ricongiungimenti

Maurizio & Claudio

29 maggio, 2010

Dalla radio torna un po’ di Oro nel Reno alla Scala

Come poteva prevedersi, l'ascolto elettronico ha restituito ciò che il live aveva tenuto nascosto. Microfoni vicini all'orchestra e – soprattutto – infilati sotto i costumi dei cantanti restituiscono un suono (artefatto, si sa) simile a quello dei dischi, o CD o DVD. E soprattutto non trasmettono le immagini (smile!)

Certo, il timbro sgradevole della voce del Fasolt di Martirossian non può essere rimosso (forse nemmeno in studio) ma almeno le voci arrivano chiare all'orecchio. Cosa che in teatro, e in un teatro enorme come la Scala, accade solo se la materia prima è solida, cosa che poco si applica alle voci di questo Rheingold.

Visto che siamo in tempi di decreti e proteste anti-decreto, bisogna segnalare la differenza di trattamento riservata alla protesta – assai radicale, proprio da Cobas e piuttosto pesante nelle forme e nelle parole – dello scorso mercoledì 26, che fu oscurata dalla trasmissione cinematografica, e quella – più urbana nelle forme e dal freddo e burocratico linguaggio sindacalese – di questa sera, regolarmente andata in onda su Radio3. Lissner non ha perso l'occasione, alla fine, per ripetere che la Scala è diversa da ogni altra Fondazione: il decreto Bondi, par di capire, andrebbe anche benissimo se applicato a tutti tranne che al teatro milanese. Peccato che i fragorosi buh indirizzati anche stasera alla regìa siano lì a dimostrare come certe presunte superiorità di allestimento siano pura millanteria.

2 commenti:

Moreno ha detto...

Ieri sera ero presente alla Scala ed ho potuto assistere dal vivo all’ultima rappresentazione dell’Oro del Reno.
In effetti, ci sono state manifestazioni di dissenso molto forti nei confronti del gruppo dei ballerini, colpevole più della propria presenza in scena che della prestazione artistica.
L’idea di ricorrere ai ballerini per esprimere i sentimenti dei protagonisti durante la seconda scena è ridondante, essendo questa funzione - come già scritto sul blog –svolta in Wagner dai motivi conduttori.
Riconoscerei invece qualche merito alla partecipazione del gruppo di ballo nella terza scena – quella del Nibelheim – in cui i danzatori rappresentano al tempo stesso gli schiavi di Alberich ed un oggetto, il Tarnhelm. C’è quindi un’eco del concetto marxiano del lavoro merce, non nuovo nell'interpretazione del Ring ma originale nella forma scelta per la messa in scena.
Nel complesso mi sono in ogni caso divertito. Il genio di Wagner ha le spalle larghe e regge bene anche qualche scelta interpretativa discutibile nella lettura del capolavoro.

Con riguardo a Lissner, non credo che le sue rivendicazioni d’autonomia si riferiscano alla superiore qualità artistica della stagione scaligera ma al diverso modello di business. Nel caso della Scala – che presenta un bilancio in pareggio – l’autofinanziamento (biglietti più sponsor) arriva a superare il 60% contro il 20% di altri teatri d’opera italiani.
Saluti

daland ha detto...

@Moreno
Giusta l'osservazione sui danzatori: nella terza scena qualcuno che sostiene la parte dei Nibelunghi ci deve pur essere; sul Tarnhelm sarei più scettico, anche a voler seguire interpretazioni politiche (potrebbero essere mille le cose che impiega il capitalista per mascherarsi, non necessariamente delle persone, i suoi uomini di marketing?)
Invece avrebbero, i Nibelunghi, potuto farsi vedere nella scena IV, in luogo delle sole loro braccia che ammucchiano il tesoro per Wotan.

Su Lissner: è vero che la Scala è in una situazione migliore, rispetto alle altre Fondazioni (vorrei vedere!) Ma proprio per questo già, in base ai criteri del FUS, riceve una montagna di quattrini pubblici (non ho tempo di ritrovare i dati, ma credo proprio che "consumi" da sola quasi la metà dell'intera dotazione FUS). Le lamentele di Lissner, espresse anche ieri sera al microfono di Gaia Varon, riguardano invece tutte le restrizioni che Bondi pone sul fronte contrattuale (contrattazione nazionale prima di quella integrativa, blocco di quest'ultima, limitazioni di nuove assunzioni, etc.) Tutte norme che Lissner discute, ma solo perchè applicate anche alla Scala, che lui vorrebbe invece esentata e regolamentata "a parte". Questo a me pare il punto debole della sua posizione, proprio in rapporto ai risultati artistici, che sono discreti, magari a volte buoni, ma non certo eccezionali e tali da giustificare i privilegi richiesti.
In ogni caso tutta la questione è complicata e speriamo che questo amba-aradam provocato da Bondi serva almeno a far emergere qualche nuova (e buona) idea su come metter mano ad un settore oggettivamente in crisi. Ma non sarà certo inneggiando al solo "mercato" che si troveranno soluzioni adeguate.
Ciao!