osserviamo nella tabella citata le entrate 24 e 25 (denominate 3-11 e 3-11B, dove 3 è il numero di note nell’insieme, seguito dalla sequenza di posizione in tabella): rappresentano rispettivamente la triade minore (DO-MIb-SOL, in numeri: 0-3-7) e quella maggiore (DO-MI-SOL, ossia 0-4-7): ebbene, il vettore degli intervalli (001110) è lo stesso, dato che in entrambe le triadi sono presenti, una sola volta, gli intervalli di 3, di 4 e 5 semitoni (quest’ultimo rappresenta, come si è visto, anche quello di 7 semitoni DO-SOL). Quindi l’analisi musicale che impiega questo metodo porterebbe ad apparentare l’accordo maggiore e il minore (addirittura nella tabella originale di Forte – dove sono inclusi soltanto insiemi che hanno vettori di intervalli diversi - l’entrata 3-11B non è presente) cosa che nella musica tonale sarebbe una bestemmia! Domanda: e perché mai nella musica atonale diventa invece un fatto accettabile? Risposta maliziosa: perché l’anarchia tende ad eliminare le differenze…

A mo’ di esempio ecco come si presenta il famoso tema di Wozzeck Wir arme Leut sul pentagramma e come si arriva alla sua classificazione secondo la teoria degli insiemi di Forte, al fine di individuarne la posizione nella relativa tabella:


Il processo indicato in figura presenta tutti i passi logici elementari descritti da Forte per ricavare l’ordine normale dell’insieme di note. Nella realtà c’è un sistema assai più sintetico ed immediato per arrivare al risultato.

Ecco quindi che d’ora in poi potremmo far riferimento a quel tema con la sigla 4-19 (che è un po’ come raccontare una barzelletta pronunciandone solo il numero di catalogo!)

Va comunque riconosciuta al metodo di Forte la facilitazione indotta dall’impiego di strumenti matematici (quindi anche… computerizzabili) all’individuazione di caratteristiche tematiche principali o derivate (come i sotto-temi, o sotto-insiemi) con maggior velocità ed accuratezza rispetto ai metodi più empirici. Ad esempio Forte ha potuto mettere in luce una certa (labile?) relazione fra il tema succitato di Wozzeck e gli accordi che chiudono i tre atti: i quali (elemento 8-24 della tabella) hanno un vettore di intervalli dove è massima la presenza dell’intervallo di 4 semitoni, proprietà che presenta anche l’elemento 4-19 del tema di Wozzeck.
  
Mentre George Perle, nella sua citata analisi (condotta con metodi tradizionali) ha individuato 20 Leitmotive (le colonne accanto al nome riportano rispettivamente atto-scena – o interludio – dove il tema appare inizialmente e dove viene ripreso)…

N°1: Hauptmann
N°2: “Wir arme Leut!”
N°3: Canzone popolare (Andreas)
N°4: Allucinazioni di Wozzeck
N°5: Fanfara
N°6: Marcia militare
N°7: Marie madre
N°8: Ninnananna
N°9: Vana attesa di Marie
N°10: Entrata e uscita di Wozzeck
N°11: Timori di Marie
N°12: Doktor
N°13: Tambourmajor e Marie
N°14: Seduzione
N°15: Orecchini
N°16: Marie rimprovera il bimbo
N°17: Rimorso
N°18: Il coltello
N°19: Ländler
N°20: Ubriachezza
I-1
I-1
I-2
I-2
I-3
I-3
I-3
I-3
I-3
I-3
I-3
I-4
I-5
I-5
II-1
II-1
II-1
II-3
II-4
II-4
II-2 / III-4-5  
I-1-2 / II-1 / II-5 / III-4-5
III-5
I-3 / II-4
I-3-4 / I-4 / II-3
I-5 / III-2
I-3-4 / I-4 / II-1 / III-2 / III-5
II-1 / II-1-2 / III-2 / III-3 / III-5
I-4 / II-3 / III-2 / III-5
I-4 / II-3 / II-4 / III-1 / III-4-5
I-3-4 / III-2
II-2 / III-4-5
II-3 / II-4 / II-4-5 / II-5 / III-2 / III-3 / III-4 / III-4-5
II-4 / II-4-5 / III-2
II-1-2 / III-2
III-1 / III-5
III-3 / III-4
II-4 / II-5 / III-2 / III-4
II-5 / III-3
II-5

…Janet Schmalfeldt, impiegando la classificazione di Forte per la sua analisi del Wozzeck ha censito decine di insiemi di note (ne compaiono 31 nella sola 5a variazione nella prima scena del terz’atto!) per mostrare poi attraverso le loro relazioni la complessità del rapporto fra Wozzeck e Marie.

A proposito della prima scena del terz’atto lo stesso Forte, in un articolo in cui ne analizza il tema, scova nelle sole battute 7-9 addirittura 12 diversi motivi dal suo catalogo!



Un altro esempio della capacità del metodo di Forte di far emergere relazioni tematiche apparentemente occulte riguarda due motivi di Marie: quello che nella terza scena del primo atto, al passare dei militari guidati dal Tambourmajor, sostiene il canto della donna (Soldaten sind schöne Burschen! con tanto di citazione del mahleriano Revelge) e lo Sprechgesang con cui Marie accoglie Wozzeck all’inizio della scena III dell’atto II (Guten Tag, Franz). A prima vista sembrerebbero non aver nulla in comune, ma l’analisi con il metodo degli insiemi (qui è rappresentato il processo sintetico) rivela invece che hanno la stessa identica origine, l’insieme 4-18.



Acquisito questo dato puramente tecnico, è possibile derivarne delle considerazioni di merito? Per esempio, che inconsciamente Marie continui a pensare al militare che l’ha sedotta, proprio mentre si prepara ad accogliere Wozzeck sapendo di andare incontro ad una scenata di gelosia?

Ma la domanda fondamentale che sorge qui è: Berg era cosciente di tutte queste intricate parentele fra motivi ed ha voluto positivamente sfruttarle, o è il metodo matematico, inventato decenni dopo, che le ha scovate a sua insaputa? (Questa è la principale accusa che i detrattori di Forte, Taruskin in testa, muovono all’impiego del metodo, che potrebbe caso mai servire ad esplorare il comportamento del subconscio del compositore durante l’atto creativo!)   

Resta quindi pacifico che soltanto un adeguato esame del contesto nel quale un tema/motivo è inserito può garantire la plausibilità di relazioni messe in luce da un asettico strumento para-scientifico, onde evitare di trarre conclusioni incoerenti con la (presunta) volontà dell’Autore. Per questo analisi tradizionali (come quella già ricordata di George Perle o quella più recente di Christian Goubault) per me risultano – almeno in prima battuta – più affidabili.

(3. continua)

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